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Le idee e le parole di Girolamo Savonarola attualissimo frate di cinquecento anni fa

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

«Le parole vere parlano anche se non è la stessa voce a dirle. Se non sarò io, sarà di certo un altro. Chiunque sia, affinché verità non smetta. Sempre e oltre. Amen». (Stefano Massini, a cura di, Indignati. Prediche di Savonarola, edizioni Piagge, Firenze 2014, p. 80)

La ripubblicazione delle prediche di Savonarola adattate da Stefano Massini e la messa in scena delle parole del frate domenicano da parte di quattro rappresentanti della religione cattolica fuori dagli schemi, ci restituiscono la potenza drammatica e profetica del pensiero savonaroliano in tutta la sua straordinaria attualità.

E’ in vendita in libreria la riedizione ampliata di Indignati, le prediche di Savonarola riscritte da Stefano Massini con introduzione di don Andrea Gallo, edizioni Piagge.

Questa pubblicazione sembra colmare un vuoto e offrire a un pubblico, non necessariamente di eruditi e appassionati di storia italiana, l’opportunità di poter finalmente valutare la figura di Savonarola attraverso le sue parole, liberandolo dal peso ingombrante del personaggio che si è andato creando nel corso del tempo.

Ed è davvero impressionante che, già ai suoi contemporanei, Savonarola scrivesse «…nessuno se la prende con le mie parole ma con quello che io rappresento, con quello che sono. Come se non fosse importante quello che dico ma il solo fatto che io lo dico. (…) Perché non vi sforzate almeno una volta di lasciar perdere me e di badare alle parole?» (Ivi, p. 55)

Dopo più di cinque secoli di stratificazioni di cliché e contrastanti interpretazioni, questo libro riesce, anche a costo di qualche sacrificio filologico, a fornire un utile ed efficace strumento per provare ad avvicinarsi direttamente al pensiero savonaroliano.

La scrittura di Savonarola, spogliata da Massini quasi del tutto del suggestivo colore della prosa quattrocentesca, è resa certamente di più immediata comprensione e ci viene qui restituita in una semplicità che ne amplifica spesso la forza e ne dimostra l’impressionante modernità.

E così, infatti, apre la sua introduzione al libro don Andrea Gallo: «Un frate di cinquecento anni fa che sta diventando attualissimo. Anzi: lui è sempre stato attualissimo, perché non parlava del suo tempo ma dell’uomo in genere, che è sempre uguale» (Ivi, p. 7).

E proprio il legame di Savonarola con la nostra contemporaneità oltre al fatto che «tutto in lui era un perfetto copia-incolla del frate domenicano», doveva aver spinto Massini ad affidare proprio a don Gallo il compito di dar voce e corpo alle parole del predicatore ferrarese. Dall’introduzione di Massini al libro leggiamo: «Quando ebbi l’idea di riproporre a un vero sacerdote, cinque secoli dopo, le prediche di Savonarola, non potei non pensare subito a don Gallo. (…) sua l’indignazione, sua la polemica, suo il gusto irriducibile per la battaglia, anche aspra ma necessaria» (Ivi, 10).

Nasce così già nel 2010 col titolo Io non taccio uno spettacolo teatrale di enorme impatto emotivo e forza politica.

Politica intesa nei termini di un richiamo alla responsabilità dei singoli e al bisogno di etica e della promulgazione di una partecipazione inclusiva, libera e coraggiosa.

Attraverso la scrittura di Massini, le critiche del frate domenicano al lusso e alla  fatua “ricerca del bello” nella Firenze rinascimentale, ci risuonano come avvertimenti contro i catastrofici rischi del consumismo sfrenato: «Siete tutti diventati schiavi, servi: ma non di qualcuno, bensì – che è il colmo – di qualcosa. Avete bisogno di apparire. Tutti. E per apparire vi servono “le cose”» (Ivi, p. 37).

Scrivendo della guerra cinquecento anni fa, Savonarola esprimeva concetti a noi oggi molto familiari: «ogni volta che c’è una nuova guerra, ognuna delle parti dice “io volevo la pace ma sono stato provocato”. Insomma, parliamo chiaro e senza ipocrisie: non fate nulla per mantenerla, ma a parole quanto vi piace masticare pace» (Ivi, p. 66).

Le sue denunce della “vacca Italia” sembrano davvero una micidiale profezia delle recenti sconcezze dei costumi dei nostri governanti e della deriva della gestione della cosa Pubblica.

Parlando del “bene comune (di cui non importa più a nessuno)”, è impressionante la modernità della constatazione della solitudine a cui oggi siamo per lo più condannati, in barba a tutta la filosofia e l’arte che nei secoli si sono sviluppate dai concetti di individualismo e solipsismo. «Siete gente sola. Tutti, senza eccezioni: chi più chi meno, siete gente sprofondata, tutti, nella solitudine» (Ivi, 21).

Le accuse di Savonarola alla Chiesa opulenta e corrotta di Alessandro VI, echeggiano come un monito a un clero per troppo tempo coinvolto in questioni economiche, lontano e autoreferenziale.

Non a caso, a Firenze, il 21 novembre 2014, lo spettacolo, arricchito dalle note di contrabbasso, clarinetto e sax di Susanna Crociani e Paolo Pizziolo, e dedicato a Orvelio Scotti, amico della Comunità di San Michele e delle Piagge, è stato ripreso, affidando stavolta la lettura delle prediche accorate e lucide di Savonarola a voci altrettanto emblematiche e autorevoli di quella di don Gallo; a testimoni di una spiritualità più vicina alle persone e ai loro bisogni piuttosto che a certi ambiti o dettami delle gerarchie ecclesiastiche. Affiancati da alcuni membri attori della Comunità di San Michele, hanno letto in scena la suora domenicana Stefania Baldini (sua nel libro la breve biografia di Savonarola); il parroco di Sant’Andrea in Percussina, don Bigalli, dell’associazione Libera; il parroco di Santo Stefano a Paterno don Masi della Comunità di San Michele; e don Alessandro Santoro, prete della comunità delle Piagge a cui dobbiamo anche la decisione di ripubblicare il testo ampliato.

Figure, queste, tutte centrali di una religiosità quotidianamente vissuta a stretto contatto con la vita reale e mai disgiunta dall’azione coraggiosa in difesa dei diritti umani, dalla denuncia di ogni loro violazione e nella convinzione profonda della potenza salvifica della semplicità.

Silvia Andalò, quellidelmuseodisanmarco.blog, 13/01/2015

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