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Il ponte balcanico. L’accoglienza dei migranti è un lontano ricordo (Nena News)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

I paesi della rotta balcanica in fondo alla classifica dell’Indice di accettazione delle migrazioni, mentre l’Europa presenta un nuovo piano fondato sui rimpatri

Roma, 28 settembre 2020, Nena News – Il “Nuovo Patto sulle Migrazioni e l’Asilo”, proposto il 23 settembre dalla Commissione Europea, ha già ottenuto il rifiuto di tre dei quattro paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria). Intanto i Balcani si trovano agli ultimi posti del Migrant Acceptance Index stilato da Gallup.

Nel suo primo discorso all’Unione dello scorso 16 settembre, la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, aveva anticipato l’intenzione di superare definitivamente il regolamento di Dublino con la presentazione di un “Nuovo Patto sulle Migrazioni e l’Asilo”. Il piano è stato reso pubblico il 23 settembre dal vice-presidente e commissario per la Promozione dello stile di vita europeo Margaritis Schinas e dalla commissaria per gli Affari interni Ylva Johansson. Poco prima della presentazione ufficiale, Von der Leyen aveva affermato che “il vecchio sistema non funziona più” e che il pacchetto della Commissione “offre un nuovo inizio”.

Il piano si basa su tre pilastri fondamentali: riammissioni nei paesi di origine, pre-selezione all’ingresso e “solidarietà flessibile”. Per quanto riguarda le riammissioni, sulla scia di quanto già fatto con i paesi balcanici, il patto prevede il rafforzamento dei partenariati volti a facilitare le procedure di rimpatrio. A essere rafforzato non sarà quindi il sistema di accoglienza ma la capacità di rimandare indietro i migranti irregolari provenienti da paesi considerati sicuri.

Il secondo pilastro, quello della “pre-selezione all’ingresso”, fa riferimento a una sorta di differenziazione delle procedure per la presentazione delle domande di asilo in base ai paesi di provenienza. Questo comporterebbe non solo iter giudiziari diversi ma anche una separazione fisica tra i migranti. In sostanza la soluzione ipotizzata è quella di creare tanti piccoli hotspot alle frontiere esterne d’Europa. “Mai più una Moria”, come dichiarato da tutti gli esponenti europei, ma tante piccole Moria divise per provenienza.

Il terzo pilastro, infine, trasforma la mai realmente adottata “solidarietà per quote” in una “solidarietà flessibile”. I paesi membri potranno infatti decidere o di accogliere una parte dei migranti arrivati in Europa o contribuire ai rimpatri alleggerendo la pressione migratoria negli Stati di arrivo, Italia e Grecia soprattutto.

Nonostante l’enfasi con cui è stato presentato, dopo appena 24 ore il piano è stato già rifiutato da tre paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria). Secondo il premier ungherese Viktor Orban l’Unione dovrebbe preoccuparsi di risolvere il problema delle migrazioni invece di provare a gestirlo. Una linea che preannuncia una dura battaglia in seno al Consiglio dell’Unione Europea e al Parlamento, che dovranno decidere sulla proposta della Commissione e che hanno già fatto intendere di non essere in linea con il nuovo piano.

Mentre le istituzioni europee cercano di trovare una quadra per rilanciare la propria azione su un tema delicato come quello migratorio, la situazione sul campo continua a non essere delle migliori. Non solo per la difficile gestione del post-incendio che ha colpito il campo di Moria nell’Isola di Lesbo due settimane fa ma anche per una sempre più diffusa ostilità verso i migranti.

Ostilità che è stata fotografata dall’ultimo Migrant Acceptance Index (Indice di accettazione dei migranti) pubblicato dall’agenzia Gallup. Secondo il report, dal 2016 al 2019 il paese ad aver fatto registrare il calo più significativo nell’accettazione dei migranti è stata la Bosnia-Erzegovina con un decremento di 0.86 punti. Un dato confermato anche dai sempre più numerosi casi di aggressione e intolleranza verso i migranti che, a migliaia, sono ancora bloccati nel paese.

Di segno completamente opposto il risultato del Kosovo che ha fatto registrare uno degli incrementi più alti in assoluto (+1.09). Nonostante questo dato, la classifica generale resta impietosa per i Balcani. Degli ultimi sei paesi al mondo, ben cinque sono della regione. Il paese con l’indice più basso è la Macedonia del Nord (1.49) seguita dall’Ungheria (1.64), dalla Serbia (1.79), dalla Croazia (1.81), dalla Bosnia (1.85) e dal Montenegro (1.87).

È possibile comprendere questi dati alla luce di due fattori complementari tra loro. Il primo è l’enorme peso che gli stati della regione hanno dovuto sopportare in questi anni in termini di accoglienza. Negli ultimi quattro anni sono stati oltre un milione i transiti stimati lungo la rotta balcanica. Diverse decine di migliaia, circa 8mila nella sola Bosnia, si trovano ancora bloccati in questa sorta di terra di mezzo.

Una presenza che è stata inizialmente accolta con uno spirito positivo dalla maggioranza dei cittadini ma che, via via che la situazione si faceva più complicata, si è trasformata presto in intolleranza e ostilità. Questo è stato senza dubbio favorito dal secondo elemento: l’utilizzo e la diffusione di una retorica nazionalista da parte delle classi dirigenti dei singoli paesi. Un fenomeno a cui l’Ue non è stata in grado di contrapporre una retorica alternativa né, tantomeno, una soluzione concreta capace di eliminare qualsiasi appiglio per i cosiddetti sovranisti.

Riuscirà il piano europeo a creare davvero un “nuovo inizio”? Le soluzioni proposte sembrano più un aggiornamento di quanto fatto fino ad adesso che un concreto cambio di direzione. La palla passa ora al Consiglio dell’Ue e ai singoli Stati membri.

Marco Siragusa, Nena News, 28 set 2020

FOTO: Migranti nel campo bosniaco di Bihac (Fonte: Voice of Europe)

http://nena-news.it/il-ponte-balcanico-laccoglienza-dei-migranti-e-un-lontano-ricordo/

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