“Per don Lorenzo Milani, gli oppressi non erano un’astratta categoria sociale. Erano persone di cui si innamorava follemente, una per una.
Ognuna di loro aveva un volto, un nome, una storia.
Di ognuna conosceva sofferenze, desideri, passioni.
Per ognuna ardeva il desiderio di vederla godere della dignità piena, quella fatta non solo di casa, lavoro, salario, ma soprattutto di capacità di farsi le proprie ragioni, di pensare con la propria testa, di partecipare alla pari con gli altri alla costruzione delle decisioni comuni.