«UN ATTENTATO CONTRO LA MEMORIA DEL BRASILE»
«Commemorare il golpe militare del 1964 è un attentato contro la memoria del Brasile», ha scritto il giornalista indipendente Kenney Alencar, mentre Taliria Petrone, deputata di sinistra, rivolgendosi a Bolsonaro, ha detto che «non c’è niente da celebrare, presidente: la dittatura ha censurato, torturato, perseguitato ed ucciso. Dobbiamo ricordarlo, sì, ma per non dimenticare, perché non succeda mai più». Alcuni hanno pubblicato testimonianze personali sugli abusi del regime. «Nel ’64 mio padre è finito in prigione e mia madre ha perso il bambino che aspettava quando l’ha saputo», ha ricordato la scrittrice Patricia Melo. «Nata in piena dittatura, sono stata educata al silenzio, ho visto arrestare miei professori, avevo un informatore armato in classe all’Università: non ho niente da celebrare”. Poche le manifestazioni di appoggio al revisionismo storico di Bolsonaro: la deputata Joice Hasselman, capogruppo del governo alla Camera, ha detto di essere «orgogliosa» per l’iniziativa, sottolineando che «così riprendiamo la vera narrativa della nostra storia». Mentre José Pinto Coelho, del Partito Nazionale di Rinnovamento (estrema destra), ha scritto che «finalmente» si celebra «il giorno in cui i militari si sono sollevati contro il comunista Goulart, che voleva fare del Brasile una gigantesca Cuba». Più equilibrato, ma certo negativo, il commento di Helio Gourovitz, columnist della Globo, secondo il quale Bolsonaro «può avere ragione quando dice che la lettura ufficiale della sinistra di ciò che avvenne allora è sbagliata, ma è un errore ancor più grande minimizzare l’arbitrarietà del regime. Non ci sono dubbi sui fatti: è stato un golpe, c’è stata censura, tortura, almeno 434 persone sono morte o sparite, il Parlamento è stato chiuso e i diritti politici sono stati negati. È stata una dittatura».