mercoledì, Dicembre 18, 2024

Addio al “Dio nell’alto dei cieli” – spazio al “Dio del presente” (Susanne Glietsch)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Susanne Glietsch trova in Meister Eckhart l’ispirazione per una teologia e una spiritualità rinnovate.

L’intera fede cristiana, e la Chiesa stessa, si trovano oggi nel bel mezzo di una crisi di proporzioni mai viste prima. È impossibile prevedere dove porterà questo tipo di sviluppo. L’unica cosa che è attualmente evidente è che molto del “vecchio” non è più accettabile perchè semplicemente non può più essere creduto come “vero”. Il “Dio nell’alto dei cieli” (Caputo) [1] o il “Dio-alfa del potere trionfale e della certezza metafisica” (Kearney) [2] nonconvincono più, né a livello intellettuale né tantomeno esistenziale. Il teologo Karl Rahner stesso aveva già segnalato l’insostenibilità di un “teismo volgare”/vulgären Theismus (cioè un teismo semplicistico e superficiale) all’interno del suo Grundkurs des Glaubens (1976). Il professore di Friburgo ne aveva analizzato, in modo approfondito e rigoroso, alcune “aree problematiche” e centrali: in particolare il pericolo di una sostanziale oggettivazione di Dio e di un rapporto strettamente dualistico (e fortemente problematico) Dio-mondo e, naturalmente, Dio-uomo. [3] Un tale Dio, secondo Rahner, “non esiste veramente”/„gibt es wirklich nicht“, perchè sarebbe come un “qualcosa” materiale accanto ad altro o, nelle parole di Rahner, come un “qualcosa di essente accanto a un altro essere”/„einzelnes Seiendes neben anderem Seienden“ ancora una volta “presente nella “grande casa” della realtà complessiva”/„im größeren Haus der Gesamtwirklichkeit anwesend wäre“.

Un “Dio” come questo semplicemente non esiste realmente.

Continua Karl Rahner nella sua opera: “Se si cercasse un tale Dio, allora si cercherebbe un falso Dio. L’ateismo e il teismo (volgare) soffrono della stessa falsa idea di Dio: solo che l’uno la rifiuta, mentre l’altro pensa che possa essere ancora pensata” [4]. Le intuizioni sulla fragilità e sui limiti evidenti di un teismo dogmatico (dogmatischen Theismus) e semplicistico, non sono quindi nuove: semplicemente oggi stanno diventando più evidenti che mai a causa della massiccia crisi dei sistemi religiosi, che è anche una crisi teologica e spirituale. Oggi queste “intuizioni”vengono affermate più chiaramente che mai dagli stessi teologi. Il fatto che queste nuove prospettive stiano proliferando indica anche la “resistenza”, spesso inconsapevole e ottusa, dei sistemi teistici. Lo stesso Rahner ne ha provatoto l’esistenza. E 40 anni dopo, il pedagogista Rudolf Englert, sottolinea ancora che il nostro discorso su Dio è ancora caratterizzato dall’idea di un “qualcosa o qualcuno” e non sottolinea adeguatamente il carattere di Dio come evento [5].

Rintracciare nuove concezioni di Dio

Fortunatamente, l’attuale periodo di crisi non è solo un periodo di crolli e cadute, ma anche di sconvolgimenti e nuovi inizi, in cui si sviluppano nuovi approcci costruttivi. Trovo entusiasmanti e stimolanti le riflessioni del filosofo Richard Kearney. Con il suo concetto di “anateismo”, Kearney cerca il “Dio dopo Dio”, cioè va alla ricerca di nuovi modi di pensare e di rilevare le tracce dell’esperienza di Dio (nella tradizione e nel presente) che emergono dopo la scomparsa del Dio “teistico” (…o al di là dei concetti come “Dio” che sono diventati nel frattempo fragili e inconsistenti). L’obiettivo della sua lettura ermeneutica, a ritroso e in prospettiva, è quello di trovare alternative: sia a un teismo dogmatico e “sulle barricate”, sia ad un ateismo militante (o ad un materialismo esasperato). Tutto questo al fine di rintracciare nuove concezioni di Dio. [6] A mio parere, il modo di pensare di Kearney è un approccio promettente, perché molte cose che possono portare “avanti” il discorso e la riflessione teologica oggi, erano già presenti (in germe) nella tradizione. Semplicemente il presente ha evidenziato le aree più problematiche del “sistema teismo”, spesso emerse per via dell’unilateralità prima, e del venir meno poi, della tradizione cristiana.

