lunedì, Novembre 18, 2024

Un “Dio” nuovo per un mondo nuovo! Commento a Mt 3, 1-12 (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”.
Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:

Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i
 suoi sentieri!

E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.
Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”.

Mt 3, 1-12

Il deserto è un’immagine che affascina…

Così vuoto, così infinitamente esteso, così privo dei simboli “orgogliosi” della nostra potenza, così inquietante nella sua mancanza di riferimenti, emblema del vuoto e della solitudine…

Per questo molti dei grandi profeti l’hanno scelto come momento necessario per trovare Dio e, in Dio, se stessi dunque il senso della loro missione.

Fare “deserto/vuoto” dentro per poter accogliere l’universo.

Farsi deserto… Eliminare le preoccupazioni che offuscano e alienano, i desideri che rendono dolorosa la vita, i legami che limitano, i beni accumulati che soffocano la libertà…

Il deserto, dunque, non è una fuga! Una tana che  permette di evitare le relazioni. Uno “snobismo spirituale”. Un gusto della privazione che non purifica ma spesso inorgoglisce…

Il deserto è un grembo da cui si deve/può rinascere nudi e vuoti, pronti ad accogliere, pronti a cambiare. Perché è qui e ora che bisogna cambiare, in questo mondo che ci è dato bisogna costruire nuove e diverse relazioni.

Nuove relazioni con Dio: un Dio non più visto come un salvatore esterno/separato, un “Padre” onnipotente a cui si offrono sacrifici e rinunce in cambio di salvezza, ma un Dio di cui noi siamo il Tu… Un Dio che va cercato in questa relazione/interconnessione e dunque richiede una responsabilità perchè: “Ogni essere ha Te come Padre; ogni essere è generato da Te, la fonte di ogni cosa, ma soltanto gli esseri coscienti ti possono chiamare Padre”. R. Panaikkar, La pienezza dell’uomo. Una cristofania, Milano 2000, Jaca Book, pag.137.

Da qui il grido di Giovanni “cambiate vita”… altrimenti la scure/diluvio/pala calerà su di voi perché non cambiare significa “perdere” la propria vita… Mentre salvarsi è guadagnare la vita!

Il diluvio/scure/pala segna non tanto il castigo di un Dio visto come giudice… ma rappresenta la cesura netta e inevitabile tra una vita realizzata nella relazione (amore) e una vita che nega a se stessa ogni senso e dunque ogni felicità.

È vero che tutti siamo “qui e ora”, necessariamente, ma non tutti esistiamo, cioè non tutti viviamo pienamente le possibilità dell’esistenza, ovvero la dimensione della libertà, di un’autentica comunicazione con gli altri, di una vita che tenda alla piena realizzazione delle sue possibilità.

“E ciò sarà possibile non solo attraverso la relazione con gli altri, ma anche attraverso la relazione con la “trascendenza” (non posso essere me stesso se non tendendo a qualcosa che oltrepassa me stesso), trascendenza che è una ulteriorità, che possiamo/non possiamo chiamare Dio.”

“Infatti esistiamo perchè «siamo da» (ex-sistere), procediamo da questa sorgente infinita che non è limitata da alcun nome o, come disse, il mistico Eckhart è un «sunder Namen» (senza nome), «uber allen Namen» (sopra tutti i nomi), «inominabilis» (innominabile) e «omninminabilis» (nominabile da ogni nome). (…).” R. Panaikkar, La pienezza dell’uomo. Una cristofania, Milano 2000, Jaca Book, pag.137.

Cambiate vita… Il battesimo segna o può segnare un nuovo inizio!

Ma mentre il battesimo di Giovanni è ancora un culto, il battesimo di Gesù è appunto una scure… intesa come rottura decisiva con quello che si era! Una rottura che non ammette pentimento, ne può essere mediata o evitata.

Da Giovanni venivano anche gli ebrei più osservanti a farsi immergere… ma la loro ipocrisia non trasse in  inganno il profeta. Li conosceva bene, aveva frequentato la sinagoga, sapeva che non erano disposti ad abbandonare l’orgoglio di sentirsi parte di un “popolo eletto”, che non avrebbero rinunciato a considerare la Legge come unica via per la salvezza, che non avrebbero accettato un Dio disarmato e “incarnato”, convinti come erano che la sola potenza/onnipotenza potesse descriverlo…

Se fingevano infatti di credere in Giovanni (come ignorare un profeta accalmato?) sappiamo che non avrebbero creduto nemmeno in Gesù, che non riteneva nè il tempio, nè la Legge, nè l’ elezione, nè la tradizione come vie di salvezza…

Egli infatti con la sua Parola, il suo esempio, spronava a sentirsi in relazione con un “Dio con noi e in noi”, un Dio/Verità.

Una verità che trascinandoci fuori dal nostro egoismo, ci avrebbe resi liberi e dunque salvati.

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