domenica, Dicembre 22, 2024

Tangentopoli brasiliana col trucco, giudici usati contro Lula

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

«Contro Lula fu complotto». In Brasile scoppia lo scandalo delle chat riservate tra procuratori e l’attuale ministro della Giustizia. Trama per escludere Lula dalla presidenziali, svelata su ’The intercept”, il sito di notizie fondato da Glenn Greenwald. Il discusso Sergio Moro e l’ultra destro Bolsonaro

 

«Contro Lula fu complotto»
Sergio Moro della vergogna

Tangentopoli brasiliana col trucco, giudici usati contro Lula
L’attuale ministro della Giustizia del Brasile, l’ex magistrato Sergio Moro, e diversi altri inquirenti complottarono per fare in modo che Luis Inacio Lula da Silva finisse in carcere e non potesse quindi candidarsi e quasi certamente vincere le elezioni presidenziali del 2018 contro l’ultra destro Jair Bolsonaro ora al potere. È la sintesi di quanto emerge da una mole di documenti riservati, mail, discussioni in chat private, foto, filmati parzialmente pubblicati da ’The intercept”, il sito di notizie fondato da Glenn Greenwald, l’uomo che aiutò Edward Snowden a svelare il sistema di sorveglianza globale messo in piedi dall’intelligence degli Stati Uniti.

Moro, giudice protagonista che prima di diventare ministro voluto Jair Bolsonaro, aveva emesso la prima condanna su Lula, ora denuncia ’The intercept’, avrebbe ‘spinto’ illegittimamente la magistratura inquirente. «Inganni sistematici nel corso dell’inchiesta denominata ‘Autolavaggio’, pur affermando privatamente con altri magistrati ‘dubbi circa gli indizi per stabilire la colpevolezza di Lula’». L’obiettivo, in realtà, era tenere fuori l’ex presidente dalla competizione elettorale.

Tra la trama politica
e porcate di corrotti

«Siamo di fronte al più grande scandalo della storia del Brasile», ha scritto su Twitter Haddad, che potrebbe avere ragione se verranno confermati i dettagli delle conversazioni emerse, come quella che fa dubitare il procuratore capo Deltan Dallagnol, di due elementi chiave nell’inchiesta su Lula: «se l’appartamento avuto come tangente sia effettivamente suo e se lui stesso abbia davvero qualcosa a che fare con lo scandalo Petrobras».

Mancavano quattro giorni alla presentazione della denuncia contro Lula per il quell’appartamento di tre piani a Guarujá, il famoso triplex, che porterà Lula a perdere presidenza e libertà, e il capo della task force che indagava, Deltan Dallagnol, era macerato dai dubbi sulla solidità dell’impianto accusatorio contro l’ex presidente. Lula aveva veramente ricevuto l’appartamento in cambio di favori all’impresa di costruzione Oas per contratti con la Petrobras?

Procuratore incerto
e certezze a spinta

«Diranno che lo stiamo accusando in base alla notizia di un giornale e a deboli indizi, scriveva ai colleghi: sono preoccupato per il collegamento tra Petrobras e arricchimento e (…) per la storia dell’immobile». I dubbi di Dallagnol e le certezza colpevoliste dall’ex giudice Sérgio Moro, oggi ministro del governo Bolsonaro. Ed ecco che la supercelebrata ‘Lava Jato’, la ‘mani pulite’ brasiliana, rusulta un’operazione politica e ideologica diretta a escludere Lula dalla competizione elettorale che avrebbe di sicuro vinto.

Come svela Intercept, i pm della Lava Jato, in pubblico sempre molto decisi a definirsi imparziali e apolitici, nella conversazioni private e nelle telefonate tra loro esprimevano apertamente il desiderio di scongiurare la vittoria del Pt, il partito di sinistra dei ‘trabajadores’, concordando tra loro azioni per evitarlo. Da sorriso, i dubbi dell’esitante Dallagnol: «Sono molto preoccupato di un possibile ritorno del Pt, ma ho pregato molto perché Dio illumini la nostra popolazione».

Sergio Moro col trucco
‘non prove ma convinzioni’

Forse Dio non c’entra con la vittoria del fascistissimo Bolsonaro, ma le loro manipolazioni certamente si. Sérgio Moro, origini italiane evidenti, che offriva di sé l’immagine di imparziale e integerrimo arbitro della partita -scopriamo- collaborava segretamente con la task force della Lava Jato per allestire l’impianto accusatorio contro Lula. L’arbitro venduto che tifa e da consigli ad una delle due squadre in campo. Documenti illegittimamente passati all’accusa, piste di indagine, sollecitazioni.

L’8 maggio 2017, due giorni prima che Lula deponesse per la prima volta dinanzi a Moro, il magistrato, dinanzi alla possibilità che l’interrogatorio fosse rimandato, invia un irritatissimo messaggio a Dallagnol: «Che storia è questa che volete rinviare? State scherzando?». Il giorno stesso la richiesta della difesa viene respinta. Sempre il dubbioso ma codardo Dellagnol: «L’opinione pubblica è decisiva e questo è un caso costruito con prova indiretta». Gran finale: «Non abbiamo prove, ma abbiamo convinzioni».

Avvocati di Lula: «Ora liberatelo»
ovvio Sérgio Moro ‘tutto regolare’

«Per quanto la giustizia brasiliana si sia rivelata capace di tutto, sarà davvero difficile insabbiare l’enorme scandalo legato alle rivelazioni del sito d’informazione ‘The Intercept’ sulla Lava Jato. La gravità delle informazioni divulgate è tale che il Supremo Tribunale Federale si è affrettato a convocare per oggi due sessioni straordinarie della prima e della seconda sezione della Corte suprema», annota Claudia Fanti sul Manifesto.

Il clan Bolsonaro all’attacco di «The Intercept», per i legali di Lula, l’ex presidente brasiliano deve essere liberato. «I messaggi scambiati da Moro e Dallagnol dimostrano l’esistenza di ‘un legame fra giudice e pm del tutto illegale’». Tutto regolare, invece, per l’ex giudice Sérgio Moro, attuale ministro della Giustizia nel governo di Jair Bolsonaro, che nei messaggi divulgati non vede «alcuna anormalità o deviazione». Originale concezione della deontologia a cui è tenuto un magistrato».

 

Tangentopoli brasiliana col trucco, giudici usati contro Lula

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