Testo del mio intervento a Vienna (July 8-12, 2025) – EUARE2025 (In fondo all’articolo sono disponibili le versioni in tedesco ed in inglese)
1. La fine del teismo in Occidente: una storia che parte da lontano
Nel suo celebre testo Dall’esperienza del pensiero, il filosofo germanico Martin Heidegger annotava: «In ogni caso v’è qui però una domanda. Dio quindi non è morto? Sì e no. Sì – è morto. Ma quale dio? Il dio “morale”, il Dio cristiano è morto; il padre dal quale ci si rifugia, la “persona” con la quale si tratta e ci si confida, il “giudice” con cui si ha una questione, il “ricompensatore” dal quale ci si fa pagare per le proprie virtù, quel Dio con il quale i fanno i propri “afları” ma quando mai una madre si fa ripagare per l’amore per il proprio figlio? Quando Nietzsche dice: “Dio è morto”, intende il Dio considerato “dal punto di vista morale” (…).»[1].
In questo breve frammento Heidegger riassume un pensiero/prospettiva filosofica, teologica e culturale che ha una storia, un suo sviluppo e i suoi “padri”: dai testi di Baruch Spinoza[2] a quelli del vescovo anglicano John A.T. Robinson[3], dalle teorie di F.W. Nietzsche[4] alle tesi sostenute dall’episcopaliano J.S. Spong[5], dalla demitizzazione di Rudolf Bultmann[6] alla «filosofia/teologia debole» di Gianni Vattimo[7] e J.D. Caputo[8], passando per il pensiero e gli scritti di molti altri ancora. Capiamo dunque da subito come il declino del teismo in Occidente sia un fenomeno complesso, che parte da lontano e che si è mosso sotto l’influenza di più fattori: culturali e scientifici; filosofici e teologici; sociali ed economici. Tutti questi elementi di cambiamento hanno operato come potenti ed invisibili forze geologiche ed hanno cambiato in modo radicale ed irreversibile noi, la nostra realtà e il nostro modo di dire “Dio”. In questo mondo, e in noi che ne facciamo parte, non vi è più spazio per una metafisica come tradizionalmente conosciuta, per rappresentazioni della realtà e del cosmo pre-scientifiche ed un’immagine di Dio nata nel tardo neolitico. La grande differenza tra l’oggi, la post-modernità, e i secoli passati sta proprio in una questione di “proporzioni”. Infatti mentre in passato, a fronte di una strettissima minoranza di pensatori innovativi e dei loro accoliti, la maggior parte della popolazione in Occidente accettava tranquillamente una prospettiva teista, in una delle sue varie declinazioni[9], oggi la situazione si è radicalmente capovolta: il teismo come orizzonte di senso e spiegazione dei fatti del mondo resta in vita in un esiguo gruppo di iniziati o “addetti ai lavori”, mentre la maggioranza della popolazione rigetta istintivamente questa opzione bollandola come un insieme di miti/favole, tipiche di un passato primitivo dell’umanità, come segni di ignoranza e di superstizione, come qualcosa di non reale e dunque di sostanzialmente inutile.
Infatti è innegabile che, la scienza moderna e la diffusione del sapere, abbiano trasformato profondamente tanto noi, quanto la nostra comprensione dell’universo/realtà che ci circonda. Questo innegabile ed irreversibile processo di evoluzione ha portato a cambiamenti significativi, a una vera e propria «mutazione antropologica»[10], influenzando ogni aspetto della vita umana: dal mondo dell’informazione a quello dei trasporti, dalla medicina alle nuove tecnologie; dalle nuove frontiere della fisica alle scoperte astronomiche. Negli ultimi 500 anni l’uomo ha visto il suo sapere crescere profondamente e le nuove scoperte scientifiche[11] continuano a spingere più lontano i limiti della conoscenza umana. Ne consegue che questa umanità così cambiata non può che rifiutare l’idea di un Dio definito secondo le categorie classiche del teismo: un Dio/Theos compreso come un Essere totalmente trascendente, antropomorfizzato, onnipotente, dotato di “volontà”, onnipresente, provvidente, attivo nella storia degli esseri umani, delle creature, nel dominio del mondo e del cosmo. Una sorta di “grande burattinaio”, separato, lontano ma anche reso costantemente presente grazie alla sua pretesa capacità di modificare la realtà e al suo rapporto personale con le creature a lui subordinate. Il padre della psicoanalisi Sigmund Freud ipotizzava che tutti i sistemi religiosi, al di là delle loro apparenti differenze esteriori, siano stati creati con uno scopo ben preciso: dare all’uomo solo e impaurito una risposta, un appoggio, un “padre” a cui rivolgersi. «Si deve cogliere una precisa continuità fra la condizione esistenziale di impotenza con la pressante domanda di aiuto, e la figura paterna (…) che da un lato risolve gli enigmi di questo mondo e dall’altro gli garantisce una sollecita provvidenza che veglierà sulla sua vita e porrà rimedio, in una vita ultraterrena, alle eventuali manchevolezze di questa»[12].
