Con un presidente irresponsabile e peggio nel Brasile alla vigilia del milione di contagiati ufficiali dove in realtà mancano i dati della parte amazzonica remota dell’enorme Paese. Con i 1.238 decessi registrati ieri, (sempre ufficiali e quindi molto al disotto del reale), il Brasile ha raggiunto le 47.748 vittime di Covid, secondo posto dopo gli Usa nella classifica mondiale. Lo denuncia il Consiglio nazionale dei segretari della salute (Conass), gli uffici sanitari degli Stati a scavalcare le censure del ministero federale dove Bolsonaro si fa lo sconto, forse a ingannare la morte.
Bolsonaro insegue l’amico Trump
Sia per numero di decessi che per numero di contagi, il Brasile è il secondo Paese al mondo dopo gli Stati Uniti. L’unico dato positivo è che l’incremento quotidiano del numero degli infettati e dei deceduti resta grosso modo stabile.
Allarme Medici senza frontiere in quasi tutta l’America Latina
Ma è tutta l’America latina, ad eccezione dell’Uruguay, a non vedere ancora la luce in fondo al tunnel della pandemia. Per numeri assoluti, al Brasile seguono il Perù con 244.388 contagi (+3.480) e 7.461 morti (+204), e il Cile con 225.103 casi di contagio (+4.475) e 3.841 deceduti (+226). Al quarto posto il Messico (165.455 e 19.747) con la seconda mortalità dopo il Brasile, al quinto l’Ecuador (49.047 e 4.087), al sesto la Colombia (60.217 e 1.960) e al settimo l’Argentina (37.510 e 948).
In Amazzonia situazione fuori controllo
Ancora Brasile. È l’allarme lanciato da Medici senza frontiere parla di «test insufficienti, operatori sanitari colpiti – 100 infermieri morti al mese – e comunità vulnerabili più a rischio, come quelle indigene nello stato di Amazonas, dove si registra il più alto tasso di mortalità».
«I quattro ospedali principali di Manaus sono pieni e gli operatori sanitari si occupano di pazienti estremamente malati che spesso arrivano troppo tardi o si trovano troppo lontano per essere salvati. Un’alta percentuale di pazienti che entrano in terapia intensiva muore e un gran numero di medici si ammala», afferma Bart Janssens, coordinatore dell’emergenza di Msf in Brasile, e riporta Avvenire.
Le cure impossibili lungo il Rio delle Amazzoni
-
A Tefe, una città dell’Amazzonia brasiliana distante da Manaus un giorno e mezzo di navigazione via barca lungo il Rio delle Amazzoni, quasi il 100% dei pazienti che arriva nell’ospedale locale muore.
-
Nel cimitero di Vila Formosa a San Paolo, il più grande dell’America Latina, si liberano vecchie tombe per far posto ai deceduti di Covid.
-
Alti tassi di mortalità si registrano anche a Rio de Janeiro, San Paolo e, recentemente, a Boa Vista, una città al confine settentrionale con il Venezuela.
-
Nelle favelas di San Paolo le équipe di Msf stanno assistendo i senza fissa dimora nelle strade dei quartieri del centro e le persone che vivono nelle baraccopoli della periferia della città.
-
A Rio de Janeiro la capacità della risposta sanitaria nelle favelas, già fortemente al limite, sta per raggiungere il punto di rottura.
Eccezione virtuosa l’Uruguay che tutti studiano
Era già chiamato la “Svizzera dell’America Latina”. Ma stavolta l’allievo Uruguay ha battuto di gran lunga il maestro europeo, rilava Lucia Capuzzi. «Mentre la Confederazione elvetica ha registrato oltre 34mila casi di Covid, il Paese latinoamericano si è fermato a 847. Non solo. Ancora entro i confini svizzeri si registrano una manciata di contagi al giorno. Dal 4 giugno, invece, l’Uruguay ha raggiunto «quota zero»: nessun nuovo malato segnalato da più di una settimana».
Certo, si tratta di una nazione piccola e poco popolata: gli abitanti sono 3,5 milioni. In prospettiva, però, il tasso di mortalità è 0,6 ogni 100mila persone, contro il 12,2 del Brasile, il 4,5 del Cile e l’1,1 dell’Argentina, sull’altra riva del Rio de la Plata.