lunedì, Novembre 18, 2024

La Corte Suprema israeliana ha respinto il ricorso per impedire la demolizione di due scuole nel Masafer Yatta (BDS Italia)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

La petizione era stata presentata per evitare la demolizione di due scuole e altre 32 strutture, tra cui una clinica, nel Masafer Yatta.

di Yumna Patel – Mondoweiss

La Corte Suprema israeliana ha respinto una petizione in opposizione alla demolizione di due scuole e decine di altre strutture nel Masafer Yatta, nel sud della Cisgiordania occupata, lasciando le strutture a rischio imminente di demolizione.

La petizione era stata depositata per proteggere dalla demolizione due scuole e altre 32 strutture, tra cui una clinica, nei villaggi di Khirbet al-Fakheet e Jinba, situati nel cuore di quella che Israela ha dichiarato zona di addestramento militare nel Masafer Yatta. Khirbet al-Fakheet e Jinba sono due degli otto villaggi citati in una sentenza della Corte Suprema israeliana di maggio nella quale si è stabilito che l’area può essere utilizzata come Firing zone (zona di tiro), dando il via libera all’esercito israeliano alla demolizione ed espulsione delle otto comunità.

Per più di 20 anni i residenti hanno resististo al tentativo dell’esercito israeliano di espellerli dalle loro case, adducendo a pretesto il fatto che vivevano “illegalmente” in una zona di tiro. Le comunità del Masafer Yatta fanno risalire la loro presenza nell’area a decenni prima che questa venisse dichiarata zona di addestramento militare negli anni ’80. La decisione di maggio ha aperto la strada allo sfollamento forzato di circa 1.300 palestinesi e alla demolizione di quasi 900 strutture, tra cui case, recinti per il bestiame, scuole, cliniche, moschee, cisterne d’acqua e latrine.

Dopo la decisione di maggio, gli avvocati che rappresentano i residenti di Masafer Yatta hanno presentato diversi ricorsi contro la demolizione di alcune strutture nella Firing Zone. Uno di questi appelli è stato respinto domenica, ponendo le due scuole di Khirbet al-Fakheet e Jinba a rischio imminente di demolizione.

Queste scuole sono due dei quattro istituti scolastici di Masafer Yatta che ospitano centinaia di bambini delle aree circostanti dalle elementari fino alle superiori. Mondoweiss si è recata a Khirbet al-Fakheet a luglio per visitare le comunità. Majda Abu Sabha, che vive a pochi metri dalla scuola, ha raccontato che le forze israeliane hanno demolito la sua casa tre volte dall’inizio dell’anno. “Non li stiamo disturbando [Israele], questa è la nostra casa. Dove dovremmo andare?” Ha chiesto Abu Sabha in quell’occasione. “Non abbiamo alternative a questo posto. Siamo costantemente minacciati. In qualsiasi momento possono venire a prendere le nostre case. Dove andremo?”.

L’avvocato israeliano per i diritti umani Netta Amar-Shiff, che rappresenta i residenti di Masafer Yatta e ha presentato la petizione che è stata respinta domenica, ha dichiarato a Mondoweiss che dopo la sentenza della Corte Suprema di maggio, le forze israeliane hanno intensificato le demolizioni nella Firing Zone.

“Questi precedenti hanno dimostrato l’intenzione di espellere con la forza i villaggi attraverso le demolizioni, piuttosto che rischiare le critiche internazionali sgomberando personalmente le persone”, ha detto Amar-Shiff.

Dopo il respingimento del ricorso da parte della Corte, avvenuto domenica, i residenti hanno dichiarato a Mondoweiss di temere che non sarà l’ultima volta.”Dopo la decisione di ieri, ci saranno altre decisioni e rifiuti dei nostri appelli”, ha dichiarato a Mondoweiss Sami Hureini, attivista locale e residente di Masafer Yatta, avvertendo che le demolizioni potrebbero avvenire “in qualsiasi momento”.

Hureini ha sollecitato l’intervento della comunità internazionale, affermando che “ciò che sta accadendo nel Masafer Yatta è un crimine di guerra e tutto il mondo dovrebbe prestare attenzione”.

“Abbiamo bisogno di un’azione urgente per proteggere la popolazione del Masafer Yatta dall’espulsione dalle nostre case. Abbiamo bisogno di un’azione reale da parte della comunità internazionale, e ne abbiamo bisogno ora”, ha detto. “Il tempo sta per scadere”.

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