Dialogo di Silvia Lanzi col giornalista Simone Alliva autore di “Caccia all’omo. Viaggio nel paese dell’omofobia” (Fandango libri, 2020)
In estate escono parecchi libri “leggeri”, da leggere in spiaggia o da portare nello zaino da trekking, per un meritato riposo tra una scarpinata e l’altra. “Caccia all’omo“, uscito il 18 giugno 2020 per essere precisi, invece si discosta molto dal trend delle pubblicazioni estive e, come il suo titolo lascia presagire, si tratta di un libro-denuncia sull’omotransfobia in Italia scritto dal giornalista Simone Alliva.
“Caccia all’omo” nasce a partire da una tua inchiesta dell’Espresso. Perché hai scelto questo argomento e come hai fatto a documentarti in proposito?
Non ho scelto questo argomento, mi ha scelto. Come ricordavi tu, questo libro nasce da un’inchiesta che è stata pubblicata nel febbraio 2019 su L’Espresso. Da allora ho girato l’Italia. Ho attraversato un Paese pieno di storie che dovevano trovare un posto. Storie che non venivano mai raccontate, che non trovavano spazio, casa, albergo.
Era così tanto il materiale ed era giornalisticamente così interessante che non poteve venire sintetizzato in un articolo, doveva trovare per forza posto dentro qualcosa di più grande. Un libro. Fandango ha dato una casa a tutte queste persone. A una comunità che da anni cerca di raccontarsi davvero.
Il tuo libro è un pugno nello stomaco. Possibile che in Italia, nel 2020, le persone queer debbano ancora temere per la propria incolumità?
Il mio libro vuole essere solo una finestra e uno specchio. Ho scritto quello che ho visto e quello che ho visto e racconta chi siamo. Dal governo giallo-verde e ancora prima, dalla campagna elettorale, è stato come far fare marcia indietro nel tempo. Abbiamo vissuto un periodo di grande gioia per le unioni civili. E siamo arrivati a portare dentro il Parlamento persone che promettevano di abolire le unioni civili. I dati poi confermano il trend. Le violenze omotransfobiche sono aumentate vertiginosamente. Nel libro spiego il perché.
Sembrava che la legge Cirinnà del 2016 avesse costituito una svolta di civiltà…
Sembrava. E invece pensiamoci. La legge Cirinnà oggettivamente non avrebbe potuto risolvere un problema storico che è quello dell’odio verso le persone LGBT. E poi ricordiamo quell’anno: si è parlato solo di coppie. Un dibattito portato avanti da entrambi le parti che parlava solo di amore filiale, il nome del bambino potente elemento simbolico, emergeva molto forte nella narrazione che veniva fatta.
Poi, nonostante questo, la stepchild è stata stralciata. Ma il singolo non esisteva già. Era una legge necessaria. Sono contento che sia passata. Ma bisogna anche voltare lo sguardo: c’è un Paese che soffre di discriminazione, adolescenti vittime di pregiudizi, anziani. Bisogna davvero trovare una soluzione alla radice.
A quali fattori attribuisci questa recrudescenza omofoba?
La cultura. Sembra retorica spicciola ma non è così. Quello che è ho fatto con questo libro è stato scomporre il fenomeno e leggerlo attraverso diverse lenti: politica, istituzioni, informazione, psicologia, sociologia. Ogni lente ti porta a leggere una risposta. Ma se metti in fila tutte queste risposte riesci a capire che la questione è culturale.
Nella tua attività giornalistica ti sei occupato spesso di argomenti LGBT. Perché questo tuo interesse?
Sono un cronista politico. Sicuramente sono decisamente più “popolari” le cose che scrivo sulle questioni Lgbt. Ma in realtà mi occupo molto di cronaca parlamentare. Ma quando si tratta di scrivere sui giornali spesso non sei tu a decidere, certo è il tuo direttore, ma se devi portare dentro una notizia spesso è la vita, la vita ti ci porta.
A un certo punto ho pensato che non trovavo il racconto esatto su una questione che è quella Lgbt. Sulla scena del vero non veniva rappresentato il dato, per quello che era. E da giornalista è qualcosa che mi ha sempre disturbato, quindi mi ci sono dedicato con attenzione. E poi per formazione ho sempre questo bisogno di rimettere in ordine le cose, rinominarle e metterle in fila.
Ci troviamo in un tempo di mezzo, dove tematiche come queste sono state spazzate via da una certa cultura. Ritornare a parlare di “noi”, mi sembra la cosa più urgente da recuperare nella scena del vero.
Ringraziamo Simone Alliva per la sua disponibilità e, per chi volesse approfondire, rimandiamo alla lettura del suo libro.
Simone Alliva, Caccia all’omo. Viaggio nel paese dell’omofobia, Fandango libri, 2020, pp.208