La nascita come modello strutturale di Dio

Insieme a molti altri teologi, considero quindi attualmente cruciale per il futuro del cristianesimo il legame con la tradizione della mistica. [7] Vorrei porre l’accento in particolare sulla mistica di Meister Eckhart in ralazione al problema teismo, per le seguenti ragioni: Il nucleo della sua teologia è proprio lo sviluppo di una nuova comprensione di Dio che supera le tendenze reificanti del concetto di Dio e il dualismo tra Dio-mondo, Dio-uomo. [8] In questa sede si può solo accennare al modo in cui riesce a farlo, ossia da un lato attraverso il fondamento spirituale del suo pensiero e dall’altro attraverso la sua “dottrina della nascita di Dio”, di cui vorrei delineare brevemente gli elementi essenziali: la teologia di Eckhart si basa sull’eterna nascita interiore-trinitaria del Figlio – “Il massimo sforzo di Dio è: partorire” (Pr. 11) – che allo stesso tempo ha luogo in modo permanente nell’anima di ogni essere umano, come possiamo vedere dall’esempio di Gesù. Questo evento di nascita fornisce anche un modello. Infatti ne consegue che: Dio e il mondo così come Dio e l’uomo sono direttamente connessi (uno), ma senza fondersi (panteisticamente).

Carattere di evento di Dio

Dio “si dona” permanentemente nella creazione e nell’anima di ogni essere umano; la creazione e l’incarnazione avvengono quindi incessantemente qui ed ora (creatio contiua, incarnatio continua). L’uomo ha il compito di rendersi permeabile a questo permanente accadere di Dio, di esporlo nella sua vita e di realizzarlo attivamente: in altre parole, di concepire Dio e partorire Dio (Pr. 2) [9], ovvero: di diventare trasparente all’amore. Per Eckhart, l’unione di Dio e dell’uomo così concepita non può essere descritta linguisticamente e intellettualmente come la combinazione di due entità separate e autosufficienti, ma piuttosto come un’unità vivente di relazione e azione in cui l’uno non può essere concepito senza l’altro. Egli intende questa unità come un evento incessante che comprende Dio e l’uomo in egual misura. Invece di una metafisica del “pensare a qualcosa in modo isolato” (Welte) [10], Eckhart sviluppa così un’ontologia dinamica degli eventi che lega indissolubilmente Dio e il mondo, Dio e l’uomo, e in cui la processualità, l’evento reale della presenza di Dio, è al centro. Infatti: “Dio è un Dio del presente” [11].

Abbattere la presunta separazione dell’uomo da Dio

In termini pratici, ciò significa una spiritualità radicalmente “incarnativa” che abbatte la presunta separazione dell’uomo da Dio. Secondo Eckhart, il cammino spirituale consiste proprio nel superare il rapporto con il “Dio immaginato”, che l’uomo pone davanti a sé sotto forma di idea di Dio, e nel rivolgersi al Dio immediatamente presente, nel linguaggio di Eckhart al “Dio essenziale”.[12] Tuttavia, questo Dio presente diventa reale solo quando l’uomo realizza se stesso, la sua identità più intima come essere-in-relazione, come evento della presenza divina. La realtà di Dio non si rivela quindi a una mente che vuole riconoscere un “qualcosa”: “L’amore divino (…) è un puro atto. Vuole essere trovato nell’essere, cioè in tutto ciò che incontro. Mi guarda in ogni essere, in ogni cosa, quando io la guardo con amore. Il volto dell’amore divino si forma per me attraverso tutto ciò che incontro e guardo in questo modo” [13] Solo quando mi apro alla presenza dell’amore, per dirla con Eckhart: divento figlio o figlia, la realtà divina si apre a me, ciò che si può intendere con la parola ‘Dio’ diventa accessibile per me.

