Una legge olandese vieta l’arresto in chiesa. Dal 25 ottobre 2018, senza sosta, 550 pastori e predicatori si sono alternati per non cessare mai la funzione al fine di tutelare una famiglia migrante, ospitata nei locali, che rischia il rimpatrio
Quando due pastore della Chiesa riformata nei Paesi Bassi, Jessa van der Vaart e Rosaliene Israel, devono recarsi presso il loro tempio, di solito percorrono le strade di Amsterdam in bicicletta dalla periferia verso il centro. Mercoledì sera invece hanno preparato un borsone più grande del solito, sono salite in auto e hanno imboccato l’autostrada fino a L’Aja. Alle otto di sera devono dare il cambio a un pastore nella piccola chiesa “Bethel”, fino alle undici quando verranno rimpiazzate da un gruppo di predicatori della cittadina di Voorburg, che rimarrà tutta la notte a cantare inni, fino all’alba, quando a raccogliere la staffetta sarà un altro pastore. E via così. Dal 25 ottobre, come abbiamo già raccontato, è in corso nella piccola chiesa della città olandese un culto ininterrotto.
Una legge di lungo corso prevede infatti che le forze dell’ordine non possano interrompere un servizio religioso per effettuare arresti. Per questo da quasi 7 settimane pastori e predicatori da tutto il Paese si stanno alternando al pulpito. Il loro fine? Evitare che la famiglia di origine armena Tamrazyan, da 8 anni in Olanda, venga espulsa come previsto dalle norme sull’asilo. Il culto è iniziato in sordina il 25 ottobre da un’idea dei pastori locali. Ad oggi è divenuto un fenomeno di proporzioni internazionali. 550 predicatori si sono alternati in queste settimane, provenienti da una ventina di denominazioni differenti. La famiglia Tamrazyan vive da allora all’interno del tempio, negli appartamenti al piano superiore. «Si tratta di mettere in pratica ciò che predichiamo» racconta la pastora Van del Vaart.
L’idea è venuta al presidente del consiglio generale della Chiesa protestante olandese, il pastore Theo Hettema, una volta saputo che la famiglia, con un figlio iscritto all’università e gli altri alle scuole dell’obbligo, rischiava il rimpatrio perché non può più godere delle tutele internazionali in quanto l’Armenia, terra d’origine dei cinque, non è considerata nazione a rischio.
Nell’era in cui il cristianesimo perde importanza in Europa, mentre aumentano xenofobia e razzismo, la storia del tempio di Bethel viene a ricordare l’influenza che le istituzioni religiose possono ancora esercitare. E ci ricorda inoltre che un’altra Europa esiste.
Giornali e giornalisti restano fuori: a loro è concesso solo un breve ingresso per evitare che il culto diventi soltanto uno spettacolo. Il processo legale della famiglia è durato oltre 6 anni e si è concluso con la richiesta di espulsione dal Paese, nonostante i tre figli frequentino tutti scuole in città e nonostante il rischio per la famiglia a tornare in una terra da cui è dovuta fuggire causa l’impegno politico del padre. Oltre al culto sono stati predisposti corsi per i tre ragazzi, che obbligati a permanere nella chiesa, non possono più recarsi a scuola. La speranza è di prendere tempo, e di metter così in difficoltà il governo.
«Molte volte penso che stiamo vivendo tempi con sempre meno solidarietà», ha lamentato Van der Vaart, che è responsabile della chiesa Oude Kerk, il più antico edificio di Amsterdam. «Con questa iniziativa, che si basa interamente sulla solidarietà, sento che la mia speranza si rinnova».