“La Chiesa era il clero, la Chiesa era il Papa. La Chiesa ha detto, il Papa ha detto. Ora la Chiesa è Gesù Cristo e quelli uniti a Lui. Ognuno di noi è Chiesa se è unito a Gesù. Gesù Cristo è venuto a rivelarci come Dio vede il mondo e la vita dell’uomo, profeta; è venuto a divinizzare il mondo, sacerdote; è venuto ad unire gli uomini fra di loro, Re e pastore.”
Ho partecipato al Concilio in due vesti. Durante l’ultimo periodo della fase preparatoria, su segnalazione del cardinal Lercaro, ho partecipato ai lavori della commissione preparatoria “dei seminari e della educazione cattolica”, allora insegnavo in seminario a Bologna. Quindi, dagli inizi della seconda sessione, ho partecipato ai lavori del Concilio Vaticano II come Vescovo ausiliare del cardinal Lercaro a Bologna. Ero Vescovo da sei giorni.
Le due intuizioni di papa Giovanni XXIII
La prima: la indizione del Concilio. Essa ha stupito e sconvolto non poco la Chiesa, perché soprattutto dopo il Concilio Vaticano I (1869-70), che aveva definito il primato e l’infallibilità del Papa, sembrava che fosse finito il tempo dei concili: il Papa è infallibile, parli lui.
Ma Papa Giovanni era stato preparato dal Signore, durante tutta la sua vita, a fare un Concilio.
Comincia all’inizio del secolo, quando quattro chierici studenti, due del Capranica e due del Seminario Romano, (mentre si stava preparando quella forma di rinnovamento, che poi fu bollato come modernismo), erano soliti fare una visita al Santissimo nella Chiesa del Gesù e poi fuori dalla Chiesa parlottare fra di loro.
C’era un certo Ernesto Bonaiuti, c’era un certo Alfonso Manaresi, giovane bolognese autore poi di un libro di storia per i licei, il migliore dei miei tempi, c’era un certo Giulio Belvedere e c’era Angelo Roncalli.
Ordinato sacerdote, a Bergamo divenne segretario di mons Radini Tedeschi, un Vescovo molto avanzato, e venuto a mancare mons Radini Tedeschi, insegnò patrologia, poi fu nominato direttore dell’Ufficio Missionario di Bergamo, e quindi fu chiamato a Roma alle Pontificie Opere Missionarie. Fu inviato in Bulgaria e fatto Vescovo. In Bulgaria è rimasto dieci anni e si rese conto allora che anche gli ortodossi venivano considerati con molto sospetto. C’era un po’ l’idea che solo i cattolici facessero parte a pieno titolo del progetto della salvezza.
Poi fu inviato a Costantinopoli, durante l’ultima guerra, ed ebbe modo di conoscere tante persone e di salvare molti ebrei, finché nel dicembre del 1944 fu inviato nunzio a Parigi. Cardinale, finita la nunziatura a Parigi, anziché a Roma a presiedere qualche congregazione, va Patriarca a Venezia e quindi sale al soglio pontificio con il nome di Giovanni XXIII. Tutta la sua vita era stata spesa per fargli cogliere l’importanza di un Concilio.
La seconda: l’idea di un Concilio pastorale. Era una cosa un po’ singolare. I Concili per loro natura sono dogmatici, sono fatti per precisare verità di dogma e questo invece doveva essere un Concilio pastorale.
I venti concili precedenti avevano precisato quali sono le verità, questo Concilio, il XXI nella storia della Chiesa, dice come le raccontiamo alle genti di oggi. Non cambiamo le verità, ma il modo di presentarle alle donne ed agli uomini di oggi, che hanno maturato un maggior sviluppo di cultura, il senso della responsabilità personale, il valore della democrazia.
Il clima conciliare
Due sono le cose tipiche di questo Concilio: essere stato un Concilio ecumenico ed essere stato un Concilio pastorale. I veri convertiti del Concilio siamo stati noi Vescovi e di questo noi ce ne siamo ben resi conto strada facendo, come pure ci siamo resi conto che il Concilio, la sua maturazione, la sua elaborazione, la sua riuscita erano affidati a noi Vescovi. Noi Vescovi siamo stati lo strumento del Signore. Con qualcuno che guidava e gli altri che accoglievano e condividevano ed infine, voltandoci indietro, abbiamo potuto dire guarda le cose belle che abbiamo potuto fare.
Nella fase preparatoria era stato raccolto molto materiale, le risposte dei Vescovi alle richieste di papa Giovanni XXIII erano state raggruppate in dodici volumi. Alla fine del Concilio di tutto questo materiale non c’è traccia nei documenti conciliari. Perché noi preparatori avevamo guardato al passato ed i Vescovi in Concilio hanno guardato al futuro.
Il Concilio non è venuto dal nulla. Alcune minoranze operose e fruttuose avevano portato avanti ed approfondito alcuni temi.
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Il movimento biblico, che ha portato avanti l’idea della bibbia per tutti, anche se era guardato con un certo sospetto perché, a quei tempi, un uomo con la bibbia in mano era un protestante. La bibbia era riservata ai preti, non a tutti, ai Vescovi ed al Papa.
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Il movimento liturgico, ad opera delle grandi abbazie benedettine, che aveva approfondito il richiamo alle origini della liturgia, modificata nel corso dei secoli, ma erano cose da monaci.
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Il movimento ecumenico. Il cardinal Mercier, arcivescovo di Bruxelles, negli anni venti si incontrava con l’anglicano Lord Halifax. Ma erano cose proibite..