giovedì, Dicembre 12, 2024

Funerale “in chiesa”? Ricordiamoci che non è un obbligo! (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

“Il Signore sia con voi!”… Silenzio totale. Nella maggior parte dei casi neanche un accenno di risposta. Volti e sguardi dei presenti tra lo spaesato e l’infastidito… come se fossero stati obbligati ad essere lì, in un ambiente che evidentemente (e legittimamente!) è loro estraneo, di cui non capiscono né condividono simboli, linguaggi, gestualità e, soprattutto, contenuti.

Devo essere onesto, lo richiede la mia fede e la mia coscienza: i funerali nelle nostre chiese diventano sempre più spesso una farsa grottesca e imbarazzante!

E’ già molto tempo che ne sono convinto ma sentivo il bisogno di farne ancora di più esperienza, di avere sulle spalle una cifra abbastanza considerevole di celebrazioni e per un tempo prolungato. Dopo otto anni impegnato nella pastorale parrocchiale come prete (più un anno da diacono) in sei parrocchie bolzanine tra loro molto differenti, sento il dovere di condividere alcune osservazioni e riflessioni.

Comincio con il dire che in questi anni ne ho viste “di tutti i colori”: gente che sbadiglia; mutismi selettivi (di cui si parlava sopra); persone che fanno squillare il cellulare ad oltranza o addirittura che rispondono durante la celebrazione; gente che chiacchiera e ad un certo punto si alza e se ne va; assemblee intere che non desiderano fare la comunione (parenti compresi); personaggi che vengono a lamentarsi perchè durante la celebrazione viene fatto passare il cesto delle offerte, perchè secondo loro: “Non è il caso…”; parenti che ti dicono senza giri di parole: “Non predichi, sia breve, una cosa veloce mi raccomando!” e tante altre situazioni assurde…

La prima considerazione che mi viene in mente è la seguente: il funerale (nel suo rito cattolico) non è una benedizione qualunque ma richiama, nella liturgia stessa, direttamente ed esplicitamente il sacramento del battesimo (Ricordati del nostro fratello [della nostra sorella] N., che [oggi] hai chiamato a te da questa vita; e come per il Battesimo l’hai unito[a] alla morte di Cristo, tuo Figlio, cosı̀rendilo[a] partecipe della sua risurrezione.)! Ne consegue che oltre al battesimio “formale” ci dovrebbe anche essere un battesimo “vissuto”: come partecipazione alla vita comunitaria, come approfondimento e testimonianza di fede, come coerenza di vita vissuta… Se tutto questo manca anche il rito delle esequie diventa una formalità, una tradizione vuota, un “teatrino” che alla fine scontenta tutti e che non trova il suo sitz im Leben.

Infatti quando si parla di esequie vi sono almeno tre prospettive da tenere in considerazione: la situazione del defunto/a, dei parenti e dei convenuti. A volte possono esserci rapporti con la Chiesa/comunità molto diversi. Ad esempio: defunta/o inserito in un percorso di vita e di spiritualità cristiane ma parenti, amici e conoscenti molto “lontani”. Oppure tutti ugualmente distanti/indifferenti. In ogni caso sarebbe cosa “buona e giusta” che i famigliari rispettassero la volontà esplicita del caro estinto e/o facessero opera di discernimento circa l’opportunità o meno di richiedere una celebrazione di questo tipo. Quante volte mi sono sentito dire: “Mamma o papà non frequentavano, non erano interessati alle questioni di fede, erano indifferenti.” O addirittura “era contraria/o a tutti i discorsi religiosi (come anche noi figli del resto!) e non voleva un funerale religioso… però abbiamo pensato che glielo facciamo comunque!”.

Forse ci sono alcuni punti, molto semplici ma frequentemente dimenticati, che possono aiutare a chiarire le idee:

1)Il funerale “in chiesa”, in occidente nel 2024, non è più un obbligo sociale! Nessuno se lo aspetta , nessuno condannerà se non viene celebrato: viviamo in un mondo ampiamente secolarizzato e il cattolicesimo, non da ieri ma dal 1948, non è più religione di Stato!

2)Il rito delle esequie non inserito in un percorso di fede e di crescita spirituale, di appartenenza ad una comunità concreta e soprattutto coerente con i valori evangelici… semplicemente non ha alcun senso! Cerchiamo di riflettere con onestà: che senso ha “simulare” un rito che nulla ha a che spartire con la propria fede, con i valori che la orientano, con la propria prospettiva di senso?

Nel 1975 Pier Paolo Pasolini, evidenziando i difetti del popolo italiano, li definiva “ciclici” e li sintetizzava così: “cinismo, indifferenza per l’etica, allergia alla coerenza, a qualsiasi tensione morale“. Sarebbe arrivato il momento di abbandonare l’ipocrisia, almeno per quanto riguarda fede e spiritualità!

3)Cosa fare con il funerale “religioso”? Come risolvere la situazione? Credo che l’Ordinario diocesano (il nostro Vescovo) o una persona da lui delegata dovrebbe intervenire in modo frequente, chiaro e aperto su questo tema… e soprattutto farlo “in pubblico” sui mezzi di informazione (non relegare il discorso alle “sagrestie!). Non si tratta di essere poco sensibili, o di voler offendere, o di essere indifferenti al dolore ma di fare opera di chiarimento ed aiutare le persone a scegliere onestamente e liberamente: farebbe parte della tanto citata dimensione dell’Ecclesia docens. Questo aiuterebbe non poco noi preti in servizio nelle parrocchie, spesso oberati di celebrazioni superflue e costretti a sottrarre tempo ad attività pastorali rilevanti ed urgenti per garantire un futuro alle nostre comunità (pastorale giovanile, catechesi degli adulti, corsi di spiritualità, ecc…).

4)Esistono alternative serie e valide:

L’uomo ha da sempre bisogno di riti per scandire momenti importanti della sua vita… Infatti con il termine rito si intende ogni atto o insieme di atti, svolti in una sequenza codificata, caratterizzati dall’uso di parole e gesti stabiliti da una tradizione. Il tutto viene eseguito secondo norme fisse, condivise da tutti i partecipanti. Ma un rito non è per forza un rito religioso!

Spesso si sente dire: “Ma se non in chiesa cosa si può fare? Non ci sono altre possibilità…”. Falso! Le alternative esistono anche nella nostra città di Bolzano: penso ad esempio alle cerimonie laiche offerte dall’associazione Übergang-Passaggi APS. Un’Associazione di promozione sociale, costituita da professionisti e volontari interessati a mettere in comune le loro competenze attorno ai temi dei “rituali di passaggio”. Quest’esperienza nasce nel 2020 da un’idea di Francesco Campana e oggi è una realtà solida con un offerta variegata. Lo scopo dell’associazione è quello di offrire interventi di formazione, consulenza e supporto circa i riti che segnano la vita di noi essere umani. Questo viene fatto avendo preso coscienza di un quadro generale di crescente laicità e secolarizzazione.

https://www.ubergang-passaggi.com

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