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Come nasce il consenso alla guerra. La filiera produttiva di Leonardo (S.Cararo)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il consenso alla guerra nasce da interessi materiali e da uomini e donne in carne ed ossa.

Nel 2018 la filiera di produzione della Leonardo era di 21,4 miliardi di euro. Di questi solo 8,7 erano ascrivibili alla Leonardo vera e propria, il resto cioè 12,7 miliardi provenivano dal suo indotto e dalla sua filiera.

Tre anni dopo, il valore della filiera di Leonardo era salito a 14,6 miliardi e quello della Leonardo a 9,8, per un totale di 24,4 miliardi, tre in più del 2018 ma per due terzi dovuto alla filiera.

Anche sul piano dei lavoratori occupati dal maggiore gruppo del complesso militare-industriale italiano si è passati dai 110mila (di cui 29mila della Leonardo e 81mila della filiera) ai 128mila del 2021 (anche qui 31mila nell’azienda madre e 97mila nella filiera).

In pratica Leonardo è solo la capofila di un sistema di oltre 4.000 imprese con quasi centomila persone che ci lavorano. Di queste ce ne sono 67 in funzione di aziende fornitrici principali con 7.500 dipendenti e una fatturato di 1,3 miliardi.

Questo sistema di filiera intorno al colosso Leonardo è stato inaugurato nel 2018 con il progetto Leap (Leonardo empowering advanced partnership) che vede coinvolte anche banche come Unicredit, Banca Intesa, Bnl-Paribas e la stessa Cassa Depositi e Prestiti.

Inutile dire che con le guerre in corso (di cui l’Ucraina è solo quella principale) e il boom delle spese militari a livello globale, le performance di una industria di armamenti come Leonardo vanno a gonfie vele.

Ma sulla base dei dati, se guardiamo alla sola Leonardo – come spesso ed erroneamente viene fatto – vediamo solo la punta dell’iceberg del complesso militare-industriale italiano.

Si tratta infatti di una rete di imprese che fatturano miliardi e occupano migliaia di persone. Non solo.

Spesso sono queste aziende della filiera Leonardo a commissionare ricerche e contratti con le università, vincolando alle loro inquietanti “aspettative di mercato” (armamenti e guerre) settori rilevanti della ricerca pubblica, alimentando ed estendendo così una catena di interessi materiali e consenso politico alle scelte belliciste e di collocazione internazionale dei governi italiani.

Ne sono un esempio i rapporti strettissimi di Leonardo con gli Usa e Israele, aggiornati in un recente articolo da Antonio Mazzeo su Pagine Esteri sul caso dei nuovi piccoli droni teleguidati.

Migliaia di imprese – spesso di piccole dimensioni – con decine di migliaia di persone che vi lavorano, sono una massa d’urto a sostegno della guerra, del riarmo e del militarismo che pesano nelle decisioni politiche.

In fondo l’attuale ministro della Difesa Crosetto è l’espressione di questo mondo, così come lo è Minniti presidente della Fondazione Med-Or, sezione della Fondazione Leonardo. “Nata nella primavera del 2021 su iniziativa di Leonardo, la Fondazione Med-Or si posiziona come crocevia tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) fino al Medio ed Estremo Oriente (“Or”)”, è la presentazione sul sito ufficiale.

I governi si fanno “consigliare” da fondazioni come queste nelle scelte strategiche e i risultati sono quelli che abbiamo davanti agli occhi.

Si capisce allora il perché in Parlamento sull’aumento delle spese militari, le missioni militari all’estero e la partecipazione alla guerra in Ucraina ci sia perfetta convergenza tra la destra e il Pd.

Una consistente rete di interessi materiali e relativo consenso politico è il mostro che dobbiamo combattere, non solo per fermare la guerra adesso ma per modificare radicalmente la collocazione e la visione internazionale del nostro paese oggi solidamente ingabbiata nel blocco euroatlantico.

Sergio Cararo, contropiano.org, 9 dicembre 2022

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