venerdì, Novembre 22, 2024

Elogio della follia: pregare Dio per i vivi e per i morti

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Pregare per chi… pregare perché? E che significa pregare? Non sono domande superflue, visto che i discepoli hanno chiesto al Maestro di insegnare loro a pregare.

Pregare per essere risparmiati dal terremoto? Per ottenere una guarigione? Per ottenere la promozione? Si, ma… e se mi crolla la casa addosso? E se mia figlia muore? E se perdo il concorso? Duemila anni di catechismo hanno la risposta pronta: o abbiamo pregato male, eravamo cattivi, o chiedevamo qualcosa di male. Sembrano le risposte di un assicuratore, per mettere al sicuro gli interessi della compagnia per cui lavora.

Il Maestro taglia corto: Dio sa qual è il vostro bene perché è il vostro papà, non vende polizze d’assicurazione e non ama il fumo dei sacrifici ma quello delle candele, ma poiché una comunità vive anche di riti, ecco il modello a cui ispirare la vostra preghiera collettiva: “… che tu, Papà, sia riconosciuto , per Chi veramente sei, venga il tuo regno di fraternità in noi e tra noi, sia da noi realizzata la tua volontà; fa’ che ci contentiamo del necessario, fa’ che ci riconosciamo peccatori prima di accusare gli altri, e aiutaci a evitare le occasioni di fare il male”.

Queste le regole della preghiera pubblica, ma c’è spazio per la preghiera privata? L’origine monastica (Benedetto, come Charles, scelse la libertà nel deserto) della preghiera liturgica ci ha abituati a riconoscere come preghiera il canto e la musica, ma anche la pittura che decora le Chiese, come l’opera del miniatore che predispone i messali, quella del muratore che fabbrica il monastero, e quella del cuoco che prepara il pranzo dei monaci… e del contadino, e dell’autotrasportatore… e dell’operatore ecologico che protegge l’ambiente… e del politico che provvede al bene comune… tutto il lavoro umano è preghiera perché l’intero universo è il tempio di Dio. Carlo Maria si chiede se siamo solo “Credenti” o anche “pensanti”, e guarda lontano.

Dunque pregare è vivere il nostro compito terrestre come omaggio a Chi ci ha voluti così, a chi ci ha preceduti e a chi ci seguirà. Un vescovo, nelle esequie dei morti del terremoto del 24 agosto in Italia Centrale, ha detto che “non è il terremoto che uccide, ma le opere dell’uomo”. Quali? Perché a scuola si legge il Principe di Machiavelli (i sudditi sono al servizio dello Stato) e si ignora quello di Erasmo (lo Stato è al servizio dei cittadini)? Identifichiamo l’amor di patria con il “servizio militare” per sentirci autorizzati a scatenare “giusti” bombardamenti sugli ospedali pediatrici e non riconosciamo altrettanto coraggio ai renitenti e ai disertori: forse per le stesse ragioni per cui si canonizzano i “devoti” e si criminalizzano gli “apostati”.

Perché si diffida tanto spesso della libertà di coscienza? Perché in nome di Dio abbiamo praticato il “malicidio” che ora condanniamo negli altri, senza riconoscere che noi abbiamo dato l’esempio e pentirci? Forse è per questo che le nostre preghiere non possono essere ascoltate?

“Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Vangelo di Matteo, Cap. 5)

 
(Gianfranco Monaca, Tempi di fraternità, ottobre 2016)

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