Vivere in relazione al divino

Di conseguenza, la “spiritualità dell’immediatezza”/„Spiritualität der Unmittelbarkeit“ [14] di Eckhart non riguarda singoli atti spirituali enfatizzati, ma il vivere in ogni momento a partire dalla relazione con l’origine divina e l’essere aperti all’evento della presenza di Dio in tutte le attività e relazioni della vita. Le dicotomie tradizionali come vita attiva e vita contemplativa, profano e sacro, sono superate da Eckhart, perché per Eckhart Dio non è più “nell’interiorità, nella devozione [e] nel dolce rapimento (…) che al fuoco del focolare o nella stalla”/„in Innerlichkeit, Andacht [und] süßer Verzücktheit (…) als beim Herdfeuer oder im Stalle.“ [15].

Operare e pensare “oltre” il teismo

Penso che il potenziale della mistica nel suo complesso, e della mistica di Meister Eckhart in particolare, sia ancora lontano dall’essere ampiamente sfruttato, ma questo sarebbe estremamente importante per superare il teiso che abbiamo ricevuto “in eredità”. [16] E nello spirito di Kearney, sarebbe entusiasmante far dialogare la teologia e la dottrina della vita di Eckhart con le riflessioni di Michael Schüßler sulla teologia degli eventi, con l’approccio di Dorothee Steiof alla pastorale, con le opere sui ritiri di strada o con i nuovi approcci alla contemplazione cristiana, per esempio. Mi sembra infatti che questi approcci abbiano in comune una nuova comprensione della Chiesa e della presenza di Dio, che rompe la logica tradizionale del dentro-fuori/profano-sacro e si concentra su dove Dio è presente. [18] In ogni caso, mi viene voglia di pensare insieme a tutto questo con nuovi approcci costruttivi per superare il “Dio nell’alto dei cieli” e avvicinarsi all’ “evento Dio”: nel pensiero e nella vita.

[1] Caputo, John, D., Die Torheit Gottes. Eine radikale Theologie des Unbedingten, Ostfildern 2022, S. 22; 27-38.

[2] Kearney, Richard, Zimmermann, Jens, Revisionen des Heiligen. Streitgespräche zur Gottesfrage. Richard Kearney im Gespräch mit John Caputo u.a., Freiburg/Br. 2019, S. 18.

[3] Rahner, Karl, Grundkurs des Glaubens, Freiburg/Br. u.a. 1976, S. 71.

[4] Vgl. ebenda, S. 72.

[5] Englert, Rudolf, Gottesglaube hier und heute. Empirische und theologische Herausforderungen, in: Theologische Revue 103 (3/2007), S. 177-186, hier 185f.

[6] Vgl. Kearney, Richard, Zimmermann, Jens, Revisionen des Heiligen, S. 50f.  Kurz gesagt intendiert Kearney mit seinem Konzept des Anatheismus (griech. Praefix ‚ana‘ im Sinne von „wieder“, „zurück“) ein „kritisches hermeneutisches Zurückholen heiliger Dinge“, eine „Rückkehr zu Gott nach Gott“ (ebenda S. 22) durch eine Neu-Sichtung ererbter Narrative, um daraus Neukonzeptionen Gottes für die Gegenwart zu gewinnen.

