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Schedare chi vuole la verità su Cucchi? Siamo ancora una democrazia o cosa?

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

I carabinieri hanno chiesto la lista dei nomi di chi partecipava ad una iniziativa sul caso. Loro parlano di routine. Ma quale routine c’è dietro una richiesta simile?

Facciamo un breve riassunto: nel corso del nuovo processo Cucchi sta emergendo uno scenario che dovrebbe preoccupare non solo ogni sincero democratico, ma anche spingere il governo e l’Arma dei Carabinieri ad aprire immediatamente accertamenti interni.

Perché oltre al tragico e brutale pestaggio che ha portato in pochi giorni alla morte di Stefano Cucchi dopo atroci sofferenze quello che fa più paura è stata la catena di omissioni, silenzi, depistaggi e coperture che ai più anziani hanno ricordato le stesse tecniche utilizzate un tempo dai servizi segreti per impedire che si raggiungesse la verità sulle stragi.
Non si tratta del semplice militare o del sottufficiale che si sono fatti prendere la mano e in maniera arruffata cercano di cancellare le tracce.

Si tratta, come già detto, di una catena gerarchica che partendo dalla stazione è salita di gradino in gradino molto più in alto. Semplici carabinieri, sottufficiali, ufficiali e alti ufficiali tutti uniti nel concordare come far sparire le tracce, sbianchettare, modificare le relazioni di servizio, tenerne alcune dentro i cassetti.

Questo è lo scenario e scusate se è poco. 
Ed è in questo scenario che la ‘routine’ dei carabinieri che chiedono la lista dei presenti ad una iniziativa su Stefano Cucchi (la proiezione del film Sulla mia pelle seguita da un dibattito a Siderno, ndr) desta sconcerto.

Normale routine? Con tutto il rispetto la versione dei comandi è poco credibile. Perché si tratta di tentare di conoscere i nomi di coloro che vanno a queste iniziative.

Un po’ come si tenta di conoscere i nomi degli ultras, dei militanti di gruppi estremisti e così dicendo, ossia di tutti coloro che più o meno vanno ‘attenzioni’ per motivi diretti o indiretti di ordine pubblico.

La legge dà alle forze di polizia un ampio margine di discrezionalità. Per qualsiasi motivo un agente ci può chiedere i documenti.

A Siderno i presenti non sono stati identificati. Ma i militari volevano conoscere i loro nomi. E per quale motivo?

Il motivo lo possiamo legittimamente ipotizzare: visto che ci sono carabinieri sul banco degli imputati, qualcuno può pensare che ogni iniziativa sul caso Cucchi sia ostile all’Arma. Che chi partecipa nutre sentimenti non positivi verso i carabinieri. Che chi le organizza magari va tenuto sott’occhio perché è un potenziale agitatore.

Inutile girarci intorno. Si sa come vanno queste cose.

Va solo detta con grande forza una cosa: chi vuole verità e giustizia sul caso Cucchi (come su tante altre vicende torbide) è un benemerito che dà il suo contribuito perché in questo paese trionfi la legalità e la trasparenza.

Chi pensa che si tratti di nemici del popolo è il vero nemico del popolo. E basta con le ipocrisie

(globalist, 8 novembre 2018)

 

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