“Questo avvicinamento [alle masse], che non può essere fatto per mezzo della comunicazione, si fa attraverso i “comunicati”, attraverso il deposito dei miti indispensabili a mantenere lo status quo.
Il mito, per esempio, che l’ordine oppressivo è un ordine liberatore. Che tutti sono liberi di lavorare dove vogliono. Se il padrone non è gradito, lo possono lasciare e trovare un altro impiego.
Il mito che questo “ordine” rispetta i diritti della persona umana, e che quindi è degno di rispetto.
Il mito che tutti, purché non siano pigri, possono arrivare a essere dirigenti di impresa; soprattutto il mito che l’uomo, che vende per le strade gridando “marmellata di banana e goiaba!”, è proprietario, come il padrone di una grande fabbrica.
Il mito del diritto di tutti all’educazione, quando è irrisorio il numero dei brasiliani che riescono a frequentare le scuole elementari, e ancora più irrisorio il numero di coloro che riescono a restarci.
Il mito dell’uguaglianza di tutti, quando “ma lei lo sa con chi sta parlando?” è una domanda ancora attuale.
Il mito dell’eroismo delle classi oppressive, in quanto mantengono l’ordine che incarna “la civiltà occidentale e cristiana” che esse difendono dalla “barbarie materialista”.
Il mito della loro carità e generosità, mentre come classe sono capaci solo di assistenzialismo, che si sdoppia nel mito dei falsi aiuti, e che ha meritato, sul piano internazionale, un fermo ammonimento di Giovanni XXIII.
Il mito che le élite dominanti “nel riconoscimento dei loro doveri” promuovono il popolo, e che questo deve, in un gesto di gratitudine, accettare la loro parola e adattarcisi.
Il mito che la ribellione del popolo è un peccato contro Dio.
Il mito della proprietà privata come fondamento dello sviluppo della persona umana (purché le persone umane siano solo gli oppressori…).
Il mito dell’operosità degli oppressori e della pigrizia e disonestà degli oppressi.
Il mito dell’inferiorità “ontologica” di questi e della superiorità di quelli.
Tutti questi miti e altri ancora, che il lettore potrà aggiungere, e che introdotti nelle masse popolari divengono fondamentali per conquistarle, sono portati fino alle masse dalla propaganda bene organizzata, dagli slogan, di cui sono veicolo i cosiddetti “mezzi di comunicazione di massa”.
Come se il deposito di questi contenuti alienanti fosse realmente comunicazione.”
(Paulo Freire – La pedagogia degli oppressi)