Questi cambiamenti così profondi, e così rapidi se confrontati alla storia dell’umanità, hanno messo inevitabilmente in crisi profonda il “sistema teismo” e, di conseguenza, le religioni storiche che ad esso si ispirano. Il processo noto come «secolarizzazione» ha ormai relegato ai margini della società, e del pensiero umano, il Dio del teismo valutato ora alla luce della ragione e del progresso. Questi segni della fine del teismo in relazione al cristianesimo sono stati sinteticamente esposti dal vescovo episcopaliano J.S. Spong nel suo scritto intitolato «Le 12 tesi. Appello per una nuova riforma»[13] ed approfonditi in numerose sue opere e conferenze nel corso degli anni. In estrema sintesi il vescovo statunitense evidenzia come il teismo, in quanto tentativo di definire Dio, sia ormai morto per l’uomo occidentale di oggi : egli infatti non può più credere in un Dio in-credibile, in un essere soprannaturale/magico che interviene, o meno, nella storia umana. Da questo rifiuto nasce anche l’esigenza di riformulare, demitizzandola, la cristologia. Infatti, in una prospettiva post-teista, non ha più senso comprendere Gesù di Nazareth come l’incarnazione di una divinità teistica. Capiamo facilmente come la nostra lettura e comprensione dei Vangeli cambi significativamente: dalle narrazioni di miracoli non più valutati come eventi reali nello spazio e nel tempo, fino ad una nuova comprensione della croce, non più compresa in senso primitivo come sacrificio di espiazione, e delle narrazioni circa la risurrezione, non più leggibili in senso letterale[14]. Anche quella ricerca che abbiamo sempre chiamato “preghiera/supplica/lode” cambia con il cambiare dell’ethos del tempo: passando da una petizione ad una divinità teistica, ad un’esperienza di connessione interiore, di comunione, di “immersione”.[15]
2. Le conseguenze della fine del teismo: il declino dei sistemi religiosi
Le conseguenze pratiche/pastorali di questa morte del Dio/Theos sono ormai sotto gli occhi di tutti e sono (nonostante i goffi tentativi di tutte le istituzioni religiose di minimizzare e di “addolcire” il tutto) di portata “biblica”. Chiunque sia in contatto con le Chiese in occidente ha assistito nell’ultimo secolo ad un “esodo” colossale di persone di ogni età, etnia, genere e strato sociale, un’ “emorragia” che non accenna ad arrestarsi. Due dati recenti colpiscono particolarmente a riguardo. Il primo indica che, in Italia, le persone che dichiarano di essere “praticanti regolari”[16] si sono praticamente dimezzate in appena 11 anni, passando dal 36% al 19%; a fronte di questo dato i “mai praticanti” sono raddoppiati: passando dal 16% al 31%.[17] Il secondo ci ricorda che appena pochi anni fa la Gallup[18], società statunitense di analisi e specializzata in sondaggi d’opinione, ha registrato per la prima volta dal 1937 che negli USA meno del 50% degli americani frequentano un luogo di culto e ben il 21% non si riconosce in alcuna religione; mentre questi ultimi nel 2000 erano solo l’8%.[19] Ma pensiamo poi a quanti hanno scelto di uscire dalla Chiesa cattolica in Germania: 402.694 persone per l’anno 2023, l’anno precedente (2022) erano state ben 522.821.[20] Soprattutto vanno via i migliori, le persone più intelligenti e quelle con un livello culturale più alto.[21] In Italia questo fenomeno, se si guardano anche velocemente i dati relativi al 2022-2023, è molto evidente e traccia un identikit significativo del fedele medio: donna, casalinga o in pensione, priva di titolo di studio o con appena quello elementare. Di contro chi è giovane, ha una professione soddisfacente e una buona cultura, si guarda bene dal frequentare ambienti religiosi “tradizionali”.[22] Se ne vanno anche i volontari parrocchiali e coloro che, nonostante tutto, sono ancora in ricerca di una prospettiva di senso, i più aperti, i più dialogici. “E chi rimarrà?” viene spontaneo chiedersi. Rimarranno piccoli gruppi sempre più chiusi, nostalgici di un passato che non può tornare, fortemente autoreferenziali: il fondamentalismo infatti è, e io credo sarà sempre di più, la risposta del teismo e delle religioni storiche alla loro stessa crisi. Un’illusione che avrà vita breve, un ultimo disperato sussulto prima dell’estinzione.
