Una brevissima riflessione in tre punti:
1) Il comunicato di “Noi siamo Chiesa” circa la nuova Commissione sul diaconato femminile…
2) Una veloce “carrellata” sui componenti della Commissione e sulle loro posizioni sul tema (grazie agli amici di Adista)
3) Una grande domanda…
1) La nuova Commissione sul diaconato femminile serve solo per affossarlo? (Noi siamo Chiesa)
L’8 aprile papa Francesco ha deciso di istituire una nuova Commissione di studio sul diaconato femminile. Egli ha quindi mantenuto la promessa fatta nel discorso conclusivo del Sinodo panamazzonico, quando aveva detto di “fare propria la richiesta di richiamare la Commissione, o magari aprirla con nuovi membri per continuare a studiare in che forme esisteva nella Chiesa primitiva il diaconato permanente”, e, rivolgendosi alle uditrici, aveva ripetuto: “Raccolgo il guanto di sfida lanciatomi… ‘che siamo ascoltate’… raccolgo il guanto”.
Tuttavia, una volta scorso l’elenco dei componenti della nuova Commissione, senza ovviamente mettere in dubbio di ognuno di essi la buona fede, lo spirito di servizio alla Chiesa e la volontà di adempiere con impegno, rigore e profondità al compito loro affidato, non possiamo non esprimere la nostra perplessità, per almeno tre ragioni.
Prima di tutto salta all’occhio come, rispetto alla prima Commissione, si sia ridotta la parità di genere. A comporla sono ora 5 donne e 7 uomini (di cui ben cinque appartengono all’ordine clericale). La presenza femminile, oltre ad avere un significato simbolico non trascurabile, dovrebbe costituire una garanzia che la voce delle donne sia effettivamente ascoltata, specie in un argomento come questo, e il loro “punto di vista” abbia un’influenza determinante.
In secondo luogo impressiona il fatto che, sebbene l’esigenza della sua istituzione sia nata nel contesto del Sinodo panamazzonico nonché come risposta a quanto lì discusso e a una duplice domanda, quella dei padri sinodali, espressa nel n. 103 del Documento finale, “di condividere le nostre esperienze e riflessioni con la Commissione” e quella delle madri sinodali di “essere ascoltate” raccolta esplicitamente anche dal Papa, a comporre la nuova Commissione non vi sia nessuna/o proveniente dall’Amazzonia, anzi nessuna/o dell’America Latina, anzi nessuna/o del Sud del mondo!
In terzo luogo, le persone designate a farne parte non paiono avere alle spalle studi specifici sul tema e quando su di esso hanno manifestato pubblicamente la propria opinione, lo hanno fatto tutte in senso contrario a qualunque ministero ordinato per le donne. Una documentazione analitica sulla composizione della commissione si trova qui.
Ci pare dunque forte il rischio di un’iniziativa “con esito preconfezionato”, che confermerebbe, ancora una volta, la condizione di minorità riservata alle donne nella Chiesa, deludendo quindi le attese di una grande parte della comunità ecclesiale.
Comunicato stampa di Noi siamo Chiesa, 10 aprile 2020
2) I componenti e le posizioni…
“A fare parte della nuova Commissione di studio sul diaconato femminile sono personalità del tutto nuove (nessuna faceva parte della prima) e, in gran parte, poco conosciute. Come presidente, è stato nominato il card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila; segretario sarà il rev.do Denis Dupont-Fauville, officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Dieci i membri, tra cui cinque donne, sorprendentemente nessuna latinoamericana, tutte europee; tra gli uomini due statunitensi. I loro profili sembrano tendenzialmente di orientamento conservatore. Vediamoli nel dettaglio:
Catherine Brown Tkacz (Lviv, Ucraina); docente presso l’Università cattolica ucraina, nel 2013 pubblicò un articolo in cui sosteneva che l’antica ordinazione diaconale femminile era, da un punto di vista sacramentale, “inferiore” a quella maschile. Tesi opposta a quella di due membri della precedente Commissione, la teologa Phyllis Zagano e il gesuita Bernard Pottier, secondo i quali si trattava di un’ordinazione pienamente sacramentale. Ha tuttavia anche studiato le donne veterotestamentarie come figure messianiche.
