“Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare… il ‘fascismo eterno’. È ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’. Ahimè, la vita non è così facile. …Il fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo”
Il brano è tratto da un libretto appena letto: Il fascismo eterno di Umberto Eco (1932-2016), semiologo, filosofo, scrittore, traduttore, accademico, bibliofilo e medievista. A scanso di crisi di nervi da parte di alcuni lettori (ma temo che si arrabbieranno per partito preso), premetto che il testo risale a 23 anni fa. Nel piccolo volume (edito da La Nave di Teseo) c’è la prolusione fatta da Eco durante un seminario rivolto, il 25 aprile 1995, agli studenti americani della Columbia University. La tesi è questa: il fascismo, come regime identico a quello del ventennio mussoliniano, non può più tornare. La mentalità fascista, invece, è eterna, proprio perché – al contrario di altre ideologie deleterie come il nazismo o il comunismo stalinista – non poggia su granitiche basi filosofiche e ideologiche; cosicché può replicarsi in altre forme, adattandosi alle novità sociali come un batterio che si adatta a nuovi farmaci.
Eco individuò alcune caratteristiche utili per disegnare l’identikit del fascismo eterno. Questo è un decalogo ispirato da quelle riflessioni.
1. La prima caratteristica è il culto per la tradizione. Il richiamo a vere o presunte radici è usato per creare fossati tra etnie “elette”, tendenzialmente quelle del Paese in cui il fascismo eterno mette radici, e il resto dell’umanità.
2. Il fascismo eterno predilige pilotare gli istinti del cosiddetto “popolo” e detesta i principi del pensiero critico. L’età della Ragione – cioè l’Illuminismo – viene vista come l’inizio della depravazione moderna.
3. La cultura è contro il popolo. Il sospetto verso “chi ha studiato” è ancora oggi un sintomo dell’eterno fascismo: dalla dichiarazione attribuita al ministro nazista della Propaganda Paul Joseph Goebbels (“Quando sento parlare di cultura, metto mano alla pistola”) all’uso frequente di espressioni brandite ancora oggi come insulti: “intellettuali di sinistra”, “radical chic”, “comunisti” e via elencando.
4. Non essere d’accordo con il messaggio propinato dal capo è un tradimento, meritevole di ulteriori insulti (nella migliore delle ipotesi).
5. Il razzismo è una chiave di volta per ogni sistema fascista o parafascista, che insegue il consenso esasperando la naturale paura nei confronti della differenza. Il primo appello di un movimento simil-fascista è contro gli intrusi, prima di tutto gli stranieri o coloro che sono percepiti come estranei (rom, ebrei, omosessuali, dissidenti, ecc.).
6. La frustrazione sociale e individuale è usata come lievito dall’autoritarismo. Infatti una caratteristica comune anche a tutti i “vecchi” fascismi è stato l’appello a classi sociali in difficoltà per qualche vera o presunta crisi economica o umiliazione politica.
7. Il nazionalismo diventa il collante per coloro che si sentono privi di un’identità sociale. Il fascismo eterno cerca di convincerli del fatto che la loro qualità fondamentale è quella di appartenere a un “popolo” che ha radici in un unico Paese. Quindi, per consolidare questa “identità”, occorre avere sempre nemici: minoranze, stranieri, presunte caste e ipotetici complotti sovranazionali. Gli adepti devono sentirsi circondati e, ovviamente, la xenofobia è il mezzo più semplice per garantire questa sensazione.
8. Il pacifismo è collusione col nemico ed è cattivo perché la vita è un conflitto permanente per difendere Nazione, identità e tradizione.
9. Ogni cittadino della Nazione appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro del partito. E il leader è il Numero Uno tra i migliori.
10. Il cosiddetto popolo è concepito come un’entità monolitica che esprime la “volontà comune”. Dal momento che nessuna grande quantità di esseri umani può esprimere all’unisono una volontà comune, il leader è il loro interprete. Oggi non servono più le vecchie adunate oceaniche; c’è la grande piazza del web in cui la risposta emotiva di alcuni può essere presentata come la “voce del popolo”.
La morale? Il nazionalpopulismo e l’autoritarismo antidemocratici, tipici del fascismo eterno, mutano e si riproducono. Siccome viviamo in un’epoca in cui, in Italia e altrove, il terreno sembra ben concimato, la riflessione proposta 23 anni da Eco resta molto attuale. Perché (questa è una risposta preventiva a chi contesterà il legame con vecchi schemi) è evidente che il fascismo non è sparito nel 1945: la sua visione del mondo e la sua psicologia sono, per nostra sfortuna, più coriacee di Benito Mussolini.