giovedì, Novembre 7, 2024

Lectio Biblica: Esodo (incontro del 20 novembre 2018)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Le piaghe
(Es 7,8-11,10)

Testi liberamente tratti da:

Fretheim T.E., Esodo, Torino, Claudiana, 2004;

  • Una prospettiva complessiva

  • Bastoni divoratori ed Egiziani Es 7,8-13

  • Di chi è il sangue nell’acqua Es 7,14-25

  • Un paese inquinato Es 7,26-8,11

  • Dalla polvere alla polvere Es 8,12-15

  • La terra è devastata Es 8,16-28

  • Di chi è il bestiame sopravvissuto Es 9,1-7

  • Un segno dal cielo Es 9,13-35

  • Condotti nel mar Rosso Es 10,1-20

  • Ritorno al primo giorno della creazione Es 10,21-29

  • La fine è vicina Es 11,1-10

7)Di chi è il bestiame sopravvissuto? Es 9,1-7

Inserire testo

Questo segno fa un significativo passo in avanti quanto a calamità e afflizione. Tutto il bestiame d’Egitto morì per una “grave piaga”.  Stavolta essa cadrà direttamente sul bestiame, forse come conseguenza di una precedente. Ancora una volta Israele viene escluso dalle conseguenze: il suo bestiame non morirà. Al faraone viene dato il preavviso di un giorno; in mancanza di una risposta positiva Dio agirà.

Il valore di segno di questa piaga si evidenzia in due punti: a) Con l’uso della parola deber per piaga: è un significato malaugurante.

  1. b) Si tratta di una parola che viene utilizzata esclusivamente in contesti di giudizio divino sia contro Israele sia per i nemici di Israele.

 Il faraone dovrebbe cominciare a capire che Dio sta portando la piaga molto vicino alle case; per la prima volta anche i suoi possedimenti sono attaccati. “Tutto” il bestiame morirà, tranne quello degli ebrei.

 Questa mortalità/strage è inaccettabile per persone che hanno una sensibilità ecologica ben sviluppata o che si preoccupano dei diritti degli animali. I mattatoi uccidono migliaia di animali giornalmente nei nostri paesi per soddisfare i nostri gusti carnivori, ma in qualche modo Dio quale soggetto di queste uccisioni, ci appare ingiusto perfino crudele. Così ci appare” non come Dio”.

Altri potrebbero essere turbati dalla motivazione divina. Perché gli animali devono essere uccisi quando il problema è costituito dalle persone?

Queste domande vanno poste nel contesto della nostra discussione precedente cioè in uno schema atto/ conseguenza.

Le conseguenze del peccato del faraone, anzi del peccato umano in genere, assumono dimensioni cosmiche e spesso con pesanti effetti sugli animali (pensiamo all’estinzione delle specie, alle conseguenze degli allevamenti intensivi, alla caccia /pesca indiscriminata a scopo di lucro…). Questasimbiosi tra mondo umano e non -umano, ha molti aspetti positivi ma anche negativi. Qui noi vediamo quel che può accadere se gli esseri umani fanno scelte scellerate. Il problema è con gli esseri umani, non con Dio.

8) Segni di mortalità Es 9,8-12

Il segno di cui si parla in questo testo, colpisce gli esseri umani più personalmente e penosamente, di qualsiasi altro segno finora avvenuto.

Le ulcere che spuntano su tutto il corpo hanno la capacità di attirare l’attenzione di chiunque. Si tratta di un forte richiamo alla propria mortalità. Dovrebbe funzionare perciò come un segno forte per il faraone.

Mosè è Aronne devono prendere delle manciate di fuliggine e gettarle verso il cielo. Esse diventano polvere finissima che si adagia su ogni cosa, causando ulcere purulente sulle persone e sugli animali.

Entrano in scena gli incantatori per l’ultima volta. Essi sono passati adesso, da un ruolo attivo a uno passivo, da operatori di segni, si sono trasformati in loro vittime. Essi non possono più competere con Mosè, possono soltanto sgaiattolare via furtivamente. Lo scontro ha ormai raggiunto un nuovo livello di intensità. Lo si deduce dal fatto che Aronne viene nominato per l’ultima volta in questi avvenimenti. Ora Mosè si trova solo.

 Questo è un segno di cattivo auspicio, di un’epidemia che diventerà sempre più devastante per gli egiziani.

Che l’origine delle pustole sia la fuliggine di fornace, deve essere probabilmente inteso come un voler accentuare la natura “cocente” del fenomeno, una vivida immagine per il giudizio.

Questo segno della mortalità umana e dell’assoggettamento alla malattia, dovrebbe essere servito al faraone come un monito per situazioni più pesanti.

