mercoledì, Settembre 3, 2025

Paolo Zambaldi lascia il sacerdozio: “Scelgo la libertà” (Alan Conti)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

1.Don Paolo, a 40 anni lei ha deciso di lasciare il sacerdozio: qual è stata la scintilla che l’ha portata a maturare questa scelta?

Parlare di scintilla non sarebbe corretto. Sono sempre stato critico nei confronti di un certo tipo di “Chiesa”, ma mi ero illuso che, vista la crisi profonda e irreversibile, essa si sarebbe aperta a un cambiamento reale e necessario, superando i suoi errori ed evidenti ritardi. Non è successo e ho capito che non succederà mai per la sua intrinseca costruzione dogmatico-gerarchica.

2.Ha parlato spesso di un desiderio di spiritualità più ampia: cosa intende esattamente con questo concetto e in che cosa si differenzia rispetto alla visione della Chiesa cattolica?

Se diciamo “spiritualità” pensiamo immediatamente a fede, riti, Chiesa/e. Ma la spiritualità va “oltre” le religioni. Essa, per me, si configura come “apertura al Mistero”, come “ricerca di senso” e come “ricomposizione dell’Uno”, così da superare il dualismo delle religioni storiche (tutte!) che, da sempre, contrappongono “spirito e carne”, “creato e Creatore/i”, “mondo e Dio/dei”e lo fanno con una tale insistenza da generare un costante sentimento di colpa (sul quale, non possiamo negarlo, hanno costruito il loro potere!). Il senso della nostra vita, io credo,  lo cogliamo invece “dentro di noi “e non “sopra” o “fuori”: spiritualità è in definitiva riflettere sul nostro esserci qui ed ora.

3.In quali aspetti delle regole o della struttura ecclesiastica sente di non essere più in linea?

I temi sono tanti e a vari livelli (e sono anche i problemi più urgenti!):

-A livello teologico (ma anche di crescita umana e spirituale) non voglio, e non posso, più fare parte di una Chiesa che continua a proclamare dogmi .Essa, come ho già detto non solo non vuole, ma non può rinnovarsi, perché proprio i suoi dogmi impediscono una ricerca onesta della verità. Quando si pone un “dogma”, infatti, si nasconde la fragilità/falsità dell’affermazione fatta. La verità non ha bisogno di “dogmi”, la verità è evidente, a meno che non si svaluti la ragione, la capacità di comprensione dell’uomo

-Non posso, e non voglio, continuare ad essere identificato come parte di un’istituzione che non condivido circa le sue posizioni in campo etico/morale: in particolare nelle sue posizioni discriminatorie nei confronti delle donne, delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, di chi non crede, di chi legittimamente opta per l’interruzione volontaria di gravidanza, di chi vuole porre fine alle sue sofferenze scegliendo l’eutanasia…

-Nel corso del mio percorso di vita sono giunto alla profonda convinzione che le religioni storiche (non solo il cristianesimo in una qualsiasi delle sue declinazioni) siano qualcosa di profondamente sbagliato e causa della violenza, del dolore e dei conflitti che hanno provocato nei secoli e anche oggi provocano. Ormai da anni non riesco più a identificarmi, non solo come “cattolico”, ma neanche come “cristiano”: resto convinto della bontà e validità dell’insegnamento dell’uomo Gesù come maestro di vita e di pace, ma rifiuto di accettarne la divinizzazione con tutte le sue conseguenze.

-In tutta onestà non posso più accettare di far parte, a qualsiasi livello, di un’istituzione che si trova costantemente dalla parte sbagliata della storia: un’istituzione che non rifiuta logiche di potere e di sopraffazione, che compie gesti ipocriti di “elemosina” continuando a legittimare i sistemi di oppressione politico-economici vigenti e che, costantemente, si impegna nell’ostacolare il progresso dell’umanità e la diffusione dei diritti individuali e collettivi.

