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Istruiti per la guerra? (Valeria Poletti)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Tra i nuovi paradigmi dell’apprendimento, insieme all’educazione digitale e all’esperienza diretta inambito lavorativo, si sta inserendo l’istruzione militare come materia semi-curriculare el’addestramento volontario in caserma come appendice al percorso di formazione degli studenti.

Il 27 marzo 2019, la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di Legge riguardo ad un “progetto sperimentale per la realizzazione di percorsi formativi in ambito militare per i cittadini di età compresa tra diciotto e ventidue anni”. È stato votato da una maggioranza mai vista: 453 voti a favore, 10 contrari e sei astenuti.

«Scopo dell’iniziativa è quello di offrire alle giovani generazioni l’opportunità di conoscere direttamente, attraverso un periodo di permanenza (non retribuito, nda) di almeno sei mesi nelle Forze armate, i valori, la disciplina, la storia e la specificità dell’ordinamento militare, non solo ai fini di un arricchimento personale ma anche in vista del conseguimento di determinati benefici che la medesima proposta di legge collega allo svolgimento, con esito positivo, del percorso formativo svolto in ambito militare».

L’idea non è nuova.

«Le disposizioni sull’istruzione premilitare, rappresentano un altissimo riconoscimento all’attività svolta sino ad oggi dalla M. V. S. N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, nda), dai Fasci giovanili di combattimento, dall’0. N. B.4 (Opera Nazionale Balilla, nda). Lo Stato, affida a questi Istituti l’onore e onere della premilitare, che vuol essere non solo conoscenza dei comandi e delle armi ma educazione perfetta e totalitaria di tutta la gioventù italiana dagli 8 ai 21
anni. (…) Sin dal 1924 l’istruzione premilitare fu affidata alla Milizia, ma solo a titolo di esperimento; susseguentemente, e cioè nel 1926, visti gli ottimi risultati ottenuti, le venne assegnata in via definitiva. Compito arduo e difficile, poiché la frequenza ai corsi era allora volontaria e la Milizia non disponeva che di scarsi mezzi. (…) La legge dà ora all’istruzione uno sviluppo ampio e completo, creando speciali corsi affidati alla Milizia con il concorso di quadri e mezzi delle Forze Armate e con l’aiuto di Enti statali e parastatali. (…) Parallelamente allo sviluppo fisico-psichico e professionale del giovane, nelle varie fasi dagli 8 ai 21 anni, viene stabilito l’obbligo della cultura militare nelle scuole medie ed universitarie». Così argomentava l’onorevole Volpe durante la seduta della Camera 20 dicembre 1934 nella quale, su invito dell’onorevole Storace, il disegno di legge veniva approvato per acclamazione.

In epoca fascista l’esercizio delle armi doveva assumere un tratto eroico, come pure nella retorica nazional-patriottica del primo e secondo dopoguerra. Nella democrazia attuale deve evocare avventura e autocompiacimento. Ma lo scopo è rimasto identico: formare i giovani all’etica militare, promuovere l’ideologia nazionalista, costruire sinergie civile-militare-industriale, standardizzare la percezione delle minacce alla sicurezza e legittimare uno stato di mobilitazione permanente, sviluppare competenze adatte alla guerra globale.

30 dicembre 2022, Valeria Poletti

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