venerdì, Aprile 19, 2024

La guerra, la pace e il futuro (R. Panikkar)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Se l’umanità non vuole autodistruggersi, deve operare un cambiamento di civiltà.

Proprio i momenti che abbiamo vissuto nel cuore devastato di quel “ground zero”, richiedono una inedita magnanimità, per dirla con Marco Aurelio. Occorre un’anima veramente grande, come quella di Gandhi, per affrontare con serenità ed equanimità lo spaventoso inizio di questo millennio.

Fu proprio il “Mahatma” che, dopo aver praticato e incoraggiato per trent’anni la nonviolenza dei deboli, cominciò a parlare dell”“ahimsa” dei potenti. Usare violenza contro la violenza, e terrorismo contro terrorismo, serve solo a raddoppiare la spirale di morte.

“Le armi potenti non vincono”, dice il “Tao Te King”, “ma sono strumenti di disgrazia, perché le cosiddette vittorie portano alle vere sconfitte”.

Dobbiamo riconoscere che forse mai prima d’ora le Beatitudini sono apparse come consigli di “realpolitik”, più che come consolazioni in vista di un’altra vita o come consigli evangelici per una “élite”.

Dopo sei millenni di esperienza storica appare evidente che senza mutamento della scala di valori l’umanità non potrà sopravvivere. “Se prima avevamo l’opzione tra violenza e non-violenza, ora l’unica opzione è tra non-violenza e non-esistenza”, disse Gandhi nel 1945, dopo lo sconvolgente cambio di paradigma della bomba atomica su Hiroshima.


È indispensabile passare da una cultura di guerra ad una cultura di pace, è necessario giungere a una ri-con ciliazione, ossia alla convocazione di un concilio, che permetta il dialogo tra le culture e il riconoscimento re ciproco»

Luise R., Raimon Panikkar. Profeta del dopodomani, San Paolo, 2011, pag. 123-124.

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