venerdì, Novembre 22, 2024

Il boom del gioco d’azzardo in Italia (Nicolò Guicciardi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

In Italia, il fenomeno del gioco d’azzardo è in crescita, ma i dati più preoccupanti arrivano dai giovanissimi: il 36,9% ha giocato almeno una volta nel 2017.

La diffusione del gioco d’azzardo e i casi di ludopatia sono senza dubbio un fenomeno sociale non trascurabile in Italia. Un fenomeno in crescita, che porta con sé un imponente giro d’affari.

I dati più recenti dicono che nel 2017 gli italiani hanno giocato 101,8 miliardi di euro, facendo registrare una crescita di 5 miliardi rispetto al 2016. Un aumento comunque contenuto se pensiamo alla crescita esponenziale del decennio precedente: nel 2006, la somma giocata annualmente dai cittadini italiani era di poco inferiore ai 35 miliardi. L’Italia detiene il primato europeo per quanto concerne il tasso di slot machine per abitante: sono una ogni 151 cittadini, nettamente di più rispetto a Spagna (una ogni 245) e Germania (una ogni 261).

Sempre nel 2017, 17 milioni di italiani (il 42,8% della popolazione fra i 15 e i 64 anni) hanno giocato almeno una volta. Sono 7 milioni in più rispetto al 2014, solo tre anni prima. Di questi, più di un milione sono giovani tra i 15 e i 19 anni, ossia il 36,9% di quella fascia d’età (in calo rispetto al 47,1% del 2014); i ragazzi giocano con frequenza maggiore rispetto alle ragazze. Un ulteriore dato allarmante è quello riferito ai bambini tra i 7 e i 9 anni: 400 mila sarebbero già stati iniziati almeno una volta – da genitori, parenti o amici – al gioco (slot machine, gratta e vinci, scommesse sportive, ecc.).

Particolarmente interessante è una ricerca del 2017 condotta dal Cnr di Pisa, effettuata utilizzando il “Problem Gambling Severity Index” (PGSI). Si tratta di una metodologia di valutazione che colloca il soggetto in quattro fasce, di cui l’ultima è quella del giocatore problematico, ossia colui che potrebbe essere soggetto ad una perdita di controllo nel suo agire d’azzardo (spende spesso oltre la sua disponibilità; è oggetto di comportamenti compulsivi; è colpito da stress e ansia da gioco). In Italia, i giocatori problematici sarebbero 400 mila, in leggera crescita sul 2016. Il trend di medio periodo, però, è preoccupante: in dieci anni il numero è aumentato di quattro volte.

Come si evince chiaramente dal grafico, i dati sui giovani (15-19 anni) sono piuttosto preoccupanti: nel 2017 risulta avere un profilo “problematico” il 7,1% di essi, e – nonostante ci sia stato un lieve calo rispetto a 10 anni prima – si nota chiaramente come nelle regioni del Mezzogiorno (in rosso nel grafico) le percentuali siano nettamente superiori alla media nazionale, mentre sono vicine alla media nel Centro (in verde) e ben più basse al Nord (in azzurro).

Tutto ciò si è accompagnato all’aggravarsi di un altro fenomeno, quello della vera e propria dipendenza, nota come ludopatia. Va detto che è difficile stabilire esattamente quanti siano i giocatori ludopatici in Italia. Quelli in cura sono all’incirca 12 mila, ma secondo un’inchiesta dell’Espresso del 2017 ci sarebbero ben 790 mila persone a rischio o già colpite dal disturbo. Di questi ben il 50% sarebbe disoccupato, mentre il 17% pensionato.

Gioco d’azzardo e reddito

Dove si gioca di più? La provincia di Prato risulta essere quella con la maggiore spesa pro capite per il gioco d’azzardo (2.948 euro), seguita a distanza da realtà come Ravenna (1.846 euro), Rovigo (1.742 euro) e Como (1.737 euro). Tendenzialmente, quindi, questo tipo di spesa è superiore nel Centro-Nord. Fanno eccezione le province abruzzesi, con la provincia di Teramo collocata in quinta posizione assoluta (1.721 euro).

La mappa della spesa pro capite per il gioco d’azzardo

(Fonte: Gedi Digital)

Guardando la mappa, sembra esserci una piccola correlazione positiva tra reddito pro capite delle singole province e spesa pro capite in gioco d’azzardo. Sarebbe però necessario, per avere un quadro più preciso, considerare anche il costo della vita, tendenzialmente più alto nelle regioni e nelle aree metropolitane del Nord.

Dallo studio elaborato da Repubblica, emergono inoltre peculiarità territoriali per quanto concerne la tipologia di gioco prevalente. Infatti, si nota una maggiore diffusione del lotto nelle regioni del Centro-Sud rispetto a quelle del Nord Italia. Le scommesse a quota fissa sono più concentrate in Campania e Puglia, e quelle virtuali nella stessa Campania ed in Sicilia, soprattutto nelle province di Ragusa e Siracusa. Altra categoria è quella relativa alle scommesse ippiche in agenzia e all’ippica nazionale, concentrate per la maggior parte in Toscana e Marche.

