domenica, Dicembre 1, 2024

Per un cristianesimo post-teista

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Cosa è il post-teismo?

Un passaggio decisivo della nostra decostruzione/ricostruzione è il non-teismo, o post-teismo: il superamento del teismo, ossia smettere di pensare, immaginare, credere in un Ente Supremo, Dio creatore e Causa esterna del mondo; un Ente “anteriore” o almeno distinto da questo, immagine ancora in vigore tra i credenti in generale, tra la maggioranza dei teologi e nella dottrina ufficiale cristiana. Tale visione non risulta più concepibile né credibile per la maggioranza delle persone e in particolare per gli intellettuali, per quanto sensibili possano essere al mistero più profondo della realtà: la loro intelligenza spirituale cammina verso altre direzioni.

Il teismo nasce e cresce nell’età dei metalli, quando si intensifica l’agricoltura, aumenta la popolazione e si costruiscono città, e nelle città i templi. I compiti si specializzano, la società diventa più complessa. C’è bisogno di miti, leggi, capi, autorità, funzionari e guerrieri per trasmettere gli ordini del signore, farli rispettare e conquistare territori. La società si gerarchizza, gli esseri umani diventano schiavi gli uni degli altri… E c’è bisogno di divinità per dare coesione, sicurezza e legittimità ultima alla convivenza ordinata, gerarchizzata e sottomessa.

L’architettura del mondo viene riconvertita su “due piani”. I miti della separazione tra il cielo e la terra – dal quinto millennio prima della nostra era – provocano la lacerazione della realtà cosmica, fino ad allora unita, unitaria, unica, totale (olistica). Rimane confinata nel piano basso la realtà materiale, naturale, carnale e sessuale e sale al cielo una realtà strettamente spirituale, immateriale, non naturale, non carnale e non sessuale, spirituale e soprannaturale. Il dualismo e Theos sono, però, rappresentazioni superate e per questo diciamo che non c’è bisogno di essere teisti né di sviluppare un’esistenza soprannaturale per essere cristiani, benché tale immagine sia ancora presente nella maggior parte delle persone.

Il post-teismo non è, in sé, né ateo, né nichilista, né materialista-riduzionista, né chiuso alla sacralità e alla divinità; semplicemente, si sbarazza criticamente e coscientemente di un prodotto evolutivo creato dall’essere umano, una “fantasia utile” di cui si è servito in un momento dato dello sviluppo della sua cultura e infrastruttura materiale.

Il post-teismo è compatibile con la diversità di simboli con cui riconosciamo con riverenza e in maniera attiva un Mistero ultimo o una Realtà Ineffabile nella quale siamo. È un invito a superare tanto il teismo quanto l’ateismo convenzionale di tipo positivista, a riscoprire la casa comune cosmica, a far ritorno dalla fuga soprannaturale alla natura a cui apparteniamo. Il post-teismo non pone una camicia di forza all’esperienza del mistero e permette la creatività spirituale e l’autonomia, poiché non c’è la coercizione di un’immagine imposta e fissa: è contrario all’assolutismo di una rappresentazione unica. Equivale a un agnosticismo attivo. Un “non sapere” che fonde il suo vuoto cognitivo nel vuoto infinito, come uno sguardo profondo verso un orizzonte senza forma che, per la sua imprecisione, può adottare diverse figure aperte e ispiratrici. Cammina sulle acque della realtà, sempre olistica, senza separarle.

J. Arregi, T. Brun, G. González, J. M. Vigil, S. Villamayor 

29/09/2021

Tratto da: Adista Documenti n° 35 del 09/10/2021

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