Se siamo donne e uomini onesti con noi stessi dobbiamo ammettere che, anche se questa prospettiva spesso ci spaventa e ci mette in ansia, essa è reale: presenta le sue sfide ma anche tutta una serie di nuove opportunità. Liberarci dal teismo significherà anche liberarci da tutta una serie di immagini, parole, concetti che, invece di rendere più facile il nostro cammino di crescita spirituale lo appesantiscono. Infatti chiunque sia nato negli ultimi 100 anni in Occidente ha assorbito, quasi per una sorta di osmosi, tutto un patrimonio di sapere e di conoscenze che è cresciuto a dismisura e che è divenuto via via più accessibile ma molte domande di fondo dell’uomo d’oggi, rimangono ancora aperte, mentre ad altre si sono date risposte molto precise, che però non coinvolgono nè divinità ultraterrene, nè miracoli, nè al dilà portatori di ricompense o castighi. Quindi oggi per descrivere chiunque non si senta a disagio entrando in un luogo di culto, o a parlare di Dio nei termini del teismo, o accetti di leggere le pagine di un testo sacro come fossero una cronaca storica, ci sono solo tre possibilità : o quest’uomo/donna non è in grado di comprendere in assoluto; o è in malafede perché trae qualche beneficio personale dal mantenimento dello status quo; o, più semplicemente e facilmente, vuole solo disperatamente “credere di credere” mutuando l’espressione dal titolo di un celebre saggio[23] di Gianni Vattimo.
In realtà, quello che fa paura ammettere, è che non siamo più l’umanità del tardo neolitico, ma nemmeno siamo più le donne e gli uomini del Concilio di Nicea o del Vaticano II. In questo senso l’analisi che il gesuita Roger Lenaers[24] ha fatto del testo del Credo/Symbolum centra molti aspetti problematici di cui abbiamo già parlato. Infatti sia che si parli di Simbolo apostolico, che niceno-costantinopolitano in termini teologici, con tutti i loro aspetti problematici, sia che si consideri la genesi storico-politica dei testi, questa preghiera rimane un ottimo sunto dei problemi teologici, linguistici e pastorali del cristianesimo in relazione alla post-modernità.[25]
3. Nuove prospettive per dire “dio” oltre “Dio”
Il filosofo e teologo statunitense J.D. Caputo afferma in un suo scritto che: «La follia di Dio è che Dio non esiste. Dio insiste, ma non esiste. Quindi state alla larga dalle guerre interminabili e magniloquenti tra teisti e atei e date ascolto al fenomeno, all’evento, all’incondizionale, per quanto possa essere elusivo in modo esasperante»[26]. Infatti continua l’autore nel medesimo testo: «L’evento contenuto nel nome (di) “Dio” eccede ogni calcolo, esula da ogni regola, elude ogni programma. Il nome di Dio è il nome della possibilità di un evento. Quello di Dio è il nome del regno in cui l’evento ci visita come una chiamata inattesa, svegliandoci nel cuore della notte con un bussare vigoroso alla nostra porta.»[27].
Infatti la nuova sfida teologico-pastorale del post teismo è riuscire a dire “dio” oltre “Dio”[28], riuscire ad entrare in connessione con il Mistero senza nome[29], quell’incontro che mi permette di fare esperienza di ciò che dà senso alla nostra avventura umana.[30] In questo senso ci rendiamo conto facilmente che linguaggi, pratiche e contenuti teologici devono cambiare per adattarsi alla ricerca dell’uomo di oggi, se vogliamo una nuova forma di inculturazione, forse ancora più ardita e decisiva, di quella avvenuta tra la fine del I e il IV sec. d.C. e nata dall’incontro tra un mondo ancora giudaico-cristiano e la cultura greco-latina.[31] Ma come quell’inculturazione generò il cristianesimo come via particolare alla figura e al messaggio di Gesù Cristo, così noi siamo spinti ad abbandonare il paradigma “cristianesimo” per entrare in un altra ottica, quella del mite uomo di Nazareth, profeta disarmato e veramente «bocca di Dio»[32]. Lo stesso Gioacchino da Fiore[33] nel aveva già intuito il bisogno e l’evidenza di questo percorso. Infatti, il monaco e abate calabrese dell’XII sec., aveva già a suo tempo diviso la storia dell’umanità in tre età o cieli[34]. Una prima epoca, l’Età del Padre, che comprende la soria e le narrazioni veterotestamentarie: questo tempo è un’epoca primitiva che necessita di essere controllata attraverso norme e codici morali, è il tempo in cui l’uomo ha bisogno di “Dio Padre”. Vi è poi una seconda epoca, quella del Figlio, che Gioacchino identifica con la storia cristiana dalle narrazioni dei Vangeli fino all’inizio del XIII sec., segnata ancora dal dominio delle religioni e da pesanti ingiustizie, in cui la fede è viva ma ancora limitata. Esiste poi un’ultima epoca, quella dello Spirito, che inizia proprio dal 1260. Questo tempo sarà caratterizzato da una vera rivoluzione spirituale in cui l’umanità, libera ed “adulta”, avrà un contatto diretto/non-mediato con Dio: questo le permetterà di liberarsi dalle logiche religiose, dall’egoismo e dai fenomeni di ingiustizia sociale.[35]
Occorre un nuovo modo di dire “Dio”/Mistero/esperienza di un incontro che possa essere compatibile con le nuove chiavi di lettura o paradigmi con cui noi leggiamo la nostra realtà.[36] Infatti, come giustamente evidenzia il teologo basco esiste «(…) un paradigma ermeneutico (i nostri saperi non descrivono la realtà così com’è oggettivamente, ma, al contrario, sono interpretazioni sempre parziali e provvisorie); un paradigma non dualista (materia e spirito, per esempio, non sono due principi o elementi distinti della realtà, bensì due modi o stati della realtà), olistico (tutta la realtà è inter-relazionatlià), post-metafisico (non esistono enti reali – dio, spirito, cielo, inferno… – indipendenti dall’universo o multiverso che chiamiamo “fisico”), dinamico ed evolutivo (tutto si muove e si trasforma incessantemente, Homo sapiens incluso, in un mondo autocreatore e radicalmente aperto a un futuro imprevedibile), cosmocentrico (e, pertanto, trans-antropico), ecologico, femminista ed egualitario, e radicalmente pluralista. Cerco di dire Dio in questo crocevia culturale, religioso, etico-politico, cosmo-bio-ecologico. E credo che possa avere senso dirlo.»[37].