La mappa delle scommesse per tipologia

Lotto

Lotto

Scommesse a quota fissa
Scommesse virtuali
Ippica Nazionale
Ippica Agenzia

Fonte: Gedi Digital. Colori più scuri, indicano maggiori scommesse pro capite nel 2017 su ciascun tipo di scommesse.
Fai swipe verso destra o sinistra, o usa le frecce della tastiera, per vedere le altre mappe.Uno dei luoghi comuni più diffusi riferito al gioco d’azzardo riguarda la proporzionalità inversa che intercorrerebbe tra reddito e quantitativi economici spesi in scommesse. Secondo un’analisi realizzata nel 2018 dal Sole 24 Ore su dati del MEF sui comuni italiani, emerge che la correlazione tra reddito medio comunale e livelli di gioco è molto piccola (R=0,12) e comunque positiva. Non mancano alcune eccezioni: ad esempio i comuni del litorale veneto-emiliano a ridosso del delta del Po, le province di Taranto e Brindisi ed alcune zone a macchia di leopardo sul litorale abruzzese e tra Lazio e Campania (in nero nella mappa). Qui, si riscontra un alto ammontare giocato pro capite, associato a bassi livelli di reddito.

La spesa in scommesse e il reddito pro capite

(Fonte: il Sole 24 Ore)

Disoccupazione e azzardo

Sempre prendendo a riferimento le elaborazioni realizzate dal Sole 24 Ore – in questo caso sui dati provenienti da Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e Istat – possiamo approfondire il legame tra tasso di disoccupazione e spesa pro capite nel gioco d’azzardo.

Gioco d’azzardo e disoccupazione per provincia

Fonte: il Sole 24 Ore

C’è una distinzione netta tra regioni del Settentrione ad alta raccolta e bassa disoccupazione (in giallino nella mappa: Emilia Romagna, Lombardia e Nord Est del Piemonte) e regioni Meridionali a bassa raccolta e alta disoccupazione (in azzurro: Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). Questo evidenzia una proporzione inversa tra tasso di disoccupazione e spesa pro capite per il gambling, anche se non mancano eccezioni (in arancione). Il Sud del Lazio, l’Abruzzo e le province campane bagnate dal mare presentano infatti un elevato tasso di disoccupazione, accompagnato da alti livelli di spesa pro capite in gioco d’azzardo.

Non mancano, però, alcuni territori che si potrebbero definire “virtuosi”: Valle d’Aosta, Piemonte occidentale, Trentino, Friuli Venezia Giulia, buona parte di Veneto e Toscana, provincia di Perugia (in blu nella mappa). In queste zone, a bassi livelli di disoccupazione si accompagnano altrettanto bassi quantitativi di spesa pro capite nel gambling.

Cosa si è fatto a livello normativo per gioco e ludopatia

Quali misure si sono messe in campo per limitare la piaga del gioco d’azzardo? Una prima norma è contenuta nella legge di stabilità del 2016, dove è stata disposta una riduzione del 30% delle nuove slot a decorrere dal 2017. I nulla osta rilasciati mettono in luce come questo provvedimento stia andando nella direzione auspicata. Infatti, se al 31 dicembre 2017 il numero delle slot in Italia ammontava a 345.000, una seconda rilevazione effettuata a fine aprile 2018 ha fatto registrare 265.000 apparecchi, con una riduzione del 23%.

Un tentativo di affrontare il problema è stato portato avanti anche dall’attuale governo con la legge di stabilità 2018. Qui è stato previsto un aumento dell’1,25% del prelievo sulle giocate di slot machine e videolottery, che dovrebbe consentire allo Stato di raccogliere 600 milioni di euro. L’obiettivo è la riduzione, da parte dei concessionari, della percentuale destinata alle vincite, e quindi l’aumento dei costi di gioco. L’interrogativo su questa misura è se questo incremento dei costi potrà concretamente far desistere i giocatori o provocherà solo un aumento dei proventi per lo Stato.

Per contrastare la ludopatia ci sono anche altre misure, inserite nell’articolo 9 del dl 87/2018, meglio conosciuto come Decreto Dignità. Il testo “vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse, nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo”. Sempre nel Decreto Dignità ci sono norme relative alle avvertenze sul rischio dipendenza sui tagliandi delle lotterie istantanee, negli apparecchi da intrattenimento e nei locali dove sono installati. Si dispone inoltre che l’accesso a slot machine e videolottery sia consentito solo ai maggiorenni, escludendo i minori grazie alla tessera sanitaria. Con una scadenza: dal 1° gennaio 2020, gli apparecchi privi di meccanismi per impedire agli under 18 di giocare dovranno essere rimossi.

In sintesi

Insomma, è complessivamente sfatato il mito secondo cui chi ha un reddito meno elevato spenderebbe più soldi nel gioco d’azzardo. La correlazione è perlomeno poco chiara, e se ci sono eccezioni in tal senso risultano poche e sparse in aree molto circoscritte della penisola.

Una riflessione in più è opportuna invece per il rapporto che intercorre tra tasso di disoccupazione e spesa pro capite nel gioco. I casi di Abruzzo, Lazio e Campania, peraltro non così circoscritti, possono indurre a ipotizzare che un contesto territoriale con disoccupazione elevata possa spingere maggiormente gli abitanti a tentare la sorte attraverso il gioco d’azzardo.

 

Nicolò Guicciardi, 16 Marzo 2019

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