Aggrapparsi alle vecchie forme per lui non è più un’opzione praticabile. In un’intervista il decano della città di Francoforte, Johannes zu Eltz, parla di come la Chiesa in Germania può cambiare e dove deve farlo con urgenza.
Il decano della città cattolica di Francoforte, Johannes zu Eltz, è uno degli oltre 230 partecipanti alla prima assemblea plenaria del Cammino sinodale di Francoforte. Questo dialogo sulla riforma è una “ultima grande opportunità per la Chiesa cattolica in Germania”, ha detto il sacerdote sessantaduenne in un’intervista all’agenzia di stampa cattolica. Zu Eltz, che è anche membro del capitolo del duomo di Limburgo e parroco della parrocchia del duomo di Francoforte , è una delle voci riformiste della Chiesa.
Domanda: Signor decano, al momento i paroloni sembrano essere in voga quando si parla di possibili sconvolgimenti nella Chiesa cattolica. I vescovi tedeschi parlano di una “svolta epocale” o di un “cambiamento di forma” della Chiesa. Che cosa significa, secondo lei, il Sinodo?
Zu Eltz: Di solito non mi piace affatto il pathos. Ma qui è giustificato. Credo che per la Chiesa come la conosco e come la amo, questa sia l’ultima grande occasione per arrivare dove vuole arrivare attraverso riforme auto-dirette. Sarebbe una Chiesa popolare moderna, che, essendo parte di una società libera, si muoverebbe con fiducia al passo con i tempi, in modo da poter portare il suo messaggio senza tempo alla gente. Le opportunità che si presentano nel processo sinodale per questo cambiamento di forma devono essere coraggiosamente colte e realizzate.
Domanda: Alcuni dicono che la Chiesa cattolica non ha bisogno di reinventarsi, ha la promessa di Dio che non perirà mai finché esisterà la terra.
Zu Eltz: Sì, certo. E’ garantita la sua sopravvivenza. Ma la garanzia che Gesù ha dato alla Chiesa non vale per la sua posizione nella storia. Perciò essa deve continuamente riadattarsi.
Domanda: Sono stati criticati gli statuti del Cammino sinodale, che alla fine lasciano ai singoli vescovi la realizzazione dei risultati della consultazione nelle loro diocesi. Come vede questa decisione?
Zu Eltz: Nessuna critica! Senza tale clausola non ci sarebbe stata alcuna via sinodale. Chi vorrebbe un’applicazione delle decisioni prese a maggioranza nella Conferenza episcopale tedesca, contro la volontà dei singoli vescovi locali?
Domanda: Come potrebbero allora i vescovi attuare i risultati delle consultazioni sinodali che coinvolgono anche i laici?
Zu Eltz: Semplicemente iniziando dalla propria diocesi. E chiedendo a Roma senza mezzi termini ciò che Roma deve decidere. Più i vescovi lo fanno, e più esprimono con forza le loro convinzioni, maggiori sono le possibilità. L’esperienza dice che attraverso riforme moderate, la Chiesa nelle diocesi non si disgrega, ma al contrario prende slancio e può col tempo incoraggiare anche vescovi scettici o contrari. In ogni caso, i fedeli lo faranno. Quando vedranno che la Chiesa nella diocesi vicina sta andando meglio, andranno dal loro vescovo e diranno: “Venite, anche noi possiamo farlo”. Forza, andiamo”.
Domanda: Che ruolo avrebbe il Papa in tutto questo?
Zu Eltz: Credo che lo sappia già. Egli deve trovare le differenze e permettere che nella Chiesa universale ci siano regole diverse, che tengano conto delle rispettive culture.
Domanda: Cosa potrebbe fare concretamente Francesco?
Zu Eltz: Rendere rapidamente possibile il diaconato per le donne del Nord e dell’Ovest del mondo. Dove l’uguaglianza dei sessi è un’esigenza generale di giustizia, altrimenti la Chiesa crollerà.
Domanda: Quindi il Papa non prenderebbe una decisione per tutta la Chiesa, ma renderebbe possibile un modo specificamente tedesco?
Zu Eltz: No, meglio non dire “specificamente tedesco”. Le chiese nazionali non sono la strada verso il futuro. Bisogna pensare in ambito culturale. Il Papa potrebbe concedere alle Conferenze episcopali la competenza in queste questioni in gruppi di Paesi o subcontinenti.
Domanda: Il vescovo del Limburgo Georg Bätzing ha difeso dalle critiche il dialogo sulle riforme, posto nel Cammino sinodale, dicendo che esso non è “una ribellione” preparata da tempo dalle forze liberali, con l’obiettivo di far passare finalmente i cambiamenti tanto attesi e persino di accettare una secessione dalla Chiesa cattolica mondiale”. Come si può preservare l’unità della Chiesa dal suo punto di vista?
Zu Eltz: Il vescovo Georg ha assolutamente ragione. Non si deve permettere a nessuno di sottovalutare il tema dell’unità che sta a cuore a tutti i cattolici. Ma credo che aggrapparsi alle forme e agli stili del XIX secolo, renderebbe irreversibile la divisione che esiste da tempo. Questa insistenza reazionaria, che a prima vista appare come fedeltà alla fede, sta spingendo la gente fuori dalla Chiesa in massa. Non c’è altro modo di esprimere la protesta contro la rigidità e la mancanza di vita della Chiesa, se non quello di trovare una via d’uscita. I credenti “scappati” non torneranno quando le riforme ci saranno imposte dal crollo totale della Chiesa, quelle stesse riforme che ora abbiamo troppa paura di realizzare, pur avendo ancora la libertà e il tempo dalla nostra parte. Abbiamo questa possibilità solo oggi!
Domanda: Nel dialogo sulle riforme all’interno del Cammino sinodale, il forum “Donne nei ministeri e negli uffici della Chiesa” è, secondo Bätzing, la questione più urgente. Anche lei la vede in questo modo?
Zu Eltz: Sì. Il vescovo Georg si è posizionato qui in modo moderato ma chiaro e ha posto la questione delle donne come la più importante questione di giustizia. Sono d’accordo. Sono circondato da meravigliose donne cattoliche i cui legami con la Chiesa sono diventati così problematici che non ci vuole molto perché se ne vadano definitivamente. Sono donne che sono state fedeli alla chiesa per tutta la vita. Esse amano la Chiesa , soffrono per la loro esclusione, e noi dobbiamo ascoltarle.
Di Norbert Demuth (KNA), Katolisch.de, 24.01.2020
(liberamente tradotto da don Paolo Zambaldi)