domenica, Dicembre 22, 2024

Messe e Covid 19 … le risposte del vescovo Derio

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

“Ai vescovi suggerisco prudenza. Non sapete fino in fondo cosa sia questa malattia. Non è finita ancora, non forzate la mano”.

Monsignor Derio Olivero, 59 anni, vescovo di Pinerolo, a fine marzo è risultato positivo al test per coronavirus. È stato gravissimo. Intubato e tracheostomizzato, ha rischiato di morire. Ora è guarito, seppure sia convalescente in ospedale. A Repubblica racconta la sua esperienza, spesso interronpendosi per piangere

R. Come commenta lo scontro fra vescovi e Governo?
Mons. Derio: «Credo non sia il momento di essere imprudenti, ma collaborativi. Il comunicato [della CEI] mi sembra abbia un po’ troppo il tono dell’autonomia. Non è questo il tempo di mostrare i denti, bensì di collaborare».

R. Si può vivere senza Eucaristia?
Mons. Derio: «Abbiamo rinunciato al Triduo pasquale. Perché non provare a pazientare? Credo che questa epidemia possa essere un kairòs, un’occasione da cogliere anche nel modo di fare pastorale. Molti vescovi si sono industriati per far pregare le persone nelle case. Molti sono tornati a pregare come non facevano prima. Perché non insistere sulla necessità di reimparare la fede nelle case? Altrimenti rischiamo di tornare a celebrare le messe, lasciando però che poi la vita di tutti i giorni sia vuota. La messa può anche essere una parentesi in un vuoto quotidiano».

R. Non di sole messe vive il fedele?
Mons. Derio: «Di fronte a tragedie come queste si vince insieme. Chi mostra i denti ribadisce i propri diritti e pare che vinca, ma collaborerà alla sconfitta».

R. Com’è stata la sua malattia?
Mons. Derio: «Durissima. Devo ringraziare i medici dell’ospedale di Pinerolo, un’eccellenza in Italia. A un certo punto ero certo che sarei morto. Anche i medici me l’hanno confermato. Prima della malattia se mi avessero chiesto cosa pensassi della morte avrei risposto che avevo molta paura. E, invece, in quei momenti in cui ero vicino alla morte ero in pace, tranquillo».

R. Cosa provava?
Mons. Derio: «Sentivo che c’era una forza che mi teneva vivo. Non avevo la forza di muovermi, ma sentivo una presenza che mi teneva su. Quanto mi sono svegliato ho visto che centinaia di persone si sono raccolte per pregare per me».

R. Che sensazioni provava esattamente?
Mons. Derio: «Come se tutto stesse evaporando, tutte le cose, tutti i ruoli, tutto. Sa cosa restava? La fiducia in Dio e le relazioni costruite. Ecco, io ero fatto solo di quelle due cose. Erano due cose salde, erano me».

R. Era in pace?
Mons. Derio: «Posso confidarle questo: c’è stata una mezza giornata in cui ho avuto un’esperienza bellissima. Sentivo una presenza quasi fisica, quasi fosse lì da toccarsi. È una cosa indicibile che non avevo mai provato e che mi ha cambiato la vita. Piango e mi emoziono ancora adesso. Se mi si richiedesse se sia disposto a tornare nella sofferenza di queste settimane per riprovare l’esperienza di quella presenza direi di sì. Adesso torno più entusiasta della vita. Questa malattia colpisce il respiro. Nella Bibbia respiro significa spirito, vita. Lo spirito che viene dato. Ogni respiro è un regalo da gustare, viene da Dio».

La Repubblica, 28.04.2020

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