Questa svolta decisiva non è qualcosa che si realizzerà immediatamente, né sarà un percorso facile e privo di tentativi, cadute e necessarie ripartenze. Nondimeno è questo passaggio che ci chiede l’umanità del XXI sec. e che non possiamo evitare. Alcuni mesi fa ho avuto la fortuna di essere invitato ad una serata di dibattito con una classe di un liceo religioso della mia città natale (Bolzano/Bozen in Alto Adige/Südtirol). La serata era stata fortemente voluta dai maturandi stessi per potersi confrontare su alcuni temi riguardanti la fede e il suo rapporto con l’oggi. Durante questo incontro una ragazza, dopo aver aspramente criticato l’immagine teista di Dio e averne rilevato limiti e contraddizioni, ha posto una domanda tutt’altro che banale: «Se io ho la mia spiritualità e vivo bene il mio rapporto con “Dio” in senso ampio/la natura/il cosmo… Che senso ha chiedere a me stessa di “spegnere il cervello” ogni volta che entro in un ambiente religioso? Che senso ha avere una Chiesa? Ha ancora senso cercare risposte in una qualsiasi religione strutturata?». Il quesito mi ha molto sorpreso per la maturità del ragionamento, ma anche perché è la stessa domanda che cova nel mio cuore e (consciamente o inconsciamente) in quello di ogni persona oggi in Occidente.
Capiamo dunque che se vogliamo andare “oltre” questo modello anche quella che noi ancora chiamiamo “pastorale”[38] cambia: abbiamo urgentemente bisogno di una, passatemi ancora il termine, “pastorale post-teista” ovvero un approccio diverso che parte da presupposti diversi, da una più sincera, ampia e accogliente idea di “Dio”, di rivelazione[39], di comunità, di spiritualità/interiorità[40]. Questo percorso, inevitabile se non vogliamo che tutto vada perduto (soprattutto la parte migliore del messaggio di Gesù di Nazareth e di tutta la valida ricerca umana che in ogni tempo ha spinto uomini e donne a porsi le nostre stesse domande!) ci costringerà a “lasciare andare” tanto, ma anche ad usare la nostra testa e capacità creativa. Infatti se lasceremo vecchie strutture e logiche, troveremo luoghi “altri dove” è possibile dire “Dio” con altre parole[41], con altre persone che provengono da percorsi lontani dal nostro, senza ansie da prestazione, risultati da ottenere o volontà di imporre ma con la coscienza di avere bisogno di una vita “altra”.
Per quanto riguarda le Chiese cristiane (cattolica, ortodossa e dei vari riti orientali, chiese e comunità nate dalla Riforma) urge una nuova prassi post-teista, un modo di vivere il messaggio gesuano prassi che, tra le altre cose,non può che vedere la fine della chiesa/parrocchia/unità territoriale dispensatrice di servizi religioso-assistenziali e la nascita di nuovi centri di spiritualità. Realtà meno identitarie e confessionali ma più aperte e libere, luoghi con ambienti e proposte adatte a uomini e donne che oggi hanno una spiritualità ormai “planetaria”. Questo cammino segnerà inesorabilmente anche la fine dei dogmi (espliciti o impliciti), delle regole religiose e della nostra comprensione cristiana tradizionale dei sacramenti. Con la prassi post-teista terminerà ovviamente anche il bisogno esasperato di uniformità[42] all’interno delle comunità e come Chiese e ci si orienterà di conseguenza verso un orizzonte teologicamente, umanamente e spiritualmente sempre più plurale. Scaturirà finalmente, e in parte è già successo, una spiritualità nuova di ricerca e di immersione, una spiritualità mistica ma anche plurale e “laica”[43]. In questo senso le pratiche della meditazione, del Tantra e dello Yoga, della contemplazione silenziosa, dell’orazione di quiete, divengono importanti e ci aiutano ad abbandonare per sempre la preghiera di tipo teista.
