venerdì, Novembre 22, 2024

Sempre più poveri nel paese dei ricchi e dei «resilienti» (Roberto Ciccarelli)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Botta di classe. Esplodono le disuguaglianze. Prima del Covid 500 mila possedevano il 22% della ricchezza mentre 25 milioni hanno subito il calo più forte del reddito dagli anni ’90. Oggi ci sono già 1 milione di poveri e 950 mila senza lavoro in più. Il «Recovery» parla di 750 mila posti solo nel 2026

La »ripresa», quando ci sarà, non sarà «resiliente» ma diseguale. Non siamo tutti nella stessa barca perché già viviamo in uno dei paesi più diseguali d’Europa. Il discorso salvifico sul «Recovery Plan» gestito dal suo profeta Mario Draghi è costruito su un’illusione: la pandemia finirà e la crescita sarà come la gara dei cento metri dove si parte tutti dallo stesso punto. No, non si parte dallo stesso punto. E, basta vedere i dati economici e sociali dopo 14 mesi di Covid, non si correrà nemmeno alla stessa velocità. I vincitori già si conoscono. I perdenti di una corsa falsata che non cambia la distribuzione della ricchezza rischiano di essere molti di più di prima.

GLI ECONOMISTI Paolo Acciari, Facundo Alvarado, Salvatore Morelli hanno pubblicato sul portale Vox-Cepr Policy uno studio dove si dimostra che, tra il 1995 e il 2016, circa 25 milioni italiani hanno sperimentato il più forte declino del reddito rispetto a Francia e Germania, mentre i 500 mila più ricchi (il famoso 1%) hanno aumentato la loro ricchezza dal 16% al 22% Tra questi ultimi c’è una super élite di capitalisti composta da 5 mila persone, lo 0,01% della popolazione, che hanno triplicato la loro ricchezza, passando dall’1,8% al 5%. Considerato in milioni il divario fa ancora più impressione. Lo 0,1% più ricco ha visto raddoppiare la ricchezza netta media reale da 7,6 milioni di euro a 15,8 milioni di euro con i prezzi del 2016. Al contrario, il 50% più povero controllava l’11,7% della ricchezza totale nel 1995, e il 3,5% nel 2016. Ciò corrisponde a un calo dell’80% della sua ricchezza netta media da 27 mila euro a 7 mila euro, calcolati con i prezzi del 2016. Dunque: tanto più cresce la ricchezza dei rentier, tanto più diminuisce quella di chi stenta in basso alla piramide sociale capitalista. A partire dall’analisi condotta sui dati contenuti nei registri dell’imposta di successione, gli autori della ricerca sostengono che il capitale dei più ricchi è concentrato nelle attività finanziarie e aziendali, mentre gli adulti più poveri detengono la maggior parte della loro ricchezza lorda in conti correnti, oggetti di valore ed è investita anche in una quota importante di debito nazionale. In un paese come l’Italia chi si trova in mezzo alla spaventosa forbice della diseguaglianza, ha concentrato la ricchezza nei beni immobili: la casa di proprietà.

NEL PIANO NAZIONALE di ripresa e resilienza (Pnrr) è forse preannunciata una riforma perlomeno per riequilibrare questa tendenza storica? Così non sembra. Il governo ha annunciato «un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale sul lavoro» preservando la progressività. Avverrà «gradualmente», forse a partire dal 2022. Nonostante le suggestioni che arrivano dagli Stati Uniti dove Biden vuole aumentare l’aliquota dell’imposta sulle aziende multinazionali al 28% dall’attuale tasso del 21% non è chiaro se esiste la possibilità di legare la transizione ecologica alla giustizia fiscale.

IL PNRR RAGIONA a partire da una singolare asincronia. Mentre prospetta i primi effetti degli investimenti da oltre 248 miliardi a partire dal 2024 e il 2026, poco o nulla dice sulle conseguenze già prodotte dalla crisi socio-economica innescata nel primo anno della pandemia. Nel…2026 il «Recovery» prospetta «nuovi» 750 mila posti di lavoro. Solo nel 2020 ne sono stati persi però 950 mila. Se una crescita dunque arriverà, sarà selettiva e, in più, avverrà con le regole del Jobs Act. Sarà cioè funestata da un precariato più feroce.

DAL 26 APRILE sono stati riaperti negozi e ristoranti, sempre che non saranno richiusi tra un mese, toccherà vedere quante famiglie potranno permettersi di comprare merci e servizi. Nella terza edizione dell’Indagine straordinaria sulle famiglie italiane di Bankitalia pubblicata a marzo, a fine 2020 poco meno di un terzo delle famiglie pensava di ridurre i consumi per alimentari, abbigliamento, calzature, beni e servizi per la casa nel 2021. Le chiusure hanno imposto una drastica riduzione dei consumi. Tuttavia questo dato dimostra che non tutti torneranno a spendere come prima. All’inizio della pandemia più del 40% versava in condizioni di povertà finanziaria e non disponeva di risparmi per resistere più di tre mesi. Secondo le stime dell’economista Salvatore Morelli circa 20 milioni di persone avevano allora a disposizione un risparmio medio di circa mille euro Addirittura per 10 milioni il risparmio non superava circa 300 euro. L’Italia non è più un paese di risparmiatori.

E POI C’È LA POVERTÀ assoluta. Per l’Istat ha colpito un milione di persone in più nel 2020. In molti casi riguarda i lavoratori poveri, precari e autonomi, il cui ritratto corrisponde a quello della ricerca di Bankitalia. Il Welfare dell’emergenza fatto di bonus corporativi e temporanei non è bastato. E, nonostante l’estensione della cassa integrazione, i salari hanno già perso oltre 40 miliardi (Eurostat), Quando si dice «resilienza» ci si vuole adattare alle diseguaglianze di fondo riproducendo il sistema che ha reso più poveri i poveri.

Roberto Ciccarelli, il manifesto, 04.05.2021

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