Uno spettro si aggira da 40 anni per il mondo: lo spettro della sua fine. Sono passati 40 anni da quando scienziati di 40 nazioni si sono incontrati a Ginevra per la prima conferenza mondiale sul clima. Fu allora che venne lanciato il primo allarme. Con successo scarso, se non nullo. Allarme ripetuto nel 1992 a seguito nel Rio Summit, nel 1997 in occasione del protocollo di Kyoto e nel 2015 con gli accordi di Parigi. Quarant’anni anni di negoziazioni sul clima globale che non hanno modificato, salvo poche e rare eccezioni, il nostro modus operandi. Già: non c’è peggior sordo, soprattutto se politico, di chi non vuol sentire.
Gli scienziati però non demordono. Hanno l’obbligo morale di avvertire l’umanità della catastrofe prossima ventura. Undicimila di loro l’hanno fatto sottoscrivendo il rapporto Worlds Scientist Warning of Climate Emergency, pubblicato il 5 novembre dalla rivista BioScience. Autori William J. Ripple, Christopher Wolf, Thomas M. Newsome, Phoebe Barnard e William R. Moomaw, con la collaborazione di 31 altri esperti.
Il rapporto appena pubblicato non lascia spazio ai manichei, ai credenti, scientisti, complottisti e negazionisti delle modifiche climatiche. Gli appartenenti a questo elenco, parziale e non esaustivo, vengono tacitati dai dati presentati: trasparenti, incontrovertibili, oggettivi, basati su osservazioni e misure sperimentali. Sono dati relativi all’atmosfera, ma anche alla biosfera, alla geosfera, all’idrosfera. Insieme a dati geo-politici, geo-economici, sociali e demografici. Guardando all’energia e alle sue fonti. Un lavoro complesso, ben fatto, chiaro, facile da leggere e da capire. Caldamente consigliata la lettura, soprattutto dei sei paragrafi essenziali e loro raccomandazioni, qui di seguito riassunti.
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Massiccio ricorso a pratiche di efficienza e di conservazione. Sostituzione dei combustibili fossili con rinnovabili a bassa emissione e altre fonti pulite di energia. Cessazione dell’estrazione di idrocarburi. Cancellazione dei sussidi alle compagnie petrolifere. Tassazione del carbonio tale da scoraggiare l’impiego degli idrocarburi.
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Inquinanti a vita breve. Riduzione rapida degli inquinanti climatici non persistenti, tra cui metano, polveri sottili, idro fluorocarburi, con conseguente rallentamento di oltre il 50% della tendenza al riscaldamento globale nei prossimi decenni, salvando la vita a milioni di persone.
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Protezione e recupero degli ecosistemi terrestri. Fitoplancton, barriere coralline, foreste, savane, praterie, paludi, torbiere, mangrovie, alghe contribuiscono all’assorbimento e sequestro dell‘anidride carbonica atmosferica. Rimboschimento e afforestamento.
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Fonti alimentari. Aumentare la quota parte di vegetali nella dieta umana, riducendo soprattutto le carni rosse. Il cambiamento dietetico può ridurre le emissioni di metano e altri gas serra, consentendo l’aumento delle coltivazioni per il consumo umano, invece che per il bestiame.
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Riduzione significativa dell’estrazione di minerali e dello sfruttamento eccessivo degli ecosistemi, fino a oggi giustificate dalla necessità di crescita economica. Definizione di un’economia carbon-free che tenga conto della dipendenza del genere umano dalla biosfera. La crescita del Pil e dell’affluenza non possono più essere gli obiettivi prioritari delle scelte politiche. La nuova strategia deve essere rivolta al conseguimento di ecosistemi sostenibili, insieme al miglioramento del benessere umano, riducendo le ineguaglianze e soddisfacendo i bisogni di base.
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La crescita della popolazione in ragione di 80 milioni di persone l’anno – 200mila persone al giorno – non può continuare. Occorre giungere alla stabilità e possibilmente alla riduzione graduale della popolazione, garantendo l’integrità sociale, ovvero la giustizia sociale ed economica. Esistono esempi di efficaci politiche che rafforzano i diritti, riducendo al contempo il tasso di crescita della popolazione. Politiche di pianificazione familiari per chiunque, senza barriere all’accesso, per rimuovere le differenze di genere, garantendo educazione primaria e secondaria, soprattutto alle ragazze e giovani donne.
Nulla da aggiungere, salvo esprimere l’accordo più totale e il rincrescimento di non averlo firmato: non sono sufficientemente scienziato. Però lo sono abbastanza da mettermi anche io a disposizione di chi è chiamato a prendere decisioni indispensabili per muoverci in direzione di un futuro sostenibile e più giusto. Sono pronto a spiegare la realtà del presente e a diffondere le evidenze. Occorre aiutare i decisori politici, dei settori pubblico e privato, a capire l’entità della crisi incombente.
Solo così, seguendo con attenzione le dinamiche in atto, è possibile riallineare le priorità così da ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici. Occorre un cambiamento radicale, epocale. Un cambiamento che è opportunità per aumentare la ricchezza del genere umano.
Andrea Aparo von Flüe, Il Fatto Quotidiano, 6 Novembre 2019