-Non desidero in alcun modo fare parte di un sistema che continua a coprire e favorire pedofili e molestatori di vario tipo.

4.Ha cercato un dialogo con la diocesi altoatesina o con figure ecclesiastiche di riferimento? Che tipo di risposte ha trovato?

La parola “dialogo” nella Chiesa è del tutto abusata ed assume all’interno connotazioni che non seguono la logica comune. “Dialogo” nella Chiesa vuole dire semplicemente avvallare qualsiasi posizione dell’istituzione. Infatti ho un blog, ho scritto libri ed articoli piuttosto “provocatori”, ma anziché instaurare un confronto l’istituzione locale ha scelto le uniche due vie che conosce: ignorarti o punirti.

5.Lei era considerato un “prete giovane”, un simbolo di rinnovamento: che cosa significa, secondo lei, che la Chiesa non riesce a trattenere figure come la sua?

Da quello che abbiamo detto emerge che, indipendentemente dall’età, chi pensa con la sua testa, ha una cultura (anche laica oltre che teologica!) e pone delle domande, non è gradito!

6.Quali sono i temi o i nodi più urgenti su cui, a suo avviso, la Chiesa dovrebbe aprirsi a uno sguardo più moderno e contemporaneo?

Le riforme auspicate da molti (aperture su celibato, donne, laici, ecumenismo ecc…), e comunque mai realizzate, non sono più sufficienti. Il problema è teologico. L’errore di fondo è il “teismo”, cioè considerare “Dio” come una persona, come esterno al mondo, come un essere su cui si fondano valori anche essi eterni ed indiscutibili. Che l’uomo moderno, secolarizzato, non lo accetti più (oppure ne discuta) non viene nemmeno percepito nei “sacri palazzi”. Le chiese diventeranno sempre più piccole e saranno “il covo” di pochi fondamentalisti che dicono di credere ai miracoli, al dio provvidente, alle varie assurdità mariane.

7.Che ruolo avrà la fede nella sua vita, ora che non sarà più sacerdote?

Come ho già detto la mia è una spiritualità oltre le religioni. Non ho più bisogno di una fede che sia una stampella per vivere.

8.Ha già un’idea di come proseguirà il suo cammino? Ci racconta il progetto di lavoro nel sociale che intende intraprendere?

Non ho progetti! La vita prosegue! Sono aperto e libero, ma basta religioni e chiese.

9.Come hanno reagito le persone a lei più vicine, i fedeli, i colleghi sacerdoti e la sua comunità a questa decisione?

Per quanto riguarda i miei ex colleghi preti diocesani (non dico “confratelli” perché la metafora familiare è pericolosa per le logiche che mette in campo: sensi di colpa, ricatti, auto-censure…) c’è stata per lo più indifferenza o comunque superficiale interessamento: uniche eccezioni don Paul Renner e il missionario don Gigi Sartorel. Invece dall’Italia, ma anche dall’Austria e dalla Germania, ho ricevuto la solidarietà di tanti preti, religiosi e laici impegnati nel mondo dell’insegnamento universitario. Ma la cosa non mi stupisce perché i preti non sono mai stati una comunità, hanno raramente rapporti di amicizia, vivono per lo più isolati. I fedeli, i pochissimi rimasti, ci vedono in media come “dispenser” intercambiabili di sacramenti… Alcuni più vicini e “pensanti” hanno condiviso con me questa scelta, nella maggior parte dei casi approvandola!

10.Guardando al futuro, immagina un ritorno a una forma di ministero religioso diverso o sente che la sua strada è ormai definitivamente altrove?

La religione è uscita dalla mia vita. Rimane quello che ogni persona “saggia” spero si chieda: Come vivere assieme nel modo migliore? Come essere veramente liberi? Come cercare la verità/senso della propria vita? C’entra anche il Vangelo? Sì, letto non in chiave letterale/mitologica, è una delle vie possibili accanto a molte altre.

Intervista a cura del giornalista bolzanino Alan Conti (01/09/2025)

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