La tenerezza, chissà perché, mette a disagio!
Probabilmente perché evoca l’infanzia, il bisogno, l’affettuoso rapportarsi con gli altri, la madre.
La tenerezza secondo il patriarcato appartiene solo alle donne: sono loro che servono, che accudiscono, che abbracciano, che accarezzano, che tengono la mano ai morenti, che consolano i bambini.
Spesso si dice che una casa senza una donna non funziona. Di solito si intende che non c’è nessuno che metta in ordine o che non c’è nessuno che si prenda cura, che si dia a fare a mantenere l’armonia.
Una donna che avanzi le sue istanze, che esiga una condivisione dei compiti e delle responsabilità, che pretenda di essere amata e stimata per quello che è e non solo per quello che fa, suscita sempre critiche o comunque reazioni forti. Si dice che il suo compito è appunto la “tenerezza” accogliente, costi pure la rinuncia ad essere sè stessa.
Perché gli uomini non possono essere teneri?
Non è raro, che mariti, figli, suoceri, generi sappiano essere teneri e accoglienti: il loro modello educativo però, li rende spesso titubanti, quasi vergognosi, come se la loro bontà fosse un abbassamento, come se stessero tradendo l’immagine che li definisce da sempre.
Non sente forse l’uomo il bisogno di esprimere la sua dolcezza? Non sente l’amore che lo spinge a prendersi cura di chi gli sta accanto? Di che ha paura? Del giudizio altrui? O è semplicemente incapace di esprimere emozioni? O è potentemente influenzato da un pensiero atavico che lega il corpo alle donne e la mente/lo spirito all’uomo? O è inconsciamente condizionato, anche se non credente, da una cultura religiosa (di ogni religione!) che legge i testi sacri in funzione maschilista?
Il concetto di “debolezza” che depotenzia il valore del servizio, nasce infatti da una visione riduttiva risalente all’Eden: il maschio domina, la donna serve. Che gabbia atroce il patriarcato!
Si capisce dunque il senso del continuo sottolineare il dono femminile della tenerezza come esclusivo! Per definirne il limite, per rinchiudere la donna dentro una casa, dentro una famiglia, dentro un concetto di proprietà.
La donna che non rispetta quel ruolo merita critiche, esclusione e perfino morte!
Dunque quando si parla di doni tipicamente femminili, di genio femminile, di madri misericordiose, in realtà si esaltano due prigionie, maschile e femminile, che rendono la vita meno umana e assolutamente infelice.
don Paolo Zambaldi