8) Un segno dal cielo Es 9,13-35

Inserire testo

I due successivi segni miracolosi, costituiscono le narrazioni più lunghe dell’intera serie.

 Una gran parte di questa lunghezza è dovuta all’ampiezza di dettagli riguardanti i fenomeni naturali e i loro effetti sull’Egitto, sui suoi animali e sul suo popolo. Per la prima volta ci vengono narrati gli effetti sulla vegetazione di ogni specie. Anzi, con l’aggiunta di fenomeni collegati alla meteorologia, l’intero ordine naturale sembra essere accolto, in un modo o nell’altro, in questa serie. Soltanto la luce e le tenebre sembrano rimanere intonse; arriverà anche il loro giorno.

 Il segno inizia come la prima e la quarta piaga, ma con alcune importanti espressioni uniche e centrali rispetto al ciclo.

Dio dice: “Manderò tutte le mie piaghe sul tuo cuore”.L’uso del plurale per la piaga potrebbe essere un riferimento ai vari fenomeni meteorologici successivi ,ma più probabilmente si riferisce alla restanti piaghe culminanti nell’ultima. Queste saranno inviate non soltanto sul popolo ma sul suo cuore. In verità si tratta di colpi al cuore, che si risolveranno in un effetto di indurimento (di resistenza caparbia”). Cioè inaspriranno l’odio e la resistenza del faraone.

Nei versetti 9,14-16 Dio ribadirà nuovamente il concetto del suo essere Signore della terra. Tenterà ancora di farsi conoscere dal re, di spiegare il senso della sua presenza e delle sue richieste.

La sostanza di 9, 14- 16 è questa: “Se non avessi avuto l’intenzione che tu arrivassi a conoscere che non c’è altri come me su tutta la terra, anzi che il mio nome sia proclamato per tutta la terra, allora io avrei steso il mio braccio e ti avrei cancellato dalla faccia della terra. Questo è quanto tu meriteresti”

 L’ultima frase di 9, 16 per quanto di solito sorvolata, costituisce una chiave di interpretazione all’intero ciclo dei segni. Qui viene alla luce lo scopo ultimo di Dio per la creazione.

Yhwh non è un Dio locale che cerca di avere la meglio su un’altra divinità locale. Ciò che per lui conta è, alla fine , che  il suo nome venga confessato (sapar) su tutta la terra.  Questa non è una comprensione superficiale del rapporto fra non- israeliti e YHWH. Dire che Dio è Dio di tutta la terra, significa che tutti i popoli sono il popolo di Dio; essi devono conoscere il nome di questo Dio. Quindi lo scopo di Dio in questi avvenimenti, non è focalizzato semplicemente sulla redenzione di Israele. Lo scopo di Dio abbraccia l’intero mondo. Dio agisce in forma così aperta, affinchè le buone nuove da parte sua, possano essere proclamate a chiunque .

 Una tempesta di grandine di quel genere non era mai stata vista in Egitto. É l’intensità e la straordinarietà di questi eventi ultimi a conferire la loro valenza di segno.

Ma in un passaggio, unico del ciclo dei segni, Dio dice al faraone come ridurre gli effetti della tempesta. Mettere il bestiame al riparo. Il narratore precisa che gli egiziani dettero ascolto all’ avvertimento, perché temettero la parola del Signore. Il Dio degli ebrei aveva fatto impressione su alcuni servitori del faraone. A questo punto si può ancora nutrire qualche speranza per il futuro dell’Egitto.

 Il Faraone e gli altri però non temettero ancora!  ma anche fra questi, infine, si comincia ad apprezzare questo Dio. Il Dio di Israele è il Dio del mondo intero, anche degli egiziani, e la sua azione inizia a manifestare i suoi primi effetti.

 Mosè deve utilizzare il bastone affinché la tempesta di grandine possa colpire il paese. Il tempo diventa minaccioso: il cielo è in subbuglio per i tuoni, i lampi e i chicchi di grandine grandi come uova. Gli effetti di questa tempesta sono devastanti, in particolare sulla vegetazione.

 Ancora una volta il popolo di Israele non viene toccato dalla devastazione.

Come risposta il faraone manda a chiamare Mosè e Aronne e qui si apre una notevole confessione. “Ho peccato, YHWH è giusto. Io e il mio popolo abbiamo sbagliato“.

Per la terza volta egli chiede l’intercessione di Mosè, sempre per la terza volta il faraone promette di liberare Israele.

Mosè pregherà Dio per lui, anche se sa bene come la confessione non significhi che il faraone tema già il Signore.

 Non ci sono indizi per pensare che si tratti soltanto di un atteggiamento cinico: si tratta forse di un atto di pacificazione con concessioni. Che la confessione non aveva radici profonde è dimostrato dal fatto che, nel momento in cui la tempesta di grandine cessa, egli” continuò a peccare”, il cuore del faraone si indurì e non dette seguito alla sua promessa di lasciare andare via il popolo.

