venerdì, Dicembre 27, 2024

Percorsi del sacro (R. Panikkar)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

1)Le Sacre Scritture sono molte. Ognuna andrebbe conosciuta e non cristallizzata all’interno di una sola religione. Non si deve però parlare di eclettismo religioso ma di “riconoscimento” del valore del percorso culturale di ogni popolo.

“L’epifania vedica appartiene all’ eredità dell’uomo. E come avviene nel caso della maggior parte dei valori religiosi e culturali dell’umanità, si è più fedeli alla sua vocazione profonda se la si condivide fraternamente con l’intera umanità, piuttosto che limitarsi a preservarla scrupolosamente, come se si dovesse custodire un tesoro tenuto sotto chiave e quasi nascosto”

“I Veda sono un monumento di portata religiosa, -e quindi profondamente umana- universale. Tuttavia (dicendo questo n.d.r) non vogliamo urtare i sentimenti o ledere i diritti delle diverse religioni del mondo (…) I Veda come la Bibbia o il Corano sono indissolubilmente legati a quelle particolari fonti religiose da cui sono scaturiti storicamente. L’eclettismo, in questo caso, sarebbe dannoso. Non intendiamo separare le radici dalla loro identità storica ma crediamo che questo radicamento non precluda un’ulteriore crescita. Non mettiamo in discussione i diritti del passato, ma soltanto la cristallizzazione di tradizioni viventi.”

“Oggi la situazione di Veda è paragonabile a quella della Bibbia in occidente un paio di secoli fa, specie negli ambienti cattolici romani. Teoricamente la Bibbia era al centro di tutta la loro spiritualità, ma nella pratica effettiva era pressoché sconosciuta, e la vita cristiana si alimentava per lo più da fonti secondarie. La tradizione aiutava l’uomo a mantenere un contatto vitale con la “Parola di Dio” ma una delle sue fonti veniva largamente ignorata.”

“L’esperienza vedica (o biblica n.d.r) riuscirà forse a stimolare nell’uomo la memoria della sua vita sulla terra; forse gli ricorderà che egli, come i suoi antenati( sebbene non solo in loro o attraverso loro), ha accumulato le esperienze più straordinarie e ha raggiunto una profondità di visione, di sentimento e di vita che ora occorre urgentemente riscoprire se si vuol riuscire a tenere testa alle onde dell’oceano della tecnologia, della scienza e degli altri moderni espedienti che minacciano la sua stessa sopravvivenza. L’esperienza vedica (o/e biblica) potrà forse dischiudere non tanto un’alternativa alla visione moderna della vita e del mondo –che probabilmente non risolverebbe alcun problema e risulterebbe certamente alienante- quanto una dimensione già esistente, benché spesso nascosta, dell’uomo stesso. Essa non fornisce soltanto delle informazioni su nozioni del passato, ma “in-forma” veramente il presente, consentendo a tale dimensione di manifestarsi e rivelandola come un’effettiva parte costitutiva della personalità dell’uomo. In me non è presente solo il mio passato individuale, anche la storia dell’uomo si è accumulata nella grotta del mio cuore, (…) è presente nei dendriti del mio sistema nervoso e nelle molecole del DNA.”

2)Un percorso per una rilettura del fatto religioso come costitutivo di ogni uomo, pur moderno e secolarizzato, e che trascende le religioni particolari pur non dimenticandole.

“Rivelazione: è da intendersi come disvelamento delle profondità che risuonano tuttora nel cuore dell’uomo moderno, in modo che egli possa acquisire più consapevolezza del proprio patrimonio umano e quindi delle fonti del suo essere personale…come il dischiudersi di qualcosa che arricchisce l’esperienza umana”

“Rivelare non è svelare, sollevare il velo, ma rivelare il velo, renderci consapevoli che ciò che vediamo e tutto ciò che possiamo vedere è il velo, e che viene lasciato a noi ’indovinare’- o potremmo dire ‘pensare’- la realtà…”

“L’uomo moderno/contemporaneo ben presto non sarà più tale, e tuttavia non abbiamo alcuna chiave per accedere all’uomo se non l’uomo moderno: tutti gli altri “uomini” sono soltanto delle astrazioni, perchè sono già scomparsi oppure non sono ancora venuti all’esistenza.

“L’uomo moderno è secolare (la sua religiosità e perfino il senso di sacralità che egli possiede sono entrambi improntati a un atteggiamento secolare nel senso che il mondo temporale (vita e relazioni) per lui è qualcosa di importante che va preso seriamente: il seculum è posto in primo piano. Inoltre non può più appartenere a una cultura omogenea e isolata, è transculturale (instabile), sente il bisogno profondo di coltivare una conoscenza interculturale”

“L’uomo moderno, o perchè è rimasto isolato da un lungo processo di individualizzazione o perchè è stato spinto ed è precipitato nella modernità- qualunque cosa ciò possa significare- ha un urgente bisogno di celebrare il proprio senso di fratellanza con i suoi vicini e anche con l’intera realtà.”

“Una celebrazione non sempre sta a significare salti di gioia canti o danze ma anzi può implicare elementi più interiori e più pacati e reca in se, invariabilmente, la consapevolezza che i nostri atti hanno un significato più profondo e più trascendente di quello che appare, anche se noi possiamo non essere in grado di tradurre questo significato in parole. La celebrazione trasmette un senso di solidarietà cosmica, di fratellanza umana, e spesso di un’associazione con il divino, in virtù della quale tutte le nostre azioni vengono rese liturgiche, significative ed espressive, dando voce a ciò che è ora, e creando ciò che sta per essere”.

“Celebrare significa prendere consapevolezza dei ritmi della vita e solennizzare il loro cadenzato ricorrere.”

“Non esiste celebrazione senza ricorrenza.

“Ciò che si celebra è ciò che continua ad accadere, come la stessa parola celeber suggerisce.”

“Una celebrazione contemporanea dovrebbe essere veramente tale e non un ritorno agli antichi riti o un semplice adattamento ai rituali passati. Non si tratta di imitare i vecchi tempi. Tale imitazione sarebbe artificiosa, autolesionistica e in ogni caso impossibile. Una liturgia contemporanea deve essere spontanea creativa e autentica. Non la si può pianificare, ne forzare. Essa semplicemente nasce quando i tempi sono maturi.”

“La preghiera sarebbe pressoché nulla o semplicemente l’espressione dei nostri desideri rivolti a un ente più potente, se non consistesse in questo assumere, comprendere, persino diventare l’intera realtà; è una ricapitolazione, un riassumere tutto ciò che è nella mente e nel cuore, e anche nel corpo del devoto. La preghiera è partecipazione alla sistole e alla diastole dell’intero universo.”

tratto da R. Panikkar, I Veda Mantramanjari, Bur Rizzoli, 2018

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