Dal 17 al 24 Aprile ricorre ogni anno in tutto il mondo la Settimana del Prigioniero Politico Palestinese.
Attualmente nelle carceri israeliane sono rinchiusi 5.500 prigionieri politici palestinesi, tra cui 48 donne e oltre 200 minori, non pochi dei quali bambini. Di recente 400 prigionieri hanno effettuato uno sciopero della fame per protestare contro il peggioramento delle già pessime condizioni detenzione, causato dalle misure disposte dal ministro Gilad Erdan. Il massimo della repressione si era avuto quando i prigionieri erano stati attaccati con largo abuso di forza in tre diverse prigioni: Ofer, al-Naqab e Rimon. Gli attacchi, anche con cani, avevano causato dozzine di feriti.
Di seguito, l’Appello con il quale la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, rilanciando quelli delle organizzazioni palestinese Addameer e Samidoun, chiama alla mobilitazione per «per la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi nella giornata del 17 aprile, giornata internazionale per i prigionieri palestinesi, e fino al 24 aprile».
Appello
La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese risponde agli appelli di Addameer e Samidoun, e chiede a tutte/i di mobilitarsi per la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi nella giornata del 17 aprile, giornata internazionale per i prigionieri palestinesi, e fino al 24 aprile.
Partecipate ad eventi o proteste ed organizzate manifestazioni e iniziative durante la Settimana d’azione a sostegno dei prigionieri politici palestinesi dal 17 al 24 aprile 2019! È possibile organizzare diversi tipi di azione, come un tavolo informativo, un raduno, uno sciopero della fame di solidarietà, o una delle azioni sotto riportate.
Sotto sono riassunti gli appelli lanciati da Addameer e da Samidoun, per sostenerli nello sciopero della fame intrapreso l’8 aprile. Lo sciopero si è concluso ieri con l’accettazione di molte delle richieste dei prigionieri: la prima era quella di istallare 4 linee telefoniche pubbliche all’interno di ogni prigione per poter comunicare con i familiari (è la prima volta che Tel Aviv permette l’installazione di telefoni nelle carceri israeliane).
L’intesa prevede anche il trasferimento delle prigioniere dal carcere di Damoun (noto per le sue strutture fatiscenti) in una struttura detentiva migliore. Terzo punto dell’accordo è il ritorno nelle loro sezioni di tutti i prigionieri trasferiti ultimamente durante i raid repressivi delle forze di sicurezze israeliane. Intesa trovata anche per porre fine ai recenti casi d’isolamento e accordo per il miglioramento di cure ed assistenza ai prigionieri malati o feriti.
Tuttavia, si legge in una nota di Addameer, «la lotta per i diritti dei prigionieri continuerà fin quando non termineranno tutte le violazioni compiute contro di loro dall’occupazione». Non sarebbe la prima volta che le autorità carcerarie israeliane ritrattano gli accordi presi.
Attualmente nelle carceri israeliane sono rinchiusi 5500 prigionieri politici palestinesi tra cui 48 donne e oltre 200 minori e bambini. Oltre alle cattive condizioni di detenzione, i prigionieri palestinesi sono sistematicamente sottoposti a torture e maltrattamenti che rimangono impuniti.
Lo sciopero delle fame era stato intrapreso in seguito al forte deterioramento delle condizioni di detenzione, causate dalle misure assunte dal ministro Gilad Erdan. Il massimo della repressione si era avuto quando i prigionieri erano stati attaccati con largo abuso di forza in tre diverse prigioni: Ofer, al-Naqab e Rimon. Gli attacchi, anche con cani, avevano causato dozzine di feriti. Lo sciopero, iniziato da cinque prigionieri, aveva poi raggiunto il numero di 400.
La causa dei detenuti palestinesi rinchiusi nelle prigioni e nei centri di detenzione israeliani va ben oltre la difesa dei diritti umani individuali, essa rappresenta i diritti collettivi di un intero popolo, cui è negato il diritto all’autodeterminazione, benché sia riconosciuta dalla legge internazionale. Tutti, indipendentemente dall’appartenenza politica e dalle accuse loro rivolte, hanno diritto alle garanzie di un giusto processo secondo il diritto internazionale.
Per questo, Addameer, associazione per il sostegno dei prigionieri e per il rispetto dei Diritti Umani, esorta a proseguire ed organizzare azioni di solidarietà in tutto il mondo, a diffondere la conoscenza della loro causa, a premere sulle autorità dell’occupazione israeliana affinché rispettino i loro diritti fondamentali.
ALCUNI POSSIBILI AZIONI:
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Unitevi alle campagne di Addameer sui social media, che hanno l’obiettivo di sensibilizzare sul problema: fate una foto di voi stessi mentre reggete un cartello con una di queste scritte:
#PalHunger, #Free_Palestinian_Political_Prisoners, oppure #StopAD (campagna contro la detenzione amministrativa), #NotATarget (campagna per i difensori dei diritti umani) e diffondete sui social media la vostra foto (o il solo hashtag con la foto di un prigioniero).
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Scrivete alle autorità israeliane. Potete trovare qui sotto gli indirizzi delle autorità competenti. Se potete, dedicate pochi minuti della vostra giornata per contattarli direttamente e chiedere la liberazione di tutti i prigionieri politici arbitrariamente detenuti.
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Scrivete ai vostri rappresentanti di Governo e ai parlamentariche conoscete. Di qualunque paese voi siate, se avete accesso ai vostri rappresentanti, scrivete loro su questo problema. Per far crescere la pressione, si può contattare inizialmente chi è più disponibile ad ascoltare, perché poi passi a sua volta il messaggio seguendo la catena dei decisori.
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Partecipate alle campagna BDS. Organizzate, ad es. una dimostrazione alla filiale Hewlett-Packard della vostra città, per mettere in luce la complicità (e i profitti) delle varie imprese nella gestione delle prigioni in cui l’occupazione israeliana rinchiude i Palestinesi.