Da non crederci! Domani esce un docufilm dal titolo “Francesco“ e, durante la proiezione dell’anteprima al Festival del cinema di Roma, si scopre che ha detto sì alle unioni civili.
Precisiamo: si tratta appunto di un docufilm. E’ un’opera di Evgeny Afineevsky, regista e produttore di origine Russa, che vive negli Stati Uniti. La “dichiarazione” non ha quindi nulla di ufficiale. Si tratta di una di quelle battute a cui papa Francesco ci ha abituati per dirci come la pensa.
Solo che, a forza di battute, va a finire che si cambia la Chiesa. E se cambia la Chiesa, va a finire che cambia anche il mondo e viceversa.
Vediamo un po’ questa battuta:
“Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”
Delicato ma preciso: non “hanno diritto di essere famiglia”. Sarebbe troppo, dopo che, per anni, anche nel suo pontificato, si è ripetuto da tutte le parti che le unioni tra persone dello stesso sesso non hanno nulla in comune con la famiglia. Il “diritto di essere in una famiglia” significa semplicemente che non è lecito cacciare di casa un figlio omosessuale. Il che è già tanto in molte parti del mondo cattolico.
Tuttavia, la frase “dobbiamo creare una legge sulle unioni civili” è inequivocabile. Significa che, seppure per la Chiesa è difficile, gli Stati devono riconoscere le unioni stabili tra persone dello stesso sesso. Modello italiano? Modello tedesco? Non importa. Significa che, dal punto di vista del diritto, le coppie omosessuali devono essere trattate alla stessa stregua di qualunque famiglia.
Non è una novità, anche se occorre precisare che Fracesco è stato sempre molto altalenante sulla questione omosessuale. Più volte ha accettato l’esistenza di una “ideologia del gender” e ne ha parlato come del male assoluto:
“Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina”. (Amoris Laetitia 56)
In varie occasioni ne ha parlato come di “colonizzazione ideologica”, di teoria e prassi “contro le cose naturali“. Ma non ha mancato di ricevere persone transessuali e di confrontarsi con loro – il che, per un prete di ottant’anni passati, non è poco. Nel viaggio di ritorno dal Caucaso, interrogato in proposito, raccontò proprio questo:
“L’anno scorso ho ricevuto la lettera di uno spagnolo che mi raccontava la sua storia. Ha sofferto tanto perché lui si sentiva un ragazzo ma era fisicamente una ragazza. Ha raccontato alla mamma che avrebbe voluto operarsi e lei gli ha chiesto di non farlo finché era viva. Quando è morta, lui si è fatto l’intervento. È andato dal vescovo, che lo ha accompagnato tanto, era un bravo vescovo. Poi ha cambiato la sua identità civile, si è sposato e mi ha scritto che per lui sarebbe stata una consolazione venire da me con la sua sposa. Lui che era lei ma è lui. Li ho ricevuti, erano contenti. Capito? La vita è vita, le cose si devono prendere come vengono. Bisogna accogliere, accompagnare, studiare, discernere e integrare. È un problema umano, e si deve risolvere come si può, sempre con la misericordia di Dio”.
Celebre è la battuta “se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”, che tanti hanno tentato di stirare di qua e di là ma era chiarissima, nella sua informalità. Un’informalità pungente e astuta perché cita la stessa lettera ai Romani che viene sempre utilizzata dai tradizionalisti per sacralizzare l’omofobia. Pochi sanno, purtroppo, che, subito dopo i famosi versetti su chi abbandona la propria natura per seguire passioni infami – il che è comunque tutto da decifrare – c’è proprio scritto così:
“chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose”. (Rm 2,1)
Più ufficialmente, nella stessa Amoris Laetitia, è andato oltre:
“Desideriamo innanzi tutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione”. (AL 250)
Altro passo astuto: si cita un capoverso del Catechismo omettendo quello immediatamente successivo. Come dire che è quello che conta. Il resto è destinato a cadere in desuetudine.
Recentemente, dando udienza ai rappresentanti de La Tenda di Gionata – cosa già del tutto sorprendente – ha ripetuto il concetto: “Il Papa ama i vostri figli così come sono. E anche la Chiesa li deve amare”.
Ora veniamo a sapere cosa pensa delle unioni civili. Non solo: nel docufilm si apprende anche dell’incontro telefonico avuto con gli amici Andrea Rubera e Dario Di Gregorio, i quali gli avevano parlato dei loro tre figli avuti con gestazione per altri. Gli chiedevano – con quel pizzico di provocazione tipica di Andrea – come fare a portare i bimbi in parrocchia, a catechismo, dato il clima imbarazzante che avrebbero probabilmente incontrato. La risposta, ancora una volta, era stata di una chiarezza ancora più imbarazzante:
“i bambini vanno accompagnati in parrocchia superando eventuali pregiudizi e vanno accolti come tutti gli altri”.
Come faranno adesso, i parlamentari sedicenti cattolici, a cercare ancora di rinviare la discussione della legge contro l’omofobia? Ce la faranno di sicuro. Qualche storia, se la inventeranno, come stanno già facendo i più fanatici, teorizzando che il papa è distratto, che è fatto così o che è un eretico che loro non riconoscono come papa (e sapessero quanto gliene importa all’altro miliardo e mezzo di cattolici che, invece, lo riconoscono eccome).
Chissà che il cardinal Bassetti – che tra l’altro si era espresso a sua volta in modo tenuemente favorevole alle stesse unioni civili – avrà la bontà di riconoscere che le ultime maldestre affermazioni sulla legge Zan sono frutto di una distrazione almeno uguale. E chissà che vinca il buon senso: che i rappresentanti dello Stato laico sappiano approvare il ddl usando la propria testa, sapendo che il popolo non ha proprio nulla contro le persone omosessuali. E il papa, da parte sua, neanche.