lunedì, Novembre 18, 2024

Coraggio chiama coraggio (E. Green)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

L’emorroissa, toccando e parlando, ottiene la guarigione e la salvezza…

«Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, la quale, pur avendo speso tutti i suoi beni per i medici, non aveva potuto essere guarita da nessuno, gli si avvicinò da dietro, gli toccò il lembo del mantello e immediatamente l’emorragia si arrestò. Gesù disse: “Chi mi ha toccato?”. Tutti negavano. Pietro allora disse: “Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia”. Ma Gesù disse: “Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me”. Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, tremante, venne e si gettò ai suoi piedi e dichiarò davanti a tutto il popolo per quale motivo l’aveva toccato e come era stata guarita all’istante. Egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace!”» (Lc 8,43-48)

La donna col flusso di sangue ha sempre destato molto interesse tra le studiose del Nuovo Testamento. Non solo perché la sua guarigione è sempre messa accanto a quella di un’altra donna, la figlia di Giairo, ma anche perché sembra che sia proprio il tocco della donna a mettere in moto la sua guarigione. Infatti, da questo episodio nasce l’idea di energia-in-relazione così importante per una parte del pensiero teologico delle donne. L’interesse delle studiose, però, non si è concentrato tanto sul testo di Luca quanto su quello di Marco al quale verosimilmente Luca attinge. Vediamo subito, dunque, come Luca modifica il racconto di Marco, omettendo due frasi importanti. La prima spiega il gesto della donna entrando nei suoi pensieri: «se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata» (Mc 5,28).

La seconda descrive la conseguenza della sua azione. Mentre Luca si limita a scrivere «l’emorragia si arrestò», Marco precisa che la donna «sentì nel suo corpo che era guarita dal male» (Mc 5,29). In ambedue i casi Luca elimina la soggettività e consapevolezza della donna.

Uscire dall’ombra

È ben noto che Luca mostra un certo interesse per le donne che Gesù incontrò. Anche la storia della donna col flusso di sangue è collocata in un contesto ricco di figure femminili (la vedova di Nain, la donna che unge Gesù in casa di Simone, le donne che accompagnavano i discepoli, la madre di Gesù). Ci domandiamo: qual è il gesto coraggioso di questa donna? Il brano ci dà due risposte, una all’inizio e l’altra alla fine. Per comprendere l’accaduto, bisogna sapere che per la cultura giudaica dell’epoca un flusso di sangue così insolito e prolungato nel tempo rendeva la donna ritualmente impura. Non si trattava della normale perdita di sangue mensile ma di una perdita che richiedeva alla sua cessazione una quarantena di ben sette giorni. Per tutto il tempo del flusso la donna era considerata impura e rendeva impuro tutto ciò che toccava (Lev 15,25-30). Per evitare di essere fonte di contaminazione, possiamo ben immaginare che la donna restasse appartata e nascosta, mentre la sua forza vitale l’abbandonava goccia a goccia. Quante donne vivono tuttora così, dietro porte chiuse, private giorno dopo giorno delle loro risorse più preziose!

A un certo momento, però, qualcosa in lei è scattato. Il suo malessere è talmente forte che è pronta a sfidare il disprezzo sociale e religioso pur di toccare il lembo del mantello di Gesù. Per raggiungere la fonte di guarigione e toccarla la donna si mescola nella folla, la supera e si avvicina a Gesù di nascosto: «da dietro gli toccò il lembo del mantello e immediatamente l’emorragia si arrestò» (Lc 8,44). È il primo gesto coraggioso della donna. Fin qui il suo coraggio è stato assolutamente necessario ma non sufficiente.

Dichiararsi al popolo

Gesù, sentendo «che una forza era uscita da lui», ha tratto la conclusione che qualcuno lo ha toccato.

Tutti negano. Anche la donna vorrebbe rimanere anonima, svincolarsi da Gesù, sgattaiolare tra la folla e fare perdere le sue tracce. Gesù, però, insiste e la donna si rende conto che non può più rimanere nascosta. È arrivato il momento di compiere il secondo gesto di coraggio, farsi avanti e parlare. Bisogna dare parola al suo gesto, rivelarsi, spiegare per filo e per segno il suo piccolo dramma in tre atti; un flusso di sangue che la affliggeva da dodici anni; l’aver infranto le regole pur di toccare Gesù; l’essere stata guarita all’istante.

Se Luca ha omesso le frasi che descrivono l’agire autonomo della donna, che cosa mette, invece, in evidenza? Che la donna «vedendo che non poteva rimanere nascosta» si fa avanti e «dichiarò davanti a tutto il popolo» il perché del suo gesto. Notiamo subito che “la folla” è diventato “il popolo,” parola che Luca utilizza per riferirsi innanzitutto a Israele! Se Marco mette in evidenza il coraggio della donna di pensare, decidere, agire, Luca sottolinea il suo coraggio di parlare. In altre parole, Luca ha trasformato la donna col flusso di sangue in una testimone del vangelo. Non solo sta facendo di lei una figura pubblica, ma la sta anche riconciliando con il proprio coraggio! Si potrebbe dire che la donna fa il proprio coming out davanti a tutto il popolo!

Lo fa senza sapere come Gesù avrebbe reagito. La avrebbe redarguita? L’avrebbe umiliata davanti a tutti? Ritenendosi contaminato, le avrebbe ritirato la sua forza facendola diventare ancora una volta abietta? È un rischio che la donna deve correre. Così, tremante di paura, trova il coraggio di presentarsi davanti a Gesù ad annunciare a tutto il popolo ciò che aveva fatto e ciò che in lei era avvenuto. Alla fine del racconto Luca colloca la donna al centro della scena, recuperando quanto aveva perso all’inizio.

Venire alla luce

Come comprendere il coraggio di questa donna? Luca stesso ci suggerisce una risposta. Poco prima aveva scritto che non si accende una lampada per coprirla con un vaso o nasconderla sotto un letto. «Non c’è nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce» (8,17). Per dodici anni la luce della donna si era andata spegnendo un po’ alla volta, diminuendo col sangue che fuoriusciva dal suo corpo. Sempre più esangue, si trascinava da una stanza all’altra nascondendosi, vergognandosi, paurosa.

Ma come un po’ alla volta si era nascosta, così un po’ alla volta viene alla luce. Si fa strada tra la gente, ma è attenta a rimanere nell’ombra e a non farsi scoprire. Nonostante tutti i divieti, raggiunge Gesù e tocca la sua veste. Compie il suo primo gesto coraggioso. Ma non basta, il Signore vuole che vinca del tutto la sua paura, che si faccia carico della sua azione, che si dichiari «davanti a tutto il popolo». È il secondo gesto coraggioso della donna che le permette, questa volta sì, di andare in pace. Sorelle mie e compagne di percorso, ci siamo nascoste per troppo tempo! Non possiamo vincere impedimenti atavici, toccare con mano la forza di Gesù, trarne beneficio e poi rimanere nascoste! Il coraggio del primo gesto richiama il coraggio del secondo. Coraggio di venire alla luce, di parlare, di predicare, di annunciare, di rendere testimonianza del vangelo davanti a tutto il popolo – come dirà Luca in seguito – «fino alle estremità della terra» (At 1,8)

Elizabeth Green, www.messaggerocappuccino.it

Immagine: Opera di Elvis Spadoni esposta nella mostra “Lo spazio del Sacro” ospitata dal 17 febbraio al 10 marzo 2018 nell’ex chiesa della S. Trinità in via Milite Ignoto a Cuorgnè.

http://www.messaggerocappuccino.it/images/pdf/2020/MC052020.pdf

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