domenica, Novembre 24, 2024

Verso un mondo senza violenza… Parla Elizabeth Green

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il 15 luglio avrà inizio a Cali (Colombia) la VI Conferenza battista mondiale per la pace. Ne parliamo con la pastora battista Elizabeth Green che vi parteciperà in rappresentanza dell’Ucebi

Dal 15 al 20 luglio si svolgerà a Cali (Colombia), laVI Conferenza battista mondiale per la paceNel corso delle giornate si svolgeranno riunioni in plenaria, workshop, seminari di formazione, serate musicali, momenti di meditazione e di preghiera, oltre ad incontri con moltissimi “leader ispiratori”, provenienti da tutto il pianeta, che si dedicano al lavoro per la pace. In rappresentanza dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi) parteciperanno l’evangelista Ivano De Gasperis, segretario del Dipartimento di evangelizzazione, e la pastora Elizabeth Green, pastora della chiesa battista di Cagliari e della chiesa battista di Carbonia e del Sulcis Iglesiente. Quest’ultima è socio fondatore del Comitato per la riconversione dellafabbrica Rwm di Domusnovas-Iglesias, che esporta bombe verso paesi in guerra, tra cui anche l’Arabia Saudita, che le ha utilizzate contro lo Yemen. Alla pastora Green abbiamo rivolto alcune domande.

Considerato l’ampio programma e le persone che da tutto il mondo si ritroveranno a Cali per questa conferenza, quali sono le sue aspettative?

«Parto con molto entusiasmo e con senso di riconoscenza nei confronti del Comitato esecutivo dell’Ucebi che mi ha dato l’opportunità di poter vivere questa importante esperienza di formazione. Avrò il privilegio di incontrare un battismo impegnato su alcune delle questioni che hanno animato il mio ministero in tutti questi anni. Il titolo della Conferenza mondiale è “Pace sulla nostra terra: verso un mondo senza violenza”, un tema senza dubbio molto ampio, ma la settimana sarà scandita da riflessioni che affronteranno diverse questioni specifiche. Ci sarà, ad esempio, una sessione dedicata all’Accordo di pace siglato tra il governo colombiano e le Forze Armate rivoluzionarie di Colombia (Farc) nel 2016 a Bogotà: ascolteremo le testimonianze di alcuni dei principali attori del processo di pace che, a due anni dalla sua firma, ancora ha bisogno di essere implementato. Si discuterà di pace in relazione all’economia, all’ambiente, alle migrazioni, al disarmo; ascolteremo le testimonianze di battisti che sono impegnati nei processi di pace in tutto il mondo. Infine, ho trovato molto interessante che ci sia una giornata dedicata interamente ai diritti umani, dove sono inclusi anche i diritti delle persone Lgbtq. Il dato è ancora più interessante se si considera che la riflessione è proposta e affrontata in ambito battista, generalmente considerato un contesto reazionario. La realtà è che molti battisti hanno posizioni liberali che però o vengono “contrastate” dai battisti fondamentalisti, oppure “oscurate” da chi vorrebbe attribuirsi il primato di avere posizioni avanzate su alcune questioni etiche».

Gesù ha chiamato beati “i costruttori di pace”, non ha detto “beati coloro che amano la pace”, perché amare la pace è facile, invece impegnarsi per la pace ha un costo. Quanto le chiese evangeliche sono impegnate per la pace?

«Preparandomi a questa conferenza mondiale, ho cercato di capire quali chiese a livello battista, metodista e valdese fossero attive sul tema della pace, che è un ambito molto ampio; non c’è pace infatti senza giustizia sociale, economica, ambientale. Ci sono molte comunità che lavorano e sono impegnate a livello locale sui temi della pace ma ho preso atto che non esiste ancora una mappatura; non nascondo che, tornando da quest’esperienza internazionale, mi piacerebbe fare questa raccolta dati per conoscere meglio le varie realtà operative sul nostro territorio, per poi lavorare in rete».

È possibile realizzare la pace in questo mondo? 

«Guardando quello che sta accadendo non solo nel nostro paese ma in tutto il mondo, sembrerebbe di no. In questo momento storico costruire la pace è molto faticoso, e nonostante viviamo in un contesto di gemiti, di “doglie del parto”, come ci dice l’apostolo Paolo (Romani 8, 18-25), noi speriamo e non ci arrendiamo. In quanto discepoli e discepole di Gesù, siamo chiamati e chiamate a testimoniare che la pace è possibile, e a lavorare nel nostro piccolo, anche con gesti minimi, affinché il nostro sia un mondo senza violenza».

 

Marta D’Auria, Riforma, 12 luglio 2019

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