9) Condotti nel Mar Rosso

Questa volta il segno è costituito dalle cavallette. Esse non solo distruggeranno tutto quello che incontreranno sul loro cammino, ma riempiranno le loro case.

 Si tratta certamente di un segno di cattivo auspicio.

Per quanto Dio abbia indurito il cuore dei servi del faraone ed essi stessi il proprio, ripetono la richiesta di Mosè al faraone di lasciar andare gli Israeliti, affinchè “possano servire il Signore, loro Dio”.

La loro ostinazione, non esclude la loro convinzione che il faraone debba lasciare andare Israele. Essi sono in grado di vedere ciò che Mosè sta per compiere e sono sgomenti per il fatto che il faraone non possa vederlo. Questi risponde riconvocando presso di sè i due.

 La sua risposta tuttavia stavolta si pone in netto contrasto con quella dei suoi servitori. Egli è disposto ancor meno di prima a far partire Israele. Gli avvenimenti hanno fatto irrigidire la sua resistenza: permetterà di andar via soltanto agli uomini; ma devono lasciare le donne e i bambini, così da essere sicuro del loro ritorno in Egitto. Come a dimostrare il suo proposito il faraone li caccia dalla sua presenza.

 La risposta divina è la piaga delle cavallette.

Le 11 ripetizioni della parola Kol/tutto (10,1-12), sottolineano la completa distruzione da loro portata. Dato il fatto che come la grandine, le cavallette sono un comune simbolo del giudizio divino, la loro presenza è sicuramente infausta .

Ma il segno è particolarmente presente nel linguaggio impiegato per descrivere la fine della piaga delle cavallette. Esse sono condotte nel Mar Rosso e “non rimase neppure una cavalletta in tutta l’estensione dell’Egitto” .

È esattamente quanto accadrà agli egiziani nel mar Rosso. Così come avvenuto con le cavallette, sarà anche con gli egiziani. Le cavallette e gli Egiziani causarono un danno parallelo al paese: condivideranno una fine comune.

Il faraone reagisce ancora una volta con il linguaggio della confessione: “Io ho peccato contro il Signore , il vostro Dio, e contro di voi.” Con la sua richiesta di perdono risuona una nuova nota. In effetti si appella Mosè per la quarta volta e gli chiede di supplicare Dio affinchè rimuova la causa della devastazione.

 Il linguaggio indica che il significato dei segni si sta facendo strada in lui: “Allontani da me questo fardello mortale” (10,7).

Ancora una volta Mosè prega il Signore e ancora una volta questi risponde positivamente inviando un vento di ponente che spinge le cavallette nel mare.

Il risultato è completo. Non una singola cavalletta rimane in tutto il paese d’Egitto! neanche una. Ma ancora non è finita.

10) Ritorno al primo giorno della creazione Es 10,21-29

Così come con il terzo e sesto, il nono segno inizia con un ordine diretto da parte di Dio.

 Mosè obbedisce senza esitazione.

Stavolta si tratta di tenebre, ma non di tenebre ordinarie: durano per ben tre giorni, sono palpabili. Tutti i movimenti umani si potrebbero descrivere con il verbo “brancolare“. Come un inverno tutto imbiancato dalla neve, quando l’unica cosa da fare è starsene a casa per l’intera durata della tempesta, anche questo è stato una specie di black-out, senza nessun genere di luce. Non ha nulla a che vedere con il sole, che è tramontato dall’altra parte del mondo. Non è una semplice notte continua; le tenebre rendono completamente tenebrosi sia il giorno sia la notte.

Il linguaggio delle tenebre, anticipato nella piaga precedente, dovrebbe farlo funzionare come un segno chiaro, sia per il faraone sia per il lettore. L’espressione “una fitta oscurità” ricorre ora concettualmente, ora letteralmente in altre pagine, per gli effetti devastanti del giudizio di Dio.

 Questo è forse il più chiaro linguaggio del giudizio mai utilizzato; si tratta di un segno sinistro anche per il faraone. Sono le tenebre del caos, una situazione precedente la creazione. Ecco perché è la piaga più pericolosa.

Il faraone risponde prontamente. Ancora una volta però avanza una riserva. Tutto il popolo potrà partire a eccezione del bestiame. Mosè  non accetta. Gli animali saranno necessari. Il faraone reagisce con durezza nei confronti di Mosè: “Vattene via da me! farai bene a stare molto attento, perché se ti rivedo ancora una volta tu sei un uomo morto.”. Mosè risponde con parole ironiche: “Avrai quel che vuoi (ma sarà lui a morire!)”. Siamo ormai a un punto morto.

