giovedì, Novembre 21, 2024

Il Vangelo della nonviolenza (Mt 16, 24-26) di don Paolo Zambaldi

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

“Poi Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire con me, smetta di pensare a se stesso prenda la sua croce e mi segua. Chi pensa soltanto a salvare la propria vita, la perderà; chi invece è pronto a sacrificare la propria vita per me, la ritroverà. Se un uomo riesce a guadagnare anche il mondo intero, ma perde la vita, che vantaggio ne avrà? Oppure c’è qualcosa che un uomo potrà dare per riavere, in cambio, la propria vita?” Mt 16,24-26

La nonviolenza come stile di vita segue un itinerario preciso e irrinunciabile, lo stesso percorso dal profeta di Nazareth. Lo si può sintetizzare in tre parole: smettere, accettare, seguire…

Smettere di pensare a se stessi. Smettere cioè di preoccuparsi troppo del domani, dei propri beni, della propria salute, dei propri cari, del proprio successo, del proprio apparire, dei propri sentimenti, dei propri bisogni. Questo atteggiamento ossessivo diventa, alla lunga, causa di una visione della realtà distorta e violenta. Una visione  dalla quale gli altri spariscono o se rimangono, vengono vissuti come un fastidio, un ostacolo, un limite.

Accettare la croce. In un mondo in cui l’egoismo è celebrato come un valore che premia i furbi e gli intelligenti e l’appartenere alle elites economiche è un sogno che tutti rincorrono come l’unico della vita, fare scelte diverse suscita il disprezzo dei “benpensanti”, che, generalmente non sono coloro che pensano “bene”, ma coloro che pensano solo al ”loro bene”.

Non si ride forse dei pacifisti, non si puniscono coloro che denunciano soprusi e ingiustizie, non si fanno tacere quelli che tentano di cercare la verità in un mare di false notizie? Non si mettono in prigione o si uccidono uomini e donne che osano rivelare le dietrologie del potere? 

E’ questa la “croce” dell’esclusione che il nonviolento deve accettare. Una croce che può portare fino al sacrificio della vita stessa!

Seguire la strada indicata per la salvezza. Gesù è la via per ottenere questa salvezza. Salvezza non proiettata dopo la vita, in un ipotetico Paradiso, posto oltre lo spazio e il tempo, ma una salvezza che si realizza qui e ora. L’uomo salvato è infatti colui la cui vita si libera dalle catene dell’odio generato dal culto del sé. Questa liberazione avviene mediante il riconoscimento di questa verità. Infatti:

“Chi pensa soltanto a salvare la propria vita, la perderà.

Chi invece è pronto a sacrificare (a rinunciare a una vita fondata sul sè) la propria vita la ritroverà”.

Come sarà questa vita ritrovata?

Una vita non più serva dei bisogni creati ad arte dal consumismo.

Una vita in cui l’accumulazione dei beni non sia l’obiettivo principale, se non l’unico…

Una vita nella quale ci si riappropri del tempo. Tempo liberato dalla schiavitù del produrre sempre di più, per consumare sempre di più. Tempo per creare rapporti, pensieri, sentimenti.

Una vita nella quale non trovi posto il ricatto dei guerrafondai ,che ci offrono benessere in cambio del sangue dei poveri.

Una vita nella quale sia importante battersi per i diritti di tutti.

Una vita accogliente, una casa aperta, un sorriso per gli eterni esclusi della storia e per coloro che sono imprigionati dai nostri irriducibili pregiudizi.

Una vita in cui la parola “pace”, non appaia un semplice vezzo, ma una scelta che può costare tanto in termini di successo, di considerazione, di sicurezza.

Se perderemo la possibilità di questa vita, cosa ci rimarrà?

La risposta è sotto gli occhi di tutti.

don Paolo Zambaldi

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