Quella che emergerà sarà una spiritualità, e di conseguenza, più “meticcia”, meno codificata, meno esclusiva ed escludente, ma anche più viva, possibile ed adatta a noi. Essa avrà alcuni cardini teologici, linguistici, e culturali molto importanti. Già alcuni anni or sono, il teologo Rev. Dr. Charles M. Bidwell[44] e il Canadian Centre for Progressive Christianity[45], radunando il pensiero di varie comunità che si riconoscono in questo movimento, elaborarono 8 punti fondamentali ed irrinunciabili per ri-orientare la nostra spiritualità in chiave post-teista:
«1. Centriamo la nostra fede su valori che affermano la sacralità e l’interconnessione di tutta la vita, il valore intrinseco e uguale di tutte le persone e la supremazia dell’amore che si esprime attivamente nelle nostre vite come compassione e giustizia sociale;
2. Impegnarsi in una ricerca che affonda le sue radici nel nostro patrimonio e nelle nostre tradizioni cristiane;
3. Abbracciare la libertà e la responsabilità di esaminare le pratiche e le credenze cristiane tradizionalmente sostenute, riconoscendo la costruzione umana della religione, e alla luce della coscienza e dell’apprendimento contemporaneo, adeguare di conseguenza le nostre opinioni e pratiche;
4. Attingere a diverse fonti di saggezza, considerando tutte come espressioni umane fallibili e aperte alla nostra valutazione del loro potenziale contributo alla nostra vita individuale e comunitaria;
5. Trovare più significato nella ricerca della comprensione che nell’arrivo alla certezza, nelle domande che nelle risposte;
6. Incoraggiare una comunità inclusiva, non discriminatoria e non gerarchica, in cui la nostra comune umanità sia onorata in un’atmosfera fiduciosa di rispetto e sostegno reciproco;
7. Promuovere forme di celebrazione, studio e preghiera individuali e comunitarie che utilizzino un linguaggio comprensibile, inclusivo, non dogmatico e basato sui valori. Un linguaggio con il quale persone di estrazione religiosa, scettica o secolare possano essere nutrite e stimolate;
8. Impegnarsi a percorrere insieme una crescita continua caratterizzata da onestà, integrità, apertura, rispetto, rigore intellettuale, coraggio, creatività ed equilibrio.»[46]
Testi in allegato
Credo (R. Lenaers SJ)
«Io credo in Dio, Mistero ultimo, Amore infinito,
che esprime progressivamente se stesso
nelle meraviglie del cosmo che si è evoluto
sino agli esseri autocoscienti, maschili e femminili.
E credo in Gesù, il nostro Messia,
autentica immagine umana di Dio,
nato da genitori umani,
eppure interamente frutto dell’iniziativa di salvezza di Dio.
Che ha accettato di soffrire e di morire,
è stato crocifisso per ordine di Ponzio Pilato,
è morto ed è stato sepolto,
ma è tuttavia pienamente vivo,
perché, fuso con Dio a motivo del suo amore,
è divenuto così una forza che condurrà
l’intera umanità al suo compimento.
Io credo nell’attività ispiratrice dello Spirito di vita
che è Dio,
nella comunità mondiale, chiamata chiesa,
in cui Gesù Cristo vive,
nell’offerta di Dio di guarirci e trasformarci in veri esseri umani
e nel futuro divino del genere umano,
un futuro di vita.
Amen.»[47]
Padre nostro (Rev. Dr. Charles M. Bidwell)
Fonte dell’anima, Destinazione dello spirito, Fondamento del nostro essere…
nel quale è/che è il paradiso, o all’interno del quale possiamo trovare il paradiso (come co-creatori), ti riveriamo/rispettiamo.
Lavoreremo affinché il tuo intento divino diventi una realtà da vivere.
Lavoreremo affinché tutti abbiano il cibo necessario per vivere e abbiano salute ed energia per contribuire al benessere della Terra, dei suoi abitanti e di tutta la biosfera.
Sentiamo che siamo perdonati per le nostre mancanze, nella misura in cui siamo in grado di perdonare agli altri i loro fallimenti.
Riconosciamo la presenza del male nel nostro mondo e ci sforziamo di evitare di farne parte, oltre a segnalarlo ogni volta che ne siamo consapevoli.
Lavoriamo per questi cambiamenti nella nostra vita e in quella degli altri nello spirito di Gesù, che si è preso cura di tutti coloro che erano trattati ingiustamente, emarginati o oppressi.
Che noi possiamo fare in modo che sia così![48]
[1] Heidegger M., Dall’esperienza del pensiero. 1910-1976, Genova, Il Melangolo, 2011, p. 128. Inoltre un’affermazione analoga si trova anche in Heidegger M., L’eterno ritorno dell uguale, xxx, p. 271.
