Come volevasi dimostrare…
La situazione dell’Ilva di Taranto (Ilva: Una vita sospesa tra cancro e disoccupazione) sta, a poco a poco, diventando immagine e paradigma di una nazione allo sbando, incapace di trovare risposte concrete e soluzioni giuste per tutti.
Viviamo in un paese dove si fomenta l’odio contro migranti e stranieri (verso tutti coloro che sono ritenuti “diversi”) e, contemporaneamente, si lucra sulla pelle degli italiani; in cui l’impunità non è più un problema ma un dato di fatto, dove si preferisce gettare fango su chi cerca di restare umano e aiutare chi non ha voce; un paese dove organizzazioni criminali agiscono incontrastate, entrando e uscendo a loro piacere dai palazzi del potere.
Tutto è ridotto a polemica e scoop: e poi si passa dalla prima, alla seconda, alla terza pagina e si dimentica tutto: ponti, corruzioni, violazioni di diritti, violenze, conflitti di interesse, crack finanziari, banche fallite, operai morti, disastri ambientali…
don Paolo Zambaldi
Il cambio di linea del M5s sull’Ilva è impressionante. Dopo aver sfiorato il 50% a Taranto incassando i voti di coloro che ne volevano la chiusura, adesso è il momento del cambiamento. Governo del cambiamento appunto. Il Movimento 5 stelle parlava il 5 maggio 2018 di “un percorso criminale durato 12 decreti legge che prevede l’immunità penale per i Commissari e i futuri affittuari/acquirenti, anche in caso di accertamento di danno”. Il M5s era riuscito a canalizzare l’insofferenza della popolazione nei confronti del Pd, il partito che aveva sospeso a Taranto lo stato di diritto sulle questioni dell’inquinamento Ilva. E adesso che i pentastellati sono al governo che cosa fanno? Non tolgono nessun decreto salva-Ilva e nemmeno l’immunità penale.
Eppure le pressioni delle associazioni e dei cittadini di Taranto sul governo sono state continue, corali e ripetute. A Roma hanno portato il cuore e la ragione. Hanno consegnato documentazione molto precisa su come si potevano fermare gli impianti fuori norma dell’Ilva utilizzando la legge.
Un breve riepilogo degli incontri. I cittadini di Taranto nelle scorse settimane hanno incontrato il ministro Luigi Di Maio, poi il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, poi sono andati dal Prefetto di Taranto consegnando altra documentazione per il governo relativa alla contaminazione delle campagne di Statte attorno all’Ilva, poi hanno di nuovo incontrato Di Maio in conferenza con ArcelorMittal, poi sono nuovamente andati a portare tutte le carte al Ministero dell’Ambiente, accolti dai tecnici, e infine sono stati ascoltati dal ministro della Sanità Giulia Grillo. Quest’ultima è stata molto gentile ed estremamente garbata. Ma nel comunicato finale che ha scritto? Ha scritto testualmente: “Assicuriamo il nostro impegno a vigilare, con particolare attenzione, sui danni che le emissioni e le polveri prodotte dall’Ilva sono in grado di provocare”.
Alla lettura del comunicato vi è stata una “rivolta social” perché rassegnarsi a vigilare sui danni (anziché evitarli) era l’ultima delle cose che il ministro della Sanità doveva scrivere. Commenti arrabbiatissimi. Un commento per tutti: “Vi abbiamo creduto, avevate acceso una speranza, ne avete raccolto il consenso e poi quella speranza l’avete scippata. Per favore basta con le prese in giro, non su drammi di tali proporzioni”. Vigilare sui danni non era infatti quello che i cittadini di Taranto chiedevano: i cittadini di Taranto volevano un impegno per prevenire i danni, applicando il principio di prevenzione e di precauzione. Nel caso in cui il piano ambientale dell’Ilva provocasse malattie e morti in eccesso occorre saperlo prima e fare le dovute quantificazioni. Esistono modelli previsionali scientificamente testati.
Sono stato testimone di queste iniziative a Roma per fare pressione sul “governo amico”. Tutti o quasi si aspettavano fiduciosi che Di Maio, Costa e Grillo volessero utilizzare i nostri preziosi consigli per fermare l’Ilva. Ci sbagliavamo di grosso.
Da testimone di queste trattative posso dire che sull’Ilva l’atteggiamento del M5s è cambiato nel giro di pochissimo tempo. E’ passato da un atteggiamento intransigente (“no all’ambientalizzazione dell’Ilva”), a un atteggiamento “migliorista” (“suggeriteci come migliorare il piano ambientale”) fino ad un atteggiamento “immobilista” sul piano delle norme (“non possiamo togliere l’immunità penale”). Il M5s sull’Ilva è divenuto di fatto l’esecutore della volontà dei governi precedenti, pur polemizzando in maniera inconcludente sulla gara vinta da ArcelorMittal. Non ha cambiato neppure una virgola dei decreti salva-Ilva. E’ stata una piroetta talmente veloce che gli attivisti pentastellati rifiutavano di leggere le dichiarazioni del ministro Di Maio, tutte orientate a vendere l’Ilva a “condizioni migliori”, in nessun caso ha mai parlato di fermo degli impianti pericolosi sotto sequestro penale.
Pochissimi volevano prendere atto del rovesciamento di linea. Poi hanno chiesto lumi ai parlamentari. I parlamentari pentastellati locali si sono ammutoliti. Ed è allora nata un’inquietudine crescente che adesso è sfociata sui social in commenti con invettive piene di disillusione, disincanto e rabbia. I più maligni hanno pensato che i voti che perdono a Taranto li riacchiappano a Genova, con gli interessi.
(Alessandro Marescotti, Il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2018)