La narrazione continua, senza interruzioni, fino al capitolo 11 ma questo sarà l’ultimo avvertimento: la calamità più tragica di tutte è ora inevitabile. A questo punto non è più concessa una possibilità di tornare indietro. Non saranno offerte al faraone ulteriori opportunità di lasciar andare Israele, se non in prossimità della catastrofe.

12)La fine è vicina Es 11,1-10

Ancora una piaga. La fine è ormai vicina. Si è arrivati a un punto di non ritorno. Non c’è più spazio alcuno di manovra. Il ciclo del negoziato è arrivato a una strettoia e le acque fra poco tracimeranno e si scateneranno lungo la gola. Non c’è più nulla che le possa fermare, ora. Un giudizio definitivo piomberà sul faraone e sull’Egitto.

Comunemente si ipotizza che la decima piaga “appartiene al regno del soprannaturale” e che “non ha fondamento in avvenimenti naturali”. Questa impostazione non può essere condivisa. La decima piaga è un altro caso di quello che abbiamo chiamato l’iper naturale.

La parola “Negà”, comunemente tradotta con piaga, non viene utilizzata altrove nel libro dell’esodo, ma per la maggior parte dei casi in levitico 13 e 14, dove in genere viene tradotta, con “piaga dermatologica”. Siamo così incoraggiati a pensare alla morte dei primogeniti nei termini di questo genere di avvenimenti, per quanto il tempo e lo scopo sono chiaramente di carattere ipernaturale.

La risposta del faraone a questa devastazione è prevedibile. E gli lascerà partire Israele, in effetti lo spingerà fuori. Non lascerà nessuno indietro.

 Mosè deve parlare al popolo e ricordare loro di chiedere ai vicini di consegnare i propri oggetti d’oro e d’argento. Il narratore allora riferisce che Dio ha fatto avere al popolo il favore degli egiziani, così che i doni devono essere sinceri; anzi Mosè in particolare fu altamente stimato dagli egiziani ad eccezione di uno: il faraone.

L’intervento divino, attraverso le piaghe, deve avere avuto un effetto salutare su queste persone. Questo interludio viene inserito per mettere in evidenza un solo punto: il faraone è isolato. Egli è la persona responsabile, che con la sua ostinazione ha portato l’Egitto in questa situazione. Gli stessi servitori del faraone verranno a inchinarsi davanti a Mosè! Si è indotti a pensare: se non ci fosse stato il faraone, quali sarebbero stati gli effetti di questi segni?  La storia ha dimostrato che tale situazione di una diversità di posizioni fra la guida di un paese e il suo popolo non è così insolita.

Un quadro di allarmante cupezza viene presentato in 11, 4. Si tratta di una parola che contiene il più duro dei verdetti contro il faraone. Dio passerà su tutto il paese d’Egitto e tutti i primogeniti moriranno, dal più piccolo al più grande di loro, esseri umani e bestiame…

Le distinzioni tra egiziani verranno a cadere, ciascuno sarà toccato, incluso il faraone stesso. E là si leverà alto un lamento, unico della storia egiziana. Un tale lamento si era sentito l’ultima volta fra gli israeliti, sotto la dura schiavitù in Egitto. Ancora una volta Dio farà distinzione tra Egitto e Israele. Israele sarà protetto al punto, che neanche un cane abbaierà loro.

 Questa distinzione è qualcosa che il faraone conosce. D io è uno che opera delle scelte, che fa dei distinguo.

Gli egiziani sono scelti a motivo di quel che hanno fatto agli israeliti, anzi alla creazione. Dio ha iniziato a portare a compimento la benedizione di Genesi 1,28 , e  quest’ opera creatrice, deve essere protetta dalle forze anti creazione del mondo.

 Dio si muoverà con un popolo liberato, nell’estendere la sua azione creatrice, all’intero mondo.

Il silenzio del faraone di fronte a questo preannuncio è fragoroso. In effetti sarà lui a ordinare al popolo di andare via; alla luce dell’avvenimento stesso, il faraone si assumerà una simile responsabilità.

Il testo serve come una conclusione sintetica per tutti i segni fino a questo punto. Il versetto lega insieme tutti gli avvenimenti principali e presenta un aspetto chiave del loro coinvolgimento. Mosè e Aronne fecero tutti questi prodigi ; Dio indurì il cuore del faraone ;il faraone non lasciò partire il popolo. Ma ora le cose cambieranno: il faraone lascerà partire Israele.

 Il compimento di questo preannuncio da parte di Dio, non viene riportato immediatamente, ma rimandato oltre fino a 12, 29 -32. Fra l’annuncio e l’esecuzione, si interpone il racconto dell’istituzione della festa di Pasqua e dei pani azzimi.

Il preavviso chiude il ciclo dei segni e nello stesso tempo anticipa la Pasqua.

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