mercoledì, Dicembre 18, 2024

“Le tre ghinee”: l’attualità del saggio “femminista” di Virginia Woolf

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Cosa ci si può aspettare di trovare in un saggio sui diritti delle donne scritto nel 1938 alla vigilia della seconda guerra mondiale? Informazioni ormai superate, leggi cassate, mentalità e pregiudizi obsoleti, penserete. Al massimo se ne potrebbe ricavare una lettura utile per inquadrare il contesto storico, per ripercorrere le tappe del movimento femminista e averne quindi una visione diacronica.

Eppure, se la scrittrice è Virginia Woolf e se il saggio in questione si rivela essere Le tre ghinee le cose cambiano. Pur nascendo come pamphlet contro la guerra, inevitabilmente figlio delle condizioni materiali dello sconquassato inizio di quel “secolo breve” che è stato il Novecento, l’attualità e l’originalità del pensiero della Woolf, scrittrice dal pensiero fulminante, è giunta intatta fino a noi. Nel 2018 gli spunti che si possono trarre dalla lettura de Le tre ghinee sono ancora moltissimi. Dovremmo aggiungere purtroppo?

Il saggio, com’è noto, nasce dalla lettera di un avvocato che interroga la scrittrice su “cosa si deve fare per prevenire la guerra”, sottintendendo cosa possono fare le donne per contribuire a tale progetto. La risposta, molto arzigogolata, è questa: che si mettano a disposizione tre simboliche ghinee e si diano una al fondo per l’istruzione femminile, l’altra al fondo per garantire l’accesso delle donne alle libere professioni e l’ultima a un’associazione femminile pacifista chiamata “la società delle estranee”.

In questa lunga dissertazione – un saggio epistolare e quindi anomalo, dove le opinioni espresse non sono mai categoriche e anzi si piegano a varie digressioni, si flettono al pensiero magmatico della scrittrice – emergono non solo l’oppressione e l’emarginazione di cui le donne sono vittime (oggi ovviamente in misura minore) ma soprattutto un senso di diversità e alterità del genere femminile che può essere utilizzato a vantaggio della comunità tutta. La separazione secolare delle donne dalla cultura androcentrica infatti ha sì prodotto una discriminazione, ma ha anche permesso che le donne creassero un loro sistema valoriale e che, a partire da questo, si possa fondare un nuovo modello di azione politica. Ma in cosa consiste questa differenza?

La Woolf mette in rapporto sistema patriarcale e militarismo (la guerra sembra “un piacere” e “un abominio” tutto maschile). E già qui vediamo un primo tentativo di differenziazione di genere. Infatti la guerra nasce, o comunque è supportata, da motivi patriottici. Le donne, a causa della loro marginalizzazione politica, ne sono quindi escluse, da qui la celebra frase: “come donna non ho patria, la mia patria è il mondo intero”. Poi, ed è qui il vero fulcro del saggio, la scrittrice spiega come il sistema militare, basato sulla violenza e il potere, non è altro che uno specchio della società patriarcale (o viceversa) che quindi lo supporta e lo alimenta. Tutte le istituzioni della società ricreano rituali simili a quelli militari, escluso lo scontro armato. Esiste quindi un legame forte tra il sistema d’istruzione superiore (il mondo chiuso e baronesco dei college maschili), l’accesso alle cariche pubbliche e alle professioni (“un’altra porta sprangata” per le donne) e la guerra. Tutti questi ambiti si basano infatti sul senso di possesso e sulla gerarchia. Basti pensare alla reazione brutale che si è scatenata all’interno di queste enclave quando si è ipotizzato l’ingresso delle donne. La cessione di un privilegio suscita “la sterile emozione” dell’odio e altra violenza.

La Woolf, quindi, non solo descrive l’interdipendenza esistente tra sistemi di potere da cui le donne sono escluse ma, appunto, usa questa esclusione come una virtù. Se le università di Oxford e Cambridge non riescono a impedire la guerra, se gli uomini d’affari e i politici sono stati addestrati allo scontro, se insomma tutto il sistema è viziato, allora, la soluzione sarà introdurre un elemento estraneo. A queste “estranee”, però, vanno garantite delle condizioni, prima tra tutte la libertà ovvero l’indipendenza economica e sociale. Da qui le ghinee destinate all’istruzione e al lavoro. Solo così le donne riusciranno ad acquisire la forza necessaria non solo per combattere la società fascista (uno stato che non riconosce i diritti a tutti i cittadini infatti è una dittatura) ma anche a costruire una società “nuova” in cui vengano davvero rispettati i grandi ideali della Giustizia, della Libertà e dell’Uguaglianza.

In un mondo ancora dominato dall’odio – sostanza di ogni discriminazione, non solo quella sessuale – il brillante saggio di Virginia Woolf richiede ancora qualche minuto della nostra attenzione.

Alla pagina dell’autrice tutti gli articoli di Ilenia Zodiaco per ilLibraio.it

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