“Sì, siamo veramente preoccupati. Viviamo in un Paese connotato da diffusi atteggiamenti di xenofobia, razzismo e discriminazione. In questo clima il presidente Bolsonaro usa parole di odio e incoraggia apertamente i proprietari terrieri o i cercatori d’oro a invadere le terre degli indigeni”.
L’allarme è lanciato da dom Roque Paloschi, arcivescovo di Porto Velho (Stato brasiliano della Rondônia), in seguito all’assassinio, avvenuto nello scorso fine settimana, del capo indigeno Emira Wajãpi del popolo Wajãpi, nello Stato dell’Amapá. Il leader, che guidava quaranta comunità, è rimasto ucciso in uno scontro provocato da un gruppo di garimpeiros (i cercatori d’oro e pietre preziose), che hanno occupato le terre indigene.
Prosegue l’arcivescovo, che è il presidente del Cimi, il Consiglio indigenista missionario collegato alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb):
“Non può non essere inquietante che l’autorità massima del Paese alimenti atteggiamenti di rapina ed esproprio, attacchi le persone più fragili e in particolare i popoli originari. Si tratta di un’aggressione sistematica”.
Prosegue dom Paloschi:
“Nel 2019 abbiamo già nove gravi situazioni di terre invase da garimpeiros (i cercatori d’oro e pietre preziose) o allevatori, senza che questi atti illegali vengano in qualche modo condannati a livello governativo. Anzi, assistiamo a una legittimazione dell’invasione e dell’occupazione. Ci preoccupano, in particolare, le situazioni che si stanno verificando negli Stati del Pará, del Mato Grosso e del Maranhão”.
AgenSIR, 2 agosto 2019