mercoledì, Dicembre 18, 2024

Giovanni Calvino: l’altra faccia della Riforma tra resistenza e capitalismo

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Giovanni Calvino (italianizzazione di Jean Cauvin, Noyon, 10 luglio 1509 – Ginevra, 27 maggio 1564) è l’altra faccia della medaglia di quell’evento capitale nella storia occidentale del XVI, cioè la Riforma protestante. Se Lutero è il padre nobile della protesta contro la corruzione e il malaffare che serpeggiava nella Chiesa romana, Giovanni Calvino è colui che ha sintetizzato e sistematizzato la teologia riformata, distaccandosi anche formalmente dal monaco tedesco. Quando si pensa al calvinismo si pensa a una denominazione cristiana fredda, austera e asettica: ma è davvero così o si tratta della solita propaganda? In questo articolo tenteremo di rendere giustizia al riformatore ginevrino, dimostrando come il suo pensiero sia stato alla base della Rivoluzione inglese e americana.

Nato in Francia, il padre avrebbe voluto che il figlio intraprendesse una carriera giurisprudenziale e qui è importante evidenziare una prima differenza con Lutero: mentre il monaco tedesco aveva intrapreso una formazione religiosa, il teologo francese aveva invece iniziato la sua carriera come umanista, traducendo Seneca. Come sovente accade, sono gli anni dell’università che plasmano in modo determinante una personalità e, durante lo studio a Parigi, Giovanni Calvino ebbe a convertirsi al luteranesimo, adducendo un profondo malessere nei confronti della dogmatica cattolica romana:

 

Poiché ero così fortemente devoto alle superstizioni del papato da non essere facilmente districato da un così profondo abisso di fango. Dio, mediante una conversione improvvisa alla docilità, domò e diede una struttura ricettiva alla mia mente, troppo ostinata per gli anni che aveva. 

 

Le persecuzioni dei protestanti da parte di Francesco I di Valois, a causa di alcune affermazioni ingiuriose nei confronti della messa, spinse il giovane Calvino ad abbandonare la Francia e fu in questo periodo che iniziò a scrivere la sua opera più celebre, la sistematizzazione e la sintesi della fede riformata, la Christianae Religionis Institutio (1536, “Istituzione della religione cristiana”). Fredda, lucida e ben organizzata: questa è la prosa del giovane scrittore francese, corrispondenti a un carattere altrettanto rigoroso e austero, che sarebbe passato per questo motivo alla storia come calvinista. A guidare la teologia calvinista è la celebre dottrina della doppia predestinazione: Dio, nella Sua onnipotenza, ha già deciso i tanti che saranno e i pochi che non saranno salvati dal sacrificio espiatorio di Gesù Cristo. Come aveva già scritto Lutero, è vano e inutile cercare l’intercessione di Maria e dei santi, che Calvino  bolla anzi come atti superstiziosi.
Dobbiamo tutti vivere con l’angoscia di sapere se passeremo la vita all’Inferno o in Paradiso? No, perché il mercantilista Calvino ci spinge a cercare segni della nostra probabile elezione attraverso la nostra fortuna terrena. Non è un caso se Weber (1904-1905) legherà all’austera e frugale etica calvinista la nascita del capitalismo.
Il laboratorio per eccellenza del teologo francese sarà Ginevra, la quale diventerà un modello per tutti coloro che vorranno imitarne la struttura socio-politica. Il governo della città deve essere presbiterale, cioè affidato a un gruppo di laici e pastori che potranno sposarsi, che avrà il nome di Venerabile Concistoro. Calvino sarà soltanto un consulente esterno e il predicatore ufficiale della città. La sua severità e il suo rigore si troveranno a sfidarsi con Michele Serveto, un medico spagnolo il quale negava la dottrina della Trinità e sperava di trovare rifugio a Ginevra. Calvino (in realtà il Venerabile Concistoro, con buona pace di Stefan Zweig) lo condannò al rogo nel 1553, provocando l’irata reazione dell’esegeta biblico savoiardo Sébastien Châtellion (Sebastiano Castellione) il quale, nel suo De haereticis sint an persequendi (1554, “Se è lecito perseguitare gli eretici”) attaccava frontalmente Calvino scrivendo memorabili parole:

 

Uccidere un uomo non è difendere una dottrina, è uccidere un uomo.  

 

Nonostante un atto del genere, il calvinismo è indissolubilmente legato a importanti rivoluzioni: da una parte la ribellione puritana contro il tiranno, cioè il re d’Inghilterra Carlo I, e dall’altra la risposta americana all’Inghilterra degli Hannover. La Costituzione americana, in modo particolare nel suo Bill of Rights (“Carta dei diritti”), afferma principi quali l’uguaglianza e la parità di tutti, affermando che nessuno è sopra alla legge. Questi sono i frutti del calvinismo politico e al suo diritto di resistenza contro i tiranni. 

 

Prosperi ha efficacemente sintetizzato che Lutero aveva liberato il credente sul piano spirituale, ma lo avevo imprigionato su quello politico. La Storia non si fa con le ucronie, ma se in Germania si fosse affermato il calvinismo invece del luteranesimo, forse il nazismo non avrebbe vinto.

 

Andrea Di Carlo per MIfacciodiCultura

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