Attacco sistematico a sindacalisti e difensori dei diritti umani. Preoccupazione per l’entrata in vigore del nuovo codice penale
Il nuovo rapporto della Rete contro la violenza antisindacale mostra ancora una volta che l’Honduras continua a essere uno dei paesi dell’America Latina con il maggior numero di attacchi contro chi esercita il sindacalismo.
Nel rapporto “Il costo della difesa del diritto alla libertà di associazione 2019” [1], presentato lo scorso 15 giugno, sono documentati 54 atti di violenza contro sindacalisti, la maggior parte dei quali avvenuti nel contesto delle proteste contro il tentativo del governo honduregno di privatizzare sanità e istruzione.
Mobbing, aggressioni, minacce e intimidazioni sono state le forme più frequenti di violenza durante il 2019. Il 61% delle vittime sono uomini e il 39% donne.
I sindacati più colpiti sono quelli del settore pubblico (57%), l’area geografica più colpita il dipartimento di Cortés (San Pedro Sula) e il settore che ha subito il maggior numero di violenze è quello agroindustriale.
“Festagro, Stas e Sitraterco [2] sono stati i principali obiettivi degli attacchi, sia nel processo organizzativo di nuovi sindacati che durante la negoziazione di contratti collettivi aziendali”, ha spiegato Jorge Hernández della Rete contro la violenza antisindacale.
Le compagnie multinazionali proprietarie delle piantagioni in cui si sono verificati gli atti di violenza sono Fyffes/Sumitomo (melone), Grupo Jaremar (olio di palma) e Chiquita Honduras (banana).
Impunità assoluta
La mancanza di indagini e l’elevato tasso di impunità fanno sì che il 51% degli autori siano persone sconosciute. Nel 28% degli eventi registrati, i responsabili sono funzionari pubblici, per lo più agenti di polizia, e nel restante 21% sono guardie private o funzionari aziendali.
Si sono verificati anche due omicidi: Joshua Sánchez dell’Unione dei lavoratori di Gildan Villanueva S.A Company (Sitragvsa) e Jorge Alberto Acosta di Sitraterco. Nell’ultimo decennio in Honduras sono stati assassinati 36 sindacalisti, la maggior parte di loro durante la resistenza contro il colpo di stato del 2009.
“Stiamo perfezionando i meccanismi di ricerca per migliorare la nostra capacità di individuare episodi di violenza antisindacale. Sappiamo che questi dati sono sottostimati, tuttavia 54 casi di violenza diretta sono molti e sono in aumento”, ha avvertito Hernández.
Attualmente, Honduras, Colombia, Guatemala e Messico sono i paesi più pericolosi dell’America Latina per esercitare l’attività sindacale.
Honduras non rispetta norme OIL
Non c’è quindi da stupirsi se, durante la 108esima Conferenza internazionale del lavoro (OIL), l’Honduras sia stato inserito per la seconda volta consecutiva nella lista dei paesi che non rispettano le norme internazionali sul lavoro.
Come risultato, la Commissione di applicazione delle norme ha inviato nel 2019 una missione in Honduras, con il duplice obiettivo di verificare gli episodi di violenza contro sindacalisti e difensori dei diritti umani e di chiedere allo Stato la protezione per chi è minacciato.
“A seguito di questa visita è stato approvato un accordo tripartito (sindacati, governo e imprenditori) per la ricerca di meccanismi che garantiscano il rispetto della Convenzione 87 sulla libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale.
Si è inoltre convenuto di istituire una commissione contro la violenza antisindacale per proteggere chi esercita l’attività sindacale e per garantire giustizia alle vittime. Purtroppo ci sono stati pochi progressi: dei 150 casi di violenza che abbiamo riportato negli ultimi 5 anni, solo uno è arrivato in tribunale”, ha spiegato Hernández.
Convenzione 190
Una delle lotte promosse dalla Rete contro la violenza antisindacale è la ratifica da parte dell’Honduras della Convenzione 190 dell’OIL sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.
“Con la ratifica, la Convenzione acquisirà la stessa gerarchia dei trattati internazionali e l’Honduras dovrà adattare la propria legislazione al suo contenuto, adottando meccanismi per prevenire e affrontare la violenza e le molestie sul lavoro”, ha spiegato l’avvocatessa María Helena Sabillón.
Nuovo codice penale
A questo proposito, l’entrata in vigore del nuovo codice penale sta suscitando grande preoccupazione in diversi settori della società honduregna. Organizzazioni sociali, popolari e sindacali insistono sulla necessità di modificare il testo approvato lo scorso anno e che, dopo oltre un anno di vacatio legis, dovrebbe entrare in vigore il 25 giugno [3].
Secondo le tre confederazioni sindacali dell’Honduras, il nuovo codice configura più di 50 nuove tipologie di reati penali e molti dei suoi articoli violano la libertà sindacale, di espressione, associazione, riunione e di manifestazione. Attacca inoltre il diritto alla protesta pacifica e riduce le pene per i reati di corruzione e per le violenze sulle donne.
Joel Almendares, segretario generale della Confederazione unitaria dei lavoratori dell’Honduras (CUTH), ha spiegato che un ampio ventaglio di organizzazioni sta chiedendo l’abrogazione di vari articoli, tra cui il 553 (riunioni e manifestazioni illecite), 554 (associazione per delinquere), 573 (disturbo della quiete pubblica), 574 (perturbazione dell’ordine) e 587, 588, 589 (associazione con la finalità di terrorismo, partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, reati di terrorismo).
Da abrogare anche gli articoli 102 e 103 in cui si definisce che le organizzazioni sociali saranno responsabili penalmente per i reati commessi dai loro rappresentanti o membri.
Secondo Almendares, queste nuove tipologie di reati penali sono state create per spaventare, criminalizzare e perseguire le organizzazioni sociali e popolari che lottano contro le politiche neoliberiste del governo, i media indipendenti, i difensori dei diritti umani, i lavoratori e le lavoratrici organizzate.
“In questi articoli c’è l’essenza della strategia governativa per mettere a tacere il movimento sociale organizzato. È per questo che chiediamo l’eliminazione di questi articoli e che stiamo ricevendo il sostegno e la solidarietà di molte organizzazioni nazionali e internazionali”.
Il dirigente della CUTH ha però spiegato che l’ambiente politico attuale non è molto favorevole. Il partito di governo (Partito nazionale) e i suoi alleati godono di un’ampia maggioranza parlamentare e potrebbero, quindi, ignorare le richieste che provengono da vari settori della società honduregna.
“Non dimentichiamoci che qui abbiamo a che fare con un governo criminale e dittatoriale. Non possiamo escludere che provino a lasciare il testo del nuovo codice penale così com’è adesso. L’emergenza sanitaria e la sospensione delle garanzie costituzionali non permettono inoltre alle organizzazioni sociali e alla gente in generale di scendere in strada a protestare.
Ci aspettano giorni molto difficili. L’Honduras uscirà con le ossa rotte da questa pandemia, con una crisi economica senza precedenti e un debito pubblico insostenibile. A questo dovremo aggiungere una profonda e pericolosa crisi politica e sociale se il regime di Juan Orlando Hernández vorrà approfittare dell’emergenza per non cedere il potere, rinviando le elezioni primarie (marzo 2021) e quelle generali (novembre 2021). Sarebbe un fattore scatenante per una crisi ancora più profonda”, ha concluso Almendares.