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Lo studio. In Germania l’integrazione funziona: più del 40% dei rifugiati ha un lavoro

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

L’Istituto di ricerca di Norimberga rivela che nel 2019 quasi 400mila migranti hanno un impiego, soprattutto nella ristorazione, imprese di pulizia, edilizia e nell’assistenza sociale e sanitaria

 

Berlino La Germania che rallenta ha un nuovo alleato per ripartire economicamente: i rifugiati. Secondo uno studio dello Iab (Institut für Arbeitsmarkt und Berufsforschung), l’Istituto federale di ricerca sul mercato del lavoro di Norimberga, l’integrazione dei rifugiati nel mondo del lavoro tedesco funziona meglio di quanto era stato previsto dopo l’ondata di fine 2015 e inizio 2016, quando nel Paese, in pochi mesi, arrivarono circa di 880mila migranti, la maggior parte richiedenti asilo dalla Siria flagellata dalla guerra.

«Oggi possiamo dire con certezza che più del 40% dei rifugiati che vivono in Germania hanno un’occupazione», ha spiegato ai media tedeschi il ricercatore dello Iab, Herbert Brücker. In base allo studio dello Iab, il sistema del mercato del lavoro tedesco entro cinque anni riesce ad integrare completamente un rifugiato su due. L’analisi rivela che nel 2019 quasi 400mila rifugiati tra i 15 e i 64 anni in Germania hanno un impiego. Un incremento sensibile rispetto all’anno precedente. Ad agosto del 2018 i rifugiati integrati nel mondo del lavoro erano circa 320mila. I settori del mercato del lavoro dove trovano più facilmente un’occupazione, sempre secondo lo Iab, sono la gastronomia e la ristorazione, ditte per la pulizia, edilizia, assistenza sanitaria e sociale. Ma non mancano le “eccellenze”.

Sono in aumento anche i dati relativi agli operai specializzati ma anche ai medici, ingegneri e informatici. Cosa ha reso possibile questa inattesa e rapida integrazione dei rifugiati in Germania? La risposta è scontata: un mercato del lavoro fondato sul cosiddetto sistema duale introdotto dai primi anni del 2000.

Il sistema si ispira a un principio molto semplice valido per ogni tipo di occupazione dalla più qualificata a quella meno retribuita: in Germania non accedi al mondo del lavoro se prima non hai realizzato un periodo di apprendistato e formazione presso un’azienda. Il sistema mette continuamente in relazione scuole superiori, università e aziende in cerca di lavoratori. La formazione ovviamente in questo caso è rivolta soprattuto agli studenti che frequentano scuole superiori ed università. Ma anche lo Stato federale, attraverso l’Agenzia federale del lavoro (Arbeitsagentur), con la collaborazione di Länder e Comuni, mette a disposizione corsi di formazione gratuiti per i rifugiati che prevedono anche corsi di lingua tedesca.

Secondo l’agenzia federale per il lavoro «nel 2018 si è registrato un aumento del 14,8% del numero dei rifugiati che hanno frequentato corsi di formazione». Nel 2018, si legge tra i dati ufficiali forniti dall’Arbeitsagentur, per esempio solo i siriani e gli afghani richiedenti asilo iscritti ai corsi di formazione in tutto il Paese sono stati 13.900. Nel 2017 erano stati meno di 10mila. Per il 2019 si attende un ulteriore incremento. Il governo di Berlino dopo il 2016 ha cambiato radicalmente la sua strategia in materia di accoglienza dei rifugiati. Ha inserito quote obbligatorie per gli arrivi dei richiedenti asilo, ha rafforzato i controlli alle frontiere, ha introdotto una nuova legge sull’immigrazione che favorirà soprattutto gli immigrati qualificati.

Ma la Germania sta vincendo la sua sfida nell’integrazione dei rifugiati e richiedenti asilo. Secondo lo Iab e molti economisti la loro integrazione nel mercato del lavoro potrà produrre molti benefici all’economia del Paese nel breve e medio periodo, creando aumento della ricchezza, dei consumi ma anche in termini di Prodotto interno lordo.

 

Vincenzo Savignano, Avvenire, 9 agosto 2019

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