Dopo che il papa emerito Josef Ratzinger/Benedetto XVI aveva pubblicato alcune «note» su La Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali, il Gruppo dei docenti tedeschi di teologia morale (Deutsche Arbeitsgemeinschaft Moraltheologie) ha rilasciato il 15 aprile una Dichiarazione sull’analisi di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sugli abusi sessuali, intitolata Prigioniero dei propri pregiudizi.
Dichiarazione dei portavoce della Deutsche Arbeitsgemeinschaft Moraltheologie (Gruppo dei docenti tedeschi di teologia morale) sull’analisi di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sugli abusi sessuali
Il papa emerito Benedetto XVI, card. Joseph Ratzinger, intende dare un aiuto alla Chiesa cattolica, scombussolata dallo scandalo degli abusi sessuali. Per questo, lo scorso 11 aprile ha pubblicato un’analisi sul come, secondo il suo parere, sia potuto accadere che sacerdoti cattolici e membri di ordini religiosi abbiano compiuto delitti sessuali a carico di minori. In questa analisi viene messa sotto accusa anche la teologia morale come disciplina teologica. Secondo lui a partire dagli anni Sessanta si è verificato «un collasso della teologia morale cattolica che ha reso inerme la Chiesa di fronte a quei processi nella società».
Come portavoce eletti della Deutsche Arbeitsgemeinschaft Moraltheologie (Gruppo dei docenti tedeschi di teologia morale) e di concerto con diversi colleghe e colleghi, prendiamo posizione riguardo a questa accusa diffamante, che denigra la reputazione di membri passati e presenti di essa. Lo facciamo con le seguenti considerazioni.
Secondo il papa emerito, tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso sono andati in frantumi i criteri allora in vigore nella morale sessuale, in modo tale che ne è risultata un’assenza di norme. Una società divenuta così priva di tenore morale avrebbe tollerato anche la pedofilia, così come i costumi sessuali della gioventù, la contraccezione e il comportamento omosessuale. E la teologia morale non avrebbe opposto alcuna resistenza a tutto ciò, perché essa era diventata relativista e non si sarebbe attenuta più ai divieti chiaramente espressi dalla tradizione. Anzi, si sarebbe caduti nell’errore di pensare che l’uomo da solo, cioè senza istruzione divina e senza l’autorità della Chiesa, possa conoscere come comportarsi in maniera umana.
Il tentativo da parte di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI di rendere responsabili degli abusi sessuali le evoluzioni sociali degli anni 1960-1980 e i cammini di rinnovamento nella teologia morale non è per nulla nuovo. Già in passato egli ha presentato la Chiesa come vittima di un mondo ostile. Il fatto che siano stati proprio coloro che rivestono responsabilità nella Chiesa a coprire gli autori di tali delitti, insabbiarne i processi di chiarificazione e trascurare la realtà delle vittime viene però taciuto. Così pure viene taciuto il fatto che proprio un’opinione pubblica moralmente sensibile e i suoi media abbiano dovuto risvegliare la Chiesa dalla sua letargia morale. I responsabili nella Chiesa non erano in grado, di propria iniziativa, di reagire in maniera adeguata e di elaborare soluzioni al problema, come ci viene detto e ripetuto dalle vittime.
L’analisi di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI si basa su una serie di falsi punti di vista e nel suo insieme viene da noi considerata come un contributo malriuscito e inappropriato per la soluzione della crisi, connessa con gli abusi sessuali.
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Nelle considerazioni di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI non giocano alcun ruolo le conoscenze e gli studi delle scienze umane e sociali. La sua forma di una teologia estranea al mondo può solo distorcere il fenomeno degli abusi sessuali. Non c’è nessuno sforzo di differenziazione tra diverse forme nei profili di colpevoli. Non tutti i colpevoli sono anche pedofili sotto il profilo medico. L’omosessualità in quanto tale non è in alcun modo causa di abuso.
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È del tutto noto che il fenomeno degli abusi sessuali è presente in tutto l’arco della storia della Chiesa. Ed è fuorviante pensare che tale fenomeno non sia stato presente in quegli ambienti cattolici rimasti del tutto estranei da qualsivoglia forma di emancipazione sessuale o di rinnovamento teologico. Il travisamento così antistorico del passato deve risuonare fortemente cinico per le vittime di strutture autoritarie e patriarcali! Nell’immaginario ecclesiologico del papa emerito non trovano alcun posto le strutture di peccato, presenti in ogni epoca anche all’interno della Chiesa.
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Il modo di presentare gli sviluppi del rinnovamento teologico-morale non attesta un adeguato tenore intellettuale. La tematica degli abusi viene strumentalizzata da Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, per reiterare una critica già ben nota a una teologia morale, le cui posizioni in campo di etica sessuale egli non condivide. E in questo va detto che non si riscontra in lui una reale disponibilità a una valutazione differenziata e competente. Per esempio: chi mette in discussione sotto il profilo teologico-morale che un atto omosessuale nel contesto di una relazione stabile sia sempre e in ogni caso un peccato grave, non per questo legittima allo stesso tempo la violenza sessuale. Chi, per esempio, sotto il profilo teologico-morale critica il tradizionale rigorismo della condanna di ogni forma di contraccezione, non per questo favoreggia un’assenza di norme. Ma allora Josef Ratzinger/Benedetto XVI non vuole o non può vedere che la stima teologico-morale della dignità e dei diritti di ogni uomo è tutt’altra cosa che libero arbitrio in campo etico?
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Dopo la seconda guerra mondiale noi abbiamo a che fare a livello globale con una trasformazione delle convinzioni normative, non con la loro abolizione. Sia la «vecchia» sia la «nuova» etica conoscono obblighi morali incondizionati! Il dibattito riguarda piuttosto la questione di quali azioni e in base a quali ragioni cadano sotto questa categoria. Con la nuova valutazione morale della pena di morte, nel 2018 papa Francesco ha mostrato come è possibile una modifica nella dottrina, quando il criterio della dignità umana viene interpretato in modo nuovo.
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Va attribuito più ai recenti cambiamenti nella regolamentazione morale in tema di sessualità e di parità di genere che non ai cosiddetti «valori tradizionali» il fatto che oggi ogni forma di violenza in campo sessuale venga messa al bando dal punto di vista sia morale sia giuridico. Il diritto all’autodeterminazione sessuale non è un’invenzione della Chiesa cattolica. La tradizione, tanto decantata da Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, di regola non ha condannato gli abusi sessuali nella prospettiva delle vittime. Spesso essa era più interessata alla «purezza» sessuale del clero che non all’integrità sessuale dei fanciulli e dei giovani.
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Va riconosciuto che Joseph Ratzinger/Benedetto XVI ha sempre avuto a cuore che nella Chiesa cattolica fede e ragione non andassero per vie separate. La sua recente «analisi» minaccia proprio questo nesso, perché si rifiuta di prendere sul serio, senza pregiudizi di sorta, gli sforzi della teologia morale per generare un’etica cristiana della libertà e della responsabilità e le acquisizioni di conoscenze scientifiche in tema di abusi sessuali.