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Il Parlamento irlandese approva il BDS. L’ira di Israele

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Con 78 voti a favore e 45 contrari, i deputati votano la legge contro l’importazione di beni prodotti nelle colonie israeliane. Previste pene fino a cinque anni di carcere e multe fino a 250mila euro. Il governo di Dublino promette a Tel Aviv di non applicarla

Roma, 30 gennaio 2019, Nena News – La tradizionalmente conservatrice Irlanda continua a compiere numerosi progressi in tema di difesa dei diritti umani. Giovedì scorso il Parlamento di Dublino ha approvato a maggioranza un progetto di legge mirante a proibire le importazioni nel paese di beni, servizi e risorse naturali provenienti dalle colonie ebraiche esistenti nei Territori Palestinesi Occupati.

Nonostante le forti pressioni provenienti dagli Stati Uniti e da alcune grandi aziende internazionali, il Dáil Éireann – la Camera Bassa – ha approvato il provvedimento con 78 voti a favore e 45 contrari (tre le astensioni) dopo che nei mesi scorsi era già arrivato l’ok del Senato.

Ad approvare lo stop alle merci israeliane sono stati i deputati dei partiti di centrosinistra e sinistra all’opposizione – socialisti, laburisti, socialdemocratici e indipendenti – ma anche gli eletti del partito liberal-democratico Fianna Fail, formazione che con i suoi voti appoggia dall’esterno il governo di minoranza del premier Leo Varadkar, sostenuto invece dai conservatori del Fine Gael.

Se il provvedimento dovesse passare indenne le ultime procedure parlamentari previste e ottenere il visto del Presidente Michael D. Higgins (intenzionato, promette però l’esecutivo di Dublino, a negare la sua firma), la Repubblica d’Irlanda diventerebbe il primo paese europeo a dotarsi di una legge a favore del Bds.

Il provvedimento approvato prevede sanzioni pecuniarie fino a 250mila euro e pene detentive fino a cinque anni di carcere per chi si ostinerà a importare o vendere prodotti, merci e servizi “made in Israel” ma provenienti in realtà dalle colonie ebraiche disseminate in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nelle Alture del Golan, territori soggetti a una “illegale occupazione straniera” secondo quanto previsto dal diritto internazionale e da numerose risoluzioni delle Nazioni Unite.

La norma sanziona anche le aziende straniere operanti in territorio irlandese che non rispetteranno il boicottaggio, oltre a coloro che continueranno a fare affari con cittadini israeliani residenti nelle colonie. L’intenzione dei promotori è quella di varare una “proporzionale risposta” alla “sfacciata violazione” da parte di Israele del “diritto dei palestinesi all’autogoverno”.

Nell’ottobre scorso, la direzione dell’emittente pubblica nazionale irlandese RTÉ aveva annunciato che non avrebbe adottato alcun provvedimento nei confronti dei suoi dipendenti che eventualmente non vogliano recarsi in Israele per seguire l’Eurovision Song Contest, una kermesse musicale che si terrà a Tel Aviv nel mese di maggio. L’annuncio è giunto dopo che la Ireland-Palestine Solidarity Campaign (IPSC) aveva chiesto il boicottaggio mediatico e artistico della competizione canora.

Molto scalpore hanno generato nel paese e all’estero anche il voto del Consiglio Comunale di Dublino di adesione al movimento per il boicottaggio dell’economia di guerra israeliana e il pronunciamento a favore del Bds degli studenti del Trinity College della capitale, uno dei più prestigiosi atenei del paese.

Nonostante le dimensioni contenute del danno economico che il provvedimento potrebbe infliggere a Tel Aviv, il voto del Dáil Éireann ha mandato Israele su tutte le furie. L’esecutivo ha immediatamente convocato a Gerusalemme l’ambasciatrice irlandese Alison Kelly per esprimere tutta la sua indignazione. “Invece di condannare la Siria per il massacro di migliaia di civili o la Turchia per l’occupazione della parte nord di Cipro o le organizzazioni terroristiche per l’uccisione di migliaia di israeliani – accusa Tel Aviv – l’Irlanda attacca Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente. Che vergogna”.

Il Ministero degli Esteri dello Stato ebraico ha definito la legge “un attacco diretto contro Israele” e ha bollato il provvedimento come “ipocrita”, “antisemita” e “scandaloso”, avvertendo che la sua approvazione produrrà serie ripercussioni sulle relazioni tra i due paesi. Il ministro israeliano dell’Economia e dell’Industria ha minacciato rappresaglie contro l’Irlanda, con l’imposizione ad esempio di dazi doganali sui prodotti di Dublino venduti in Israele. Nel frattempo la Knesset ha cancellato la visita di una delegazione di deputati israeliani al Parlamento irlandese, prevista per il prossimo marzo.

Utilizzando la consueta retorica, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rinfacciato al Parlamento irlandese di penalizzare in realtà i palestinesi che lavorano per le aziende israeliane oggetto del boicottaggio. Il calo delle esportazioni in Irlanda provocato dalla nuova normativa – ha spiegato – obbligherebbe le imprese a operare “tagli salariali e licenziamenti” ai danni della manodopera locale.

Al contrario, a favore del provvedimento si sono espressi sia il governo dell’Autorità Nazionale Palestinese sia vari esponenti del mondo politico palestinese. Ad esempio Mustafa Barghouti, segretario di Iniziativa Nazionale Palestinese (partito recentemente confluito nell’Unione Democratica insieme al Fronte Popolare e ad altri movimenti della sinistra) ha affermato che la nuova legge costituisce “una grande vittoria per il movimento Bds” e che aumenta la speranza che “norme simili vengano approvate nel prossimo futuro in altri paesi europei”.

Marco Santopadre, Nena News, 30 gennaio 2019

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