giovedì, Novembre 21, 2024

Creare Dio a nostra immagine (P. Gamberini SJ)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

L’immagine che hai di Dio, o ti fa vivere o ti distrugge. Esiste una connessione tra il modo con cui vediamo Dio e il modo con cui vediamo noi stessi e l’universo. La parola “Dio” è una parola che dice tutto ciò che è: è la realtà di ciò che è.  Questo è il motivo per cui teologia e spiritualità sono condizionate dal modo con cui viviamo la nostra vita quotidiana.

Dio è la Realtà… ma con un Volto. Perché con un volto? Perché così noi esseri umani vediamo la realtà. Questo è l’unico modo con cui la maggior parte degli esseri umani si relaziona ad ogni cosa: gli altri, noi stessi e Dio. La realtà che è Dio si manifesta a noi sempre con e come un “Volto”. Ci deve sempre essere un “volto” dietro a tutto ciò che conosciamo. Dietro la realtà c’è sempre “un/il volto-che-ci-guarda”

L’immagine che abbiamo di Dio non è altro che una combinazione della nostra esperienza, fatta da bambini, di mamma e papà, o di altre figure di autorità. Solo attraverso un cammino interiore di orazione ci si rende conto che l’esperienza di Dio è in gran parte mediata dall’esperienza infantile di mamma e papà . È questa che condiziona l’immagine che abbiamo di Dio. Sia i non credenti che i credenti reagiscono di fronte a questo aspetto della religione, dicendo che è infantile e spesso basata sulla paura. Si oppongono ad una caricatura della fede. E hanno ragione.

L’obiettivo è di crescere verso una religione adulta in cui ci si rende conto che solo un’immagine matura di Dio può generare persone mature. Una “vera” religione è quella che sa riconoscere che un Dio “punitivo” genera persone “punitive”, così come un Dio “amante” genera persone amanti. Ma una religione “matura” (quindi non solo vera) sa riconoscere che sia nell’una che nell’altra si ha sempre a che fare con un’immagine di Dio che bisogno di un “Volto”. Un volto punitivo o un volto amante.

Se le nostre madri sono state punitive, anche il nostro Dio di solito diventa punitivo. Quando questo avviene, finiamo di trascorrere gran parte della nostra vita sottomettendoci a quel Dio punitivo o reagendo con rabbia contro di esso. Se le nostre figure paterne sono state fredde e introverse, daremo per scontato che anche Dio sia una persona fredda e introversa. Ma Gesù, come anche i mistici, hanno contraddetto una tale immagine “punitiva” di Dio. La nostra immagine è sempre quella di un Dio che ha autorità su di noi, così come ce l’avevano i nostri genitori.

“Tutto ciò che viene ricevuto, viene ricevuto alla maniera di chi lo riceve”.
(Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae ,I, q. 75, artt. 5).

L’immagine di Dio come Trinità ha voluto superare tale visione di Dio, cercando di sottrarci all’inevitabile limite della nostra conoscenza della realtà e del “nostro” modo di relazionarci a Dio. Gesù ci invita ad assecondare il flusso infinito ed eterno di amore perfetto c’è tra le tre persone della Trinità. Nella Trinità c’è solo “effusione infinita” e questa effusione di amore si rivela nel cosmo.  L’amore è la struttura/matrice stessa della realtà. Ma questo “flusso e movimento” di amore è – per così dire – “im-personale” nel senso che non è limitato/condizionato da un volto specifico a cui la realtà (= di Dio) fa riferimento. Tuttavia, proprio perché ciò che conosciamo della realtà non è altro ciò che siamo, ciò che conosciamo di Dio è pur sempre conosciuto secondo il nostro essere-persona. Per questo, il concetto “trinitario” di Dio come flusso ed effusione di amore non poteva che essere formulato “in maniera personale”. Dio è tri-personale: Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Dio “trinitario” ha finito così ad assumere un “Volto”.

“Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto” (1Cor 13,12).

Il “faccia a faccia” di cui parla Paolo è la conoscenza “perfetta” di Dio, rispetto a quella confusa dello specchio che proietta la nostra immagine sulla realtà (anche  di Dio).  Ma cosa è mai questa conoscenza “perfetta”, di quale “faccia a faccia” si tratta? Ce lo dice subito Paolo: nell’ “essere-conosciuto” da Dio. Più che conoscere Dio come Qualcuno che è davanti a Noi, quindi “faccia a faccia”,  conosciamo Dio come Qualcosa che ci avvolge e comprende. Siamo “in” (pan-en-teismo) Dio più che “davanti” a Dio. Non solo la realtà è “Volto di Dio” ma tutto è “avVolto” da Dio.

Qui la preghiera tace e solo “nel silenzio che avvolge ogni cosa” (Sap 18,14) siamo conosciuti da quel Mistero (1Cor 13) che ci rende “mistero” a noi stessi.

Factus eram ipse mihi magna quaestio.
Ero diventato io stesso per me stesso un gran problema”.
(Agostino, Confessioni, 4, 4, 9)

Paolo Gamberini SJ, 8 aprile 2024

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