Quella contro i vitalizi ai parlamentari è la battaglia più facile che ci sia: consenso sicuro al 99,99%. Dopo anni e anni di martellante campagna “contro la casta” (ma in realtà contro la politica) fatta dal pornogiornalismo, il popolo televisivo si è convinto che sono dei “privilegi rubati”. Che poi sia una materia complessa, che lo stato di diritto non preveda leggi e provvedimenti punitivi retroattivi, che le “indennità differite” (questo il vero nome) non siano assimilabili alle pensioni, e che l’istituto avesse delle ragioni e fosse legittimo, poco importa; l’importante è assicurarsi lo scalpo degli ex parlamentari come “simbolo”, per “dare un segnale” (ma è accettabile che le istituzioni siano ridotte a strumenti di propaganda?).
Comunque sia, se i vitalizi sono da abolire oppure no, lo deciderà la Corte Costituzionale che verrà investita del problema, e dirà finalmente una parola definitiva (piaccia o no, le regole sono queste).
Ciò che voglio far notare è che mentre tutti, spesso con la bava alla bocca, se la prendono con i vitalizi politici (cifra da risparmiare, meno di 40 milioni di euro), a nessuno dei “giustizialisti” è mai venuto in mente di contestare, o almeno chiedere chiarezza, su un altro tipo di vitalizi, quelli dei militari (forse perché la casta degli ex parlamentari è un facilissimo bersaglio, mentre per colpire i militari ci vuole coraggio?).
Ecco qui qualche cifra, se al Ministero del Lavoro e degli Interni avessero voglia di alzare veramente la testa e farsi dei nemici importanti:
1- Nel mondo militare italiano abbiamo più comandanti che comandati (87mila tra ufficiali e sottufficiali, 83mila tra graduati e truppa): circa 6,5 miliardi di soli stipendi. Agli alti ufficiali, per ridurne il numero esorbitante, viene garantito uno scivolo d’uscita grazie al quale essi vengono esonerati dal lavoro continuando però a percepire lo stipendio per i successivi 7 anni, anticipandone l’accesso a 53 anni e abolendo l’obbligo di aver maturato i requisiti per la pensione anticipata.
2- Il recente riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle forze armate prevede aumenti retributivi generalizzati per 400 milioni di euro ogni anno, di cui beneficeranno in particolare i circa diecimila ufficiali superiori promossi per decreto da “direttivi” sottoposti a contratto pubblico a “dirigenti” con tutti gli aumenti automatici previsti per le carriere dirigenziali.
3- Gli ufficiali con 13 anni di servizio percepiscono lo stipendio del colonnello, pur non essendolo, e con 23 anni quello di generale di brigata, pur non essendolo. Con 15 anni di servizio percepiscono l’intero trattamento economico di colonnello, e con 25 anni quello di generale di brigata.
4- Tutti gli ufficiali superiori (anche maggiori e tenenti colonnello) sono promossi dirigenti (come colonnelli e generali) con aumenti automatici propri delle carriere dirigenziali.
5- Ma è il capitolo “pensioni”, cioè i vitalizi militari, quello più scandaloso:
– maturazione anticipata della pensione di anzianità: a 57 anni e 7 mesi con 35 anni di contributi invece che a 61 e 7 mesi come gli altri dipendenti pubblici;
– maturazione anticipata della pensione di vecchiaia: a 60 anni e 7 mesi invece che a 66 anni e 7 mesi come gli altri dipendenti pubblici;
– indennità di ausiliaria per i primi 5 anni di pensione (50% della differenza tra ultimo stipendio e pensione stessa) e maggiorazione della pensione ordinaria in quanto calcolata considerando come retribuzioni anche quanto percepito in ausiliaria;
– per percettori di indennità di volo e/o di aeronavigazione: maggiorazione calcolata sulla base del numero di anni in cui è stata percepita tale indennità;
– per gli ufficiali laureati: riconoscimento d’ufficio di 6 anni di laurea (dati tratti da Mil€x, Osservatorio sulle spese militari italiane).
Ce ne sarebbe da divertirsi. Ma la battaglia contro i privilegi militari è rischiosa e richiede impegno. Meglio continuare a vincere facile con immigrati, rom ed ex parlamentari.
(Mao Valpina, Huffingtonpost, 28.06.2018)