13 Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. 14 Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. 15 Disse loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. 16 Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. 17 E Gesù gli disse: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
21 Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22 Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”. 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.
Il Vangelo di oggi in realtà si sarebbe fermato al versetto 20… Io ho proseguito la lettura fino al versetto 23 per comprendere meglio il discorso di Gesù.
Il primo è il passo forse più conosciuto del Vangelo perché legittima la nascita della Chiesa e vi pone a capo Pietro (i cui successori sono i Papi) come garante dell’unità e come custode della buona novella.
L’interpretazione di questo passo però, se si ferma alla lettura fino al v.20, vìola il principio che anima tutta la predicazione di Gesù, che è incentrata sull’anti-potere.
Il brano va letto dunque innanzi tutto nella sua interezza!
Infatti dopo l’incoronazione di Pietro, Gesù annuncia la sua morte, una morte disonorevole, una sconfitta clamorosa per chi in lui aveva visto il Messia, l’uomo che avrebbe riscattato il popolo ebraico dal dominio straniero… Gesù invece si dichiara e accetta di essere vittima impotente…
La reazione di Pietro è conseguente a una visione tutta terrena del successo: “Non parlare cosi… Non mostrarti sconfitto… Chi ci seguirà?…”
Ma Gesù, sempre coerente, risponde “Va via Satana!”.
Pietro/Satana e Pietro/pietra di fondazione della Chiesa nello stesso discorso. Potremmo essere confusi!
Ma se leggiamo il passo alla luce dello spirito evangelico e non secondo la carne (che ci spinge al potere) la contraddizione non c’è, a meno di non negare consapevolmente l’esperienza e la Parola di Gesù.
Nei secoli la Chiesa ha tradito l’Evangelo facendo del Papa, un capo, un sovrano assoluto, un potente in grado di legittimare i potenti del mondo, indipendentemente dalle loro intenzioni. Imperatori, re, principi, duci e ducetti…
Nei secoli siamo stati tutti di fronte ai pastori (Papi, vescovi, preti), come sudditi di fronte a un capo. Abbiamo accettato di porre la Chiesa al centro. E non la Chiesa dei credenti in Cristo, ma la Chiesa come potenza capace di influire sugli eventi della storia dell’uomo.
Ma Gesù, nel versetto 23, annuncia la sua sconfitta umana, perché non si confonda il potere del servizio, col potere politico/economico. Perché non si legittimino dipendenze all’interno Popolo di Dio.
Perché Pietro si spaventa? Perché non ha fede. Perché ragiona in termini di potere, di vittoria, di predominio e dunque di prevaricazione. Pietro è come noi. Vorrebbe “sfondare”. E in questo senso la nostra Chiesa ha interpretato bene la successione petrina!!!!
Ma per Gesù, che di fatto è l’interprete accreditato del pensiero di Dio, Pietro (e noi) deve comprendere che la salvezza viene solo attraverso la sconfitta di Gesù… solo un senza-potere, infatti, può testimoniare l’amore!
Da lui sappiamo che Dio sceglie le cose umili e che ciò che conta per il mondo è insignificante ai suoi occhi!
Da questa testimonianza riconosciamo che Gesù è figlio di Dio. Dio parla attraverso la sua vita. E, quando parla di giudizio e condanna (guai a voi… ), il suo discorso non va inteso in senso categorico, da giudice, ma va custodito e usato come guida per la nostra coscienza. (come diceva Padre Ernesto Balducci)
Una guida per interpretare i fatti alla luce del pensiero di Dio.
Ad esempio giudico, se ho capito il pensiero di Dio, le scelte economiche e militari che opprimono e distruggono l’uomo.
Giudico la Chiesa, quando tradisce il tratto fondamentale dell’annuncio che è invito al servizio, alla povertà, alla rinuncia ad ogni prevaricazione e ad ogni dogmatismo.
Ad esempio accetto “la piccolezza” come stile di vita, il rispetto e la comprensione come stile di rapporto, la rinuncia “ai beni” come stile di partecipazione.
Dio infatti, entra nel mondo contestando i sistemi e pone le beatitudini a fondamento di un modo nuovo libero e liberante.
Siamo spesso tentati come Pietro dai nostri giudizi e pregiudizi. Ci sembra impossibile liberarcene. “Si è fatto sempre così…”, “tutti dicono che…”, “e se poi succede…”.
Ma la vita di fede è creativa e la coscienza non è il luogo dell’obbedienza (né al mondo, né a sistemi religiosi) ma è il luogo della mediazione tra la nostra parola e quella di Dio. Tra quello che pensiamo e quello che pensa Dio.
Una mediazione che va fatta senza arroganza.
Con amore!
don Paolo Zambaldi