Dominic Cerrato (Steubenville, Usa) e James Keating (Omaha, Usa), entrambi diaconi permanenti; il primo, sposato, è direttore della formazione diaconale nella sua diocesi, Steubenville (Illinois); ha insegnato Teologia alla locale Università francescana. Nel 2014 ha scritto il libro In the Person of Christ the Servant: A Theology of the Diaconate Based on the Personalist Thought of Pope John Paul II, un testo sul diaconato in cui non ha mai fatto cenno alla possibilità di farvi accedere le donne; a livello pubblico non ha mai parlato di diaconato femminile. Il suo libro – nota Miriam Duignan del Wijngaards Institute for Catholic Research, think tank progressista inglese – è stato promosso da Keating, al cui libro The Character of the Deacon: Spiritual and Pastoral Foundations in 2017 Cerrato ha, a sua volta, contribuito. Anche in questa raccolta di saggi, nessuna menzione del diaconato femminile. Keating è direttore della formazione teologica all’Istituto per la Formazione sacerdotale della Creighton University.
Don Manfred Hauke (Lugano, Svizzera): forse il più accanito oppositore del diaconato alle donne, come dimostra il suo libro Das Weihesakrament für die Frau – eine Forderung der Zeit? Zehn Jahre nach der päpstlichen Erklärung “Ordinatio sacerdotalis”, in cui esplicita l’impossibilità di un’ordinazione diaconale femminile.
Barbara Hallensleben (Friburgo, Svizzera): la più “vaticana” tra i membri, attualmente membro della Commissione teologica internazionale vaticana, una delle prime donne nominate da Wojtyla in quell’incarico, ha partecipato a un simposio sulle donne organizzato nel 2016 dalla Congregazione per la Dotrina della Fede; si occupa di ecumenismo ed è membro del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Santiago del Cura Elena (Burgos, Spagna); prete dell’arcidiocesi di Burgos, già membro della Commissione teologica internazionale vaticana e tra gli autori del documento Dalla diaconia di Cristo alla diaconia degli apostoli, prodotto del lavoro della Commissione nel 2002, piuttosto inconcludente. Oggi tiene, tra l’altro, un corso sul sacramento dell’Ordine alla Facoltà di teologia della Spagna settentrionale e ha scritto sul rinnovamento del ministero ordinato nel post-Concilio.
Anne-Marie Pelletier (Parigi), una delle più strenue sostenitrici di un sacerdozio esclusivamente maschile, ha sempre difeso la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Ordinatio sacerdotalis (come nell’articolo del 1995, annota il Wijngaards Center, “Masculin, féminin: le sens d’une tradition. À l’occasion du débat sur l’ordination des femmes”, Nouvelle Revue Théologique 117 (2):199-216 (1995). Nel 2014 le è stato conferito – prima donna a riceverlo – il “Premio Ratzinger”. In una recente intervista, tuttavia, ha anche ammesso che «Fedeltà alla tradizione significa anche innovare ». Ha scritto le meditazioni di papa Francesco per la Via Crucis del 2017.
Caroline Farey (Shrewsbury, Gran Bretagna): forse il personaggio più “oscuro”, del quale non si comprende la ragione dell’inclusione; non ha al suo attivo alcuna pubblicazione sul diaconato o sull’ordinazione femminile. Di fama estremamente conservatrice, si occupa dell’Ufficio catechesi della sua diocesi e fino a poco tempo fa insegnava presso la School of Annunciation, piccola istituzione teologica conservatrice che forniva corsi di teologia a distanza ma che ha chiuso nel 2019 per mancanza di fondi. Il suo operato è stato riconosciuto da papa Ratzinger nel 2012, e quello stesso anno fu consultrice al Sinodo per l’evangelizzazione. Nel 2013, si dimise a sorpresa, insieme al direttore e ad altri due assistenti, dal Maryvale Institute, prestigioso e antico college cattolico di Birmingham, considerato di tendenza conservatrice, ma in cui probabilmente si stava insinuando una tendenza più aperta; i quattro fondarono la Scuola dell’Annunciazione di cui sopra, focalizzata sulla nuova evangelizzazione.
Mons. Angelo Lameri (Crema), prete della diocesi di Cremona, insegna liturgia alla Pontificia Università Lateranense. Dal 1997 al 2007 è stato Presidente della Commissione Liturgica Regionale lombarda e dal 2005 al 2019 collaboratore dell’Ufficio Liturgico Nazionale della Conferenza episcopale italiana. Attualmente è anche professore invitato alla Pontificia Università della Santa Croce, dell’Opus Dei. È inoltre collaboratore membro della Redazione di Orientamenti pastorali. Dal 2010 è consultore della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e dal 2013 consultore dell’Ufficio celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.
Rosalba Manes (Viterbo), biblista, insegna all’Istituto Teologico San Pietro di Viterbo e al Centro di Teologia per i laici della Pontificia Università Lateranense; ha lavorato alla traduzione delle Lettere di San Paolo.”
Tratto da “Ancora una Commissione: sulle donne diacono, il papa ricomincia da zero”, Adista Notizie n° 15 del 18/04/2020