La presenza dei cattolici in politica, così come il dialogo della Chiesa (nelle sue varie articolazioni) con le istituzioni sono questioni che necessariamente ogni generazione di credenti si trova ad affrontare per declinare concretamente e dare corpo al principio enunciato nella Gaudium et spes che «la Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità».
All’interno di questa cornice di massima, la Chiesa stessa ammette che «generalmente vi possa essere una pluralità di partiti all’interno dei quali i cattolici possono scegliere di militare per esercitare – particolarmente attraverso la rappresentanza parlamentare – il loro diritto-dovere nella costruzione della vita civile del loro Paese» ( Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, CDF 2002), ma esiste anche una dimensione politica più articolata e ampia, che non è immediatamente partitica, ma rappresenta una funzione di raccordo tra le istanze della società e la sede decisionale. Il mondo associativo si colloca qui e svolge tanto meglio la propria funzione quanto più riesce a mantenere un atteggiamento neutrale e pragmatico. Così non stupisce e anzi ben si comprende la realtà di associazioni di categoria, gruppi di interesse vario e anche significative realtà di secondo livello come il Forum del Terzo Settore o il Forum delle associazioni familiari.
Il Forum delle associazioni familiari raduna al suo interno circa 500 sigle tra le più significative del grande universo dell’associazionismo cattolico (Acli, ACI, Ass Papa Giovanni XXIII e molte altre), unite dall’azione rivolta alla tutela e alla promozione della famiglia. Senza fare qui una storia del Forum basti dire che esiste dal 1992 per comprendere con quanti e quali interlocutori istituzionali ha avuto a che fare nel corso degli anni.
Il 24 novembre scorso si è svolta l’assemblea nazionale ed è stata l’occasione per porre nuovamente e con forza in particolare il tema della denatalità e la discrepanza tra il desiderio degli italiani di fare figli e un contesto socioeconomico che non solo non aiuta, ma disincentiva.
Sin qui tutto condivisibile e – almeno da parte mia – condiviso, eppure nel corso di quell’assemblea è accaduto qualcosa che, come vicepresidente del Forum regionale della Sardegna in carica da alcuni mesi, realmente non mi aspettavo. All’assemblea sono stati invitati tutti i ministri del governo attualmente in carica, tutti senza distinzioni, e si è presentato il ministro dell’interno Matteo Salvini. Accolto, ascoltato, applaudito e abbracciato.
Di fronte a ciò ho deciso di rassegnare le dimissioni, rendendone pubbliche le ragioni:
«A questa assemblea è stato invitato e ha partecipato, applaudito e abbracciato, anche il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, uomo dalle esplicite visioni razziste, xenofobe e tra i maggiori responsabili di un clima di crescente odio e intolleranza nel nostro Paese. Non trovando motivi validi per invitare un uomo che non condivide il fondamentale principio della dignità assoluta della persona umana (senza distinzioni e senza precedenze) e leggendo in questa scelta ragioni di opportunismo politico, con le quali non intendo né ora né in futuro avere a che fare, ho rassegnato le mie dimissioni da vicepresidente del Forum regionale della Sardegna, ruolo che ricoprivo su mandato delle Acli».
Le repliche ricevute dal presidente nazionale del Forum Gigi De Palo e da altri membri della segreteria nazionale per questa presa di posizione sono state fondamentalmente di due tipi, una di ordine diciamo istituzionale e l’altra pragmatico:
1) il Forum deve dialogare con tutte le forze politiche, in special modo quelle che esercitano su mandato elettorale le funzioni di governo, manifestando così il proprio rispetto verso le istituzioni
2) le finalità del forum sono per il bene comune e queste devono prevalere sulle opinioni politiche, anche divergenti, presenti all’interno del Forum stesso.
Colgo l’occasione offertami da Adista per spiegare perché ritengo che questi argomenti non si applichino all’attuale contingenza.
Il rispetto delle istituzioni, così come la legittimazione data dal voto, non sono un valore assoluto e il passato ci racconta come le pagine più buie del novecento europeo siano state scritte proprio da personaggi legittimamente eletti. Allora il punto è decisamente più alto e insieme profondo del rispetto per le istituzioni: abbiamo come cattolici il diritto di affermare che non vogliamo, non cerchiamo e non accettiamo l’interlocuzione con chi ogni giorno si adopera per creare un clima di odio violento a discapito degli ultimi degli ultimi e che sta attuando una politica sulle migrazioni contraria a molti principi costituzionali e di diritto internazionale (Dichiarazione del Centro Astalli)?
Io ritengo di sì, che non sia mancanza di rispetto verso le Istituzioni scegliere i propri interlocutori, e non si tratta di scegliere i politici più vicini alle nostre posizioni, ma di riconoscere l’eccezionalità della situazione, perché ciò che Matteo Salvini rappresenta oggi per la politica italiana non può essere derubricato a posizione politica differente. La sua visione razzista e xenofoba, espressa in molteplici interviste e dichiarazioni (alcune delle quali raccolte nell’ambito di una denuncia depositata presso il Tribunale di Roma) non può essere considerata alla stregua di altre opinioni, perché tocca il cuore stesso della dignità e uguaglianza delle persone umane.
Arrivare a considerare l’odio verso gli stranieri come un dato tra gli altri e non riconoscere le responsabilità dirette di Matteo Salvini significa normalizzarlo, e questo proprio mentre emergono le anteprime del rapporto dei relatori speciali delle Nazioni Unite che rilevano la preoccupante deriva razzista e violenta del Paese: le persone di origine africana e rom in Italia hanno sofferto un aumento degli incidenti razzisti nell’ultimo anno, 169 episodi di matrice razziale durante e dopo le elezioni del 4 marzo, di cui 19 violenti attacchi (fonte Vita).
La Chiesa potrebbe oggi assumersi la responsabilità di togliere il velo e di dire apertamente a cosa andiamo incontro e se a farlo fosse non solo la voce profetica del papa, ma anche le organizzazioni laicali impegnate nella società civile questo messaggio sarebbe ancora più efficace e pervasivo.
Il Forum si pone obiettivi sacrosanti come il fattore famiglia, ma non solo, questi ne rappresentano la mission, eppure anche il più alto dei fini deve essere passato al vaglio del mezzo scelto per ottenerlo per poter dirsi etico. Salutare con apprezzamento le (vaghe) promesse di un uomo che poche ore prima aveva esultato per lo sgombero della tendopoli dei volontari di Baobab buttando più di centro persone in mezzo alla strada al freddo, che ha costretto 137 migranti cinque giorni sulla nave Diciotti, o che ha lasciato in mare i migranti sulla Aquarius (solo per citare alcuni casi) è molto più di un gesto istituzionale dovuto, è una scelta. Tanto più in considerazione del fatto che non ha una delega specifica alla famiglia, che avrebbe reso necessaria l’interlocuzione.
Il dialogo con tutte le forze politiche non può diventare l’altare al quale sacrifichiamo ciò che abbiamo di più fondante e cioè che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo»: significherebbe ridurre la politica al suo significato più basso e non renderebbe giustizia al messaggio evangelico e a quel «la verità vi farà liberi» che Gesù pronuncia proprio di fronte al potente.