[7] Ich verweise hier exemplarisch auf Leppin, Volker, Ruhen in Gott. Eine Geschichte der christlichen Mystik, München 2021; weitere Denker*innen, die in diese Richtung gehen, sind bspw. Tomáš Halík, Sebastian Painadath, Monika Renz, David Steindl-Rast.

[8] Vgl. ausführlicher zum Folgenden Glietsch, Susanne, Vom gedachten zum wesenhaften Gott. Impulse für die Theologie der Spiritualität aus der Mystik Meister Eckharts (1260-1328), in: Trierer Theologische Zeitschrift, 4/2014, S. 300-321; dies.: „Was oben war, das wurde innen“: Religiöse Bildung im Horizont der Mystik, in: Kropač, Ulrich, Langenhorst, Georg (Hg.), Religionsunterricht und der Bildungsauftrag der öffentlichen Schulen. Begründungen und Perspektiven des Schulfaches Religion, Babenhausen 2012, 208-222.

[9] Vgl. Meister Eckhart, Predigt 2, in Werke, Bd. 1, hg. v. Largier, Niklaus, Frankfurt/M. 1993, 26f.

[10] Welte, Bernhard, Meister Eckhart. Gedanken zu seinen Gedanken, Freiburg/Br. 1979, S. 79.

[11] Meister Eckhart, Reden der Unterweisung, in: Werke, Bd. II, S. 373.

[12]„Der Mensch soll sich nicht genügen lassen an einem gedachten Gott; denn wenn der Gedanke vergeht, so vergeht auch der Gott. Man soll vielmehr einen wesenhaften Gott haben, der weit erhaben ist über die Gedanken des Menschen und aller Kreatur. Der Gott vergeht nicht, der Mensch wende sich denn mit Willen von ihm ab. Wer Gott so, im Sein, hat, der nimmt Gott göttlich, und dem leuchtet er in allen Dingen; denn alle Dinge schmecken ihm nach Gott, und Gottes Bild wird ihm aus allen Dingen sichtbar. In ihm glänzt Gott allzeit  (…).“ (Meister Eckhart, Reden der Unterweisung, in: Werke, Bd. II, S. 349).

[13] Kampmann, Irmgard, Meister Eckhart Brevier. Worte für jeden Tag, München 2010, S. 21.

[14] Schönfeld, Andreas: Meister Eckhart – geistliche Übungen. Meditationspraxis nach den ‚Reden der Unterweisung‘, Mainz 2002, S. 212.

[15] Meister Eckhart, Pr. 5, in: Werke, Bd. 1, S. 71.

[16] Nach Kearney war Eckhart selbst schon ein früher Anatheist, der „gewagt hat, Gott aufzugeben, um wieder zu Gott zurückzukehren“. Vgl. Kearney, Richard, Zimmermann, Jens, Revisionen des Heiligen, S. 55.

[17] Vgl. bspw. Schüßler, Michael, Gegenwart als Zukunft der Kirche. Über die ereignishafte Bedeutsamkeit Gottes im Heute, in: Notizblock 74/2023, 4-7; Steiof, Dorothee, diverse Artikel in Feinschwarz; Schindler, Michael, Auf der Straße nach Gott suchen – Entdeckungen bei den „Straßenexerzitien“, Münster 2016; Simon Peng-Keller, Überhelle Präsenz. Kontemplation als Gabe, Praxis und Lebensform, Würzburg 2019.

[18]  „Der Mensch soll Gott in allen Dingen ergreifen und soll sein Gemüt dran gewöhnen, Gott allzeit gegenwärtig zu haben im Gemüt und im Streben und in der Liebe.“ (Meister Eckhart, Reden der Unterweisung, in: Werke, Bd. II, S. 347)

16 dicembre 2024, www.feinschwarz.net

Susanne Glietsch è preside delle scuole secondarie della diocesi di Rottenburg-Stuttgart, insegnante di religione e guida alla contemplazione.

Ritratto: picturepeople Stoccarda

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