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Papa Francesco alla Giornata mondiale del migrante: «Nessuno sia escluso»

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. È stata celebrata ieri la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Nell’omelia della messa celebrata a San Pietro, papa Francesco ha ammonito che «dobbiamo avere un’attenzione particolare verso i forestieri».

Il messaggio per la 105a Giornata aveva come titolo Non si tratta solo di migranti. «Ed è vero – ha ricordato Francesco –: non si tratta solo di forestieri, si tratta di tutti gli abitanti delle periferie esistenziali che, assieme ai migranti e ai rifugiati, sono vittime della cultura dello scarto. Il Signore ci chiede di mettere in pratica la carità nei loro confronti; ci chiede di restaurare la loro umanità, assieme alla nostra, senza escludere nessuno, senza lasciare fuori nessuno. Ma, contemporaneamente all’esercizio della carità, il Signore ci chiede di riflettere sulle ingiustizie che generano esclusione, in particolare sui privilegi di pochi che, per essere conservati, vanno a scapito di molti. “Il mondo odierno è ogni giorno più elitista e crudele con gli esclusi. È una verità che dà dolore: questo mondo è ogni giorno più elitista, più crudele con gli esclusi. I Paesi in via di sviluppo continuano ad essere depauperati delle loro migliori risorse naturali e umane a beneficio di pochi mercati privilegiati. Le guerre interessano solo alcune regioni del mondo, ma le armi per farle vengono prodotte e vendute in altre regioni, le quali poi non vogliono farsi carico dei rifugiati prodotti da tali conflitti. Chi ne fa le spese sono sempre i piccoli, i poveri, i più vulnerabili, ai quali si impedisce di sedersi a tavola e si lasciano le ‘briciole’ del banchetto” (Messaggio per la 105a Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato)”. È in questo senso che vanno comprese le dure parole del profeta Amos proclamate nella prima Lettura (6,1.4-7). Guai, guai agli spensierati e ai gaudenti di Sion, che non si preoccupano della rovina del popolo di Dio, che pure è sotto gli occhi di tutti. Essi non si accorgono dello sfacelo di Israele, perché sono troppo occupati ad assicurarsi il buon vivere, cibi prelibati e bevande raffinate. È impressionante come, a distanza di 28 secoli, questi ammonimenti conservino intatta la loro attualità. Anche oggi infatti la “cultura del benessere […] ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, […] porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza” (Omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013). Alla fine rischiamo di diventare anche noi come quell’uomo ricco di cui ci parla il Vangelo, il quale non si cura del povero Lazzaro “coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola” (Lc 16,20-21). Troppo intento a comprarsi vestiti eleganti e a organizzare lauti banchetti, il ricco della parabola non vede le sofferenze di Lazzaro. E anche noi, troppo presi dal preservare il nostro benessere, rischiamo di non accorgerci del fratello e della sorella in difficoltà. Ma come cristiani non possiamo essere indifferenti di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, delle solitudini più buie, del disprezzo e della discriminazione di chi non appartiene al “nostro” gruppo. Non possiamo rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato, di fronte alla miseria di tanti innocenti. Non possiamo non piangere. Non possiamo non reagire».

Francesco è tornato sul tema anche nell’Angelus, quando ha anche presentato la nuova scultura collocata in piazza San Pietro: «In unione con i fedeli di tutte le Diocesi del mondo – ha detto – abbiamo celebrato la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, per riaffermare la necessità che nessuno rimanga escluso dalla società, che sia un cittadino residente da molto tempo o un nuovo arrivato. Per sottolineare tale impegno, tra poco inaugurerò la scultura che ha come tema queste parole della Lettera agli Ebrei: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (13,2). Tale scultura, in bronzo e argilla, raffigura un gruppo di migranti di varie culture e diversi periodi storici. Ho voluto questa opera artistica qui in piazza San Pietro, affinché ricordi a tutti la sfida evangelica dell’accoglienza».

 

Luca Kocci, Adista, 30/09/2019

 

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