[2] Per approfondire la figura del filosofo di Amsterdam, il suo pensiero ed il suo rapporto con le Sacre Scritture, con le religioni e con “Dio” stesso: Cfr. Zambaldi P., Conversando con Baruch. Spinoza un filosofo “oltre le religioni”, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2022.
[3] Per una biografia e per un sunto del suo pensiero: Cfr, Spong J.S., Letteralismo biblico: eresia dei Gentili. Viaggio in un cristianesimo nuovo per la porta del Vangelo di Matteo, a cura di don Ferdinando Sudati, Bolsena (VT), Massari editore, 2018, p. 16-20; Cfr. Robinson J.A.T., Dio non è così. Honest to God, Firenze, Vallecchi Editore, 1965.
[4] Cfr. Restaino F., Storia della filosofia. La filosofia contemporanea: Scientismi, Storicismi Irrazionalismi. 1815-1918, IV/1 , Torino, UTET Libreria, 1999, p. 206-223.
[5] Cfr. AA.VV., Oltre le religioni. Una nuova epoca per la spiritualità umana, a cura di Claudia Fanti e don Ferdinando Sudati, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2016, p. 237.
[6] Cfr. Ronchi S., Rudolph Bultmann. Il teologo del Dio non oggettivabile, Torino, Claudiana, 2005, p. 11-31.
[7] Cfr. Restaino F., Storia della filosofia. La filosofia contemporanea: Filosofie analitiche e continentali. Dal 1918 a oggi, IV/2 , Torino, UTET Libreria, 1999, p. 336-339.
[8] Caputo J.D., Filosofia e teologia, a cura di Andrea Aguti, Brescia, Queriniana, 2016, p. 5-16.
[9] Pensiamo alla distinzione tra teismo e deismo fatta da paolo gamberini o alle varie altre declinazioni o correnti del teismo. Cfr. Gamberini P., Deus due punto zero. Ripensare la fede nel post-teismo, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2022, p. 34-36; https://paologamberinisj.home.blog/2025/01/22/adhuc-aliquid-de-persona-dei-non-omittenda/.
[10] La “mutazione antropologica” è un concetto elaborato da Pier Paolo Pasolini negli anni ’70. Pasolini utilizzava questo termine per descrivere i profondi cambiamenti sociali e culturali che osservava nella società italiana del suo tempo. Secondo lui, questi cambiamenti erano causati dall’avvento del consumismo e dalla diffusione dei mass media, che stavano trasformando radicalmente i valori e i comportamenti delle persone. Cfr. Bazzocchi M.A., L’Italia vita dalla luna. Un paese in divenire tra letteratura e cinema, Milano, Mondadori, 2012, p. IX; Brunetta G.P., Cent’anni di cinema italiano, Roma-Bari, Laterza, 1991, p. 491-492.
[11] Pensiamo solamente ad alcune di esse: dalla fisica quantistica e la sua teoria delle stringhe, alla biologia molecolare; dalle nuove scoperte e criteri nel campo della paleontologia, alle scoperte dell’astronomia e dell’astrobiologia; dalla biochimica, alle nuove conoscenze nel campo della genetica.
[12] Freud S., Il disagio della civiltà, Roma, Newton Compton, 2016, p. 97.
[13] Le “12 tesi” apparvero per la prima volta nel maggio del 1998 in un articolo su The Bishop’s Voice (Bollettino della diocesi di Newark) e compaiono in appendice del testo Here I Stand: My Struggle for a Christianity of Integrity, Love and Equality (2001). Esse sono state inoltre pubblicate con il titolo The twelve Theses: a call to a new reformation, in Horizonte, trimestrale di teologia della Pontificia Università di Minas (Belo Horizonte, Minas Gerais, Brasile), n. 37, gennaio marzo 2015, pp. 112-162. In lingua italiana esse si trovano in numerose pubblicazioni ed articoli, in versioni e traduzioni leggermente differenti tra loro. Come testi di riferimento in lingua italiana citiamo: Cfr. Spong J.S., Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo. Perché muore la fede tradizionale e ne nasce una nuova, Massari editore, Bolsena (VT) 2010, (testo in appendice), pp. 349-354; AA.VV., Oltre le religioni. Una nuova epoca per la spiritualità umana, a cura di Claudia Fanti e don Ferdinando Sudati, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2016, pp. 69-120.
[14] Spong J.S., Letteralismo biblico: eresia dei Gentili. Viaggio in un cristianesimo nuovo per la porta del vangelo di Matteo, Bolsena (VT), Massari editore, 2018, p. 23-34; Spong J.S., Perché il cristianesimo deve cambiare o morire. Riforma della fede e prassi della Chiesa, Trapani, Il pozzo di Giacobbe, 2022, p. 39-42.
[15] A riguardo una buona introduzione è il testo di don Paolo Scquizzato sulla meditazione silenziosa e sulle nuove frontiere di questa pratica. Cfr. Scquizzato P., Se non lo cerchi lo trovi. Introduzione alla meditazione silenziosa, Milano, Paoline Ed., 2023.
[16] Indipendentemente dalla religione specifica di appartenenza, ma sempre in un paese in cui la grande maggioranza si professa critiano/cattolica. Infatti gli italiani che si definiscono cattolici, nel 2023, sono il 71,1% della popolazione: il 15,3% si dice praticante, il 34,9% dichiara di partecipare solo occasionalmente alle attività della Chiesa e il 20,9% afferma di essere “cattolico non praticante”. https://www.censis.it/territorio-e-reti/italiani-fede-e-chiesa.
[17] Dall’indagine Istat Aspetti della vita quotidiana (2001-2022) in relazione alla fede e alla pratica religiosa.
http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=2434
[18] https://www.gallup.com/corporate/212381/who-we-are.aspx
[19] https://news.gallup.com/poll/341963/church-membership-falls-below-majority-first-time.aspx
[20] Dati citati in Katholische Kirche in Deutschland: Statistischen Daten 2023 (27.06.2024).
[21] Lo posso confermare anche dalla mia esperienza come prete cattolico da 9 anni attivo nella pastorale parrocchiale e in varie pastorali categoriali in una diocesi europea (Bolzano-Bressanone, Italia).
[22] Non è un caso se pratica religiosa e grado di istruzuione/cultura personale sono, almeno in Italia, inversamente proporzionali. Cfr. Indagine Istat Aspetti della vita quotidiana (2001-2022) in relazione alla fede e alla pratica religiosa. http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=2434
[23] Vattimo G., Credere di credere. È possibile essere cristiani nonostante la Chiesa?, Torino, Garzanti, 1996.
[24] Cfr. Un gesuita contro il Dio onnipotente, Roger Lenaers in conversazione con Claudia Fanti, in Micromega, n. 8/2017, p. 141- 154; Lenaers R., Cristiani nel XXI secolo? Una ri-lettura radicale del Credo, Trapani, Il pozzo di Giacobbe, 2018.
[25] Per approfondire Cfr. Lenaers R., Il sogno di Nabucodonosor. Fine della Chiesa medievale, Bolsena (VT), Massari editore, 2009; Lenaers R., Cristiani nel XXI secolo? Una ri-lettura radicale del Credo, Trapani, Il pozzo di Giacobbe, 2018.
[26] Caputo J.D., La follia di Dio. Una teologia dell’incondizionale, Brescia, Queriniana, 2021, p. 29.
[27] Caputo J.D., La follia di Dio. Una teologia dell’incondizionale, Brescia, Queriniana, 2021, p. 133.
[28] Precisazione: scrivere “Dio” distinguendolo da “dio” non è un vezzo o una svista, è una precisa intenzione. Infatti per “Dio” io intendo la divinità nella sua concezione teistica classica, mentre per “dio” intendo un modo di intendere la divinità “altra”, post-teista, aperto al Mistero. Lo stesso J.D. Caputo quando fa questa distinzione usa i termini «𝔊𝔬𝔡» e «God». Cfr. Caputo J.D., What to Believe?: Twelve Brief Lessons in Radical Theology, New York, Columbia University Press, 2023.
[29] Cfr. AA. VV., Oltre Dio. In ascolto del Mistero senza nome, a cura di Fanti C. e Vigil J.M., San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2021.
[30] Qualcosa di molto simile al concetto di Dio “veniente” di Martin Heidegger che lo identifica come un passaggio o un cenno. Cfr. Heidegger M., Contributi alla filosofia (Dall’evento), Milano, Adelphi, 2007, p. 403.
[31] Cfr. Franzen A., Breve storia della Chiesa, Brescia, Queriniana, 2017, p. 18-50; 70-82; 118-133.
[32] «Cristo in vero, fu non tanto profeta quanto bocca di Dio. Dio, infatti, per mezzo della mente di Cristo […] rivelò alcune cose al genere umano […] e senza dubbio dal fatto che Dio si è rivelato a Cristo, cioè alla sua mente, immediatamente, e non – come ai profeti – per mezzo di parole ed immagini, non possiamo intendere se non che Cristo percepì veramente, ossia intese, le cose rivelate. Una cosa è infatti intesa quando è percepita proprio con la mente pura, senza parole né immagini.» Spinoza B., Baruch Spinoza. Tutte le opere, a cura di Andrea Sangiacomo, Trattato Teologico Politico, IV, 10, p. 749.
[33] Per una buona sintesi della vita e del pensiero di Gioacchino da Fiore si veda l’introduzione al testo sulle Scritture e sulla vita cristiana scritta da Gian Luca Potestà. Cfr. Da Fiore G., Concordia del Nuovo e dell’Antico Testamento. Libri I-IV, a cura di Gian Luca Potestà, Roma, Viella libreria editrice, 2022, p. 7-25.
[34] Da Fiore G., Concordia del Nuovo e dell’Antico Testamento. Libri I-IV, a cura di Gian Luca Potestà, Roma, Viella libreria editrice, 2022, p. 62.
[35] Da Fiore G., Concordia del Nuovo e dell’Antico Testamento. Libri I-IV, a cura di Gian Luca Potestà, Roma, Viella libreria editrice, 2022, p. 59-67.
[36] Cfr. Arregi J., La parola “dio” tra l’ambiguità e il silenzio, Adista Documenti n° 40 del 23/11/2024.
[37] Arregi J., La parola “dio” tra l’ambiguità e il silenzio, Adista Documenti n° 40 del 23/11/2024.
[38] Termine sicuramente da abolire per le immagini, le dinamiche e molti contenuti che ancora porta con sé e che non facilitano una transizione evolutiva. Questo termine dovrebbe essere sostituito con qualcosa che, piuttosto della relazione asimmetrica e di dominio “pastore-gregge”, evochi “accompagnamento” più che “guida”, “presenza” più che “influenza”, “essere” più che “fare”. Ad esempio, in questo contesto radicalmente rinnovato, l’immagine evangelica dell’essere lievito (Mt 13, 33; Lc 13, 20-21) trova sicuramente più spazio e assonanza.
[39] Cfr. Mori B., Per un cristianesimo senza religione. Ritrovare la “via” di Gesù di Nazaret, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2022; Mori B., L’implosione di una religione. Verso la crisi dei dogmi, dei sacramenti e del sacerdozio nella Chiesa cattolica, San Pietro in Cariano (VR), Gabrielli, 2024.
[40] Basti pensare alle esperienze e a ciò che offrono gli italiani P. Gamberini SJ e don P. Scquizzato, ma anche altri come il camaldolese Bede Griffiths OSB, Willigis Jäger, Charles M. Bidwell e tutte le esperienze all’interno del movimento denominato Progressive Christianity e l’esperienza di molte Comunità cristiane di base (CdB) in Occidente.
[41] Cfr. AA.VV., Theologie anders orten. Aufbrüche einer jungen Generation von Theologinnen und Theologen, a cura di Andreas Feige (Hg.), Würzburg, Echter Verlag, 2023.
[42] Questo tema, per quanto importante in tutti i sistemi religiosi monoteisti, tocca più da vicino i cattolici che hanno fatto dell’ “unità” un mito per nascondere altre dinamiche per nulla evangeliche, spesso prevaricanti e sempre poco democratiche.
[43] A riguardo particolarmente significativo è il testo ed il pensiero del Prof. Luigi Lombardi Vallauri. Egli è stato professore ordinario di Filosofia del diritto nell’Università di Firenze dal 1970 al 2011. Ha insegnato per incarico la stessa materia presso l’Università Cattolica di Milano, dalla quale è stato allontanato nel 1998 per eterodossia, con provvedimento dichiarato illegittimo dalla Corte europea di Strasburgo nel 2010. Cfr. Lombardi Vallauri L., Meditare in Occidente. Corso di mistica laica, Firenze, Le Lettere, 2017.
[44] Il reverendo Charles Bidwell PhD (deceduto il 22 novembre 2022) è stato un ministro ordinato dalla Metropolitan Community Church (MCC) di Edmonton (Canada). A partire dal 1978 è stato attivo nella difesa della comunità LGBT portando avanti queste istanze all’interno delle organizzazioni religiose. Dall’inizio degli anni ’90, Bidwell è stato attivo presso il St. Stephen’s College di Alberta. Come docente ha tenuto corsi riguardanti temi importanti come sessualità e spiritualità, ha coordinato diversi workshop coinvolgendo le comunità religiose locali. Per oltre un decennio (2006-2018), Bidwell è stato uno dei pochi che hanno lavorato per raccogliere una serie di risorse liturgiche non teistiche. Per il St. Stephen’s College di Alberta, egli ha guidato il Comitato per gli studi teologici (1997-2021), è stato un apprezzato membro del Comitato per i premi e le lauree honoris causa (2005-2022), nonché membro del Senato accademico (2001-2021; presidente 2005-2018) ed è stato membro del Board of Governors (2005-2022).
[45] https://progressivechristianity.org/about-us/
[46] AA.VV., Non-Theistic Liturgy Resources, Alberta (Canada), St. Stephen’s College, 2018, p. 7.
[47] Lenaers R., Cristiani nel XXI secolo? Una ri-lettura radicale del Credo, Trapani, Il pozzo di Giacobbe, 2018, p. 57-58; Lenaers R., Il sogno di Nabucodonosor. Fine della Chiesa medievale, Bolsena (VT), Massari editore, 2009, p. 361.
[48] Versione della preghiera del Padre nostro scritta da Charles M. Bidwell. AA.VV., Non-Theistic Liturgy Resources, Alberta (Canada), St. Stephen